Volontariato
Centri antiviolenza: una rete di 160 “case” contro i femminicidi
Sparsi sul territorio nazionale (ma solo uno su 5 è al Sud), i Centri realizzano interventi di prevenzione, formazione e sensibilizzazione per cambiare la cultura alla base della violenza contro le donne. Oltre 16mila le donne che vi si rivolgono ogni anno, di tutte le età e di tutte le provenienze. Perché la violenza, purtroppo, è trasversale
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Accolgono e aiutano 16mila donne l’anno, vittime di violenza e maltrattamenti, salvandole spesso da un destino peggiore: sono i Centri Antiviolenza, attivi da oltre vent’anni nel nostro Paese, spazi autonomi gestiti da organizzazioni al femminile che accolgono donne di tutte le età che hanno subito abusi o che si sentono minacciate, mettendo a punto per ciascuna un percorso di fuoriuscita dalla violenza. Tanti gli strumenti messi in campo: accoglienza telefonica, colloqui personali, ospitalità in case rifugio. «Il nostro obiettivo principale» spiega Lella Palladino, neopresidente dell'associazione Dire-Donne in rete contro la violenza, che runisce oltre 80 associazioni, «è attivare processi di trasformazione culturale e intervenire sulle dinamiche da cui origina la violenza maschile. Garantiamo alle donne che si rivolgono a noi riservatezza e anonimato e offriamo ascolto, accoglienza, supporto psicologico individuale o in gruppo, anche tramite gruppi di auto-mutuo aiuto, consulenza legale, supporto ai minori vittime di violenza assistita, orientamento al lavoro e all’autonomia abitativa».
Presenti su tutto il territorio nazionale, i Centri antiviolenza sono oggi 160 (qui la mappa completa) e lavorano anche a livello di formazione, prevenzione e sensibilizzazione culturale. Ogni centro promuove interventi di prevenzione, formazione e sensibilizzazione intervenendo attivamente per il cambiamento della cultura e delle convenzioni sociali che sono alla base della violenza contro le donne. «Disponendo di pochissime risorse economiche», prosegue Palladino, «non tutti i centri sono aperti 24 ore su 24 e riescono a garantire la reperibilità sull’emergenza, ma rappresentano la risposta più efficace alla violenza, anche se non in modo uguale su tutto il territorio. Anche se la situazione sta cambiando, i nostri centri restano più numerosi nelle regioni del centro nord». I numeri lo confermano: le strutture del Sud sono appena 36, pari al 22%.
Ma chi sono le donne che si rivolgono ai Centri Antiviolenza? Il fenomeno della violenza, purtroppo è trasversale: le vittime sono infatti sia italiane che migranti, di tutte le provenienze socio-culturali, di ogni età, con o senza figli. «Arrivano ai Centri spontaneamente o su invio del 1522, il numero governativo contro la violenza di genere, o delle forze dell’ordine», conclude Lella Palladino. «Sono più di 16mila all’anno, ma non è facile disporre di dati esaustivi e rappresentativi. Per aiutare le donne a venire da noi sarebbe importante valorizzare maggiormente il lavoro che viene svolto dai Centri e il loro ruolo, sia a livello istituzionale che nel mondo della comunicazione».
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