Non profit

Centrale a gas, la strage e la paura

Tragedia nel Connecticut, vittime anche di origine italiana

di Franco Bomprezzi

Apertura di cronaca per quasi tutti i giornali in edicola il lunedì: la tragica esplosione nella centrale elettrica alimentata a gas del Connecticut infatti viene raccontata con grande evidenza, anche per le dimensioni, in un primo tempo, numeriche della strage, e per la presenza di tanti lavoratori di origine italiana, figli di immigrati dalla Sicilia.

“Esplode centrale americana” è il titolo di apertura del CORRIERE DELLA SERA di oggi, con rimando alle pagine 2 e 3. Il bilancio dell’incidente in un impianto elettrico alimentato a gas in Connecticut non è ancora definitivo: si parla di decine fra morti, feriti e dispersi. L’esplosione viene definita «enorme», tanto da far tremare una città a 15 chilometri di distanza. “Esplode una centrale elettrica: «Temiamo una carneficina»”, è il titolo di pag2. Al momento il resoconto più aggiornato è però quello della versione on line della testata milanese: «…Le autorità ammettono (per ora) cinque morti e dodici feriti. Le squadre di soccorso, aiutate da cani addestrati, hanno lavorato senza sosta anche di notte alla ricerca di eventuali sopravvissuti tra le macerie della centrale elettrica. Sembra che al momento dello scoppio almeno 50 persone si trovassero al lavoro nella struttura, ma secondo altre fonti potrebbero essere un centinaio. All’origine dell’incidente ci sarebbe stata una fuga di gas. Non è al momento chiaro se la perdita sarebbe partita dallo stesso impianto, alimentato a gas, o da un deposito vicino. La deflagrazione alle 11,25 (le 17,25 in Italia) è stata fortissima e si è fatta sentire per una quindicina di chilometri intorno all’epicentro, da Oxford a North Haven, Cheshire e Mystic sull’Atlantico. L’impianto, in costruzione da anni, avrebbe dovuto entrare in servizio in novembre: produce elettricità ricavata dal gas naturale. Gli operai stavano svuotando alcune condotte del gas quando c’è stato il botto che ha mandato in frantumi le finestre del Conn Valley Hospital della cittadina». Il CORRIERE sente in qualità di esperto Vittorio Ragaini che parla di errori nei test: «Forse l’erogazione del combustibile alternativo era eccessiva, comunque non in linea con quelle macchine». Middletown è una città – nota il giornale- in cui «su 45mila abitanti un terzo è discendente di emigrati partiti da Melilli nel siracusano», fra loro il capo dei pompieri che coordina gli aiuti Al Santostefano. “E la superpotenza scopre di essere fragile”, infine, è il titolo del pezzo del corrispondente Paolo Valentino che si concentra sul dibattito sugli interrogativi degli standard di sicurezza. 

“Disastro negli Usa esplode una centrale «è una carneficina»”: una foto notizia in prima su LA REPUBBLICA per raccontare la tragedia del Connecticut. I servizi a pagina 4. Riferisce da New York Arturo Zampaglione: alle 11,25 locali un’esplosione nella centrale elettrica di Middletown potrebbe aver provocato decine di vittime. Le autorità locali accorse sul luogo della tragedia indagano sulle cause della deflagrazione: prende corpo l’ipotesi di un incidente che avrebbe innescato l’esplosione del gas usato per alimentare la centrale (che era in via di collaudo: un investimento da un miliardo di dollari). Nella città universitaria del Connecticut, che ha una netta prevalenza di italo-americani, si è pensato all’inizio a un atto terroristico. Nel momento in cui Zampaglione scrive i morti accertati erano 5 e i feriti un centinaio. In appoggio Michela Giuffrida da Siracura: “I «paisà» di Middletown la città dei siciliani d’America”. Dei 47mila abitanti della cittadina in cui è avvenuta l’esplosione, oltre 15mila sono di origine siciliana. In particolare vengono da Melilli, un paese della provincia di Siracusa. Anche il sindaco, Sebastian Giuliano, viene dalla Sicilia (dove è tornato 4 anni fa). Scontata l’apprensione a Melilli, dove abitano ancora molti parenti degli emigrati.

 Nel raccontare la vicenda dell’esplosione della centrale elettrica di Middletown IL GIORNALE dà rilevanza al fatto che nella zona  della strage vive una grande comunità di italo-americani. «tra i sui abitanti molti sono di origini italiane perché emigrarono dal Nord Italia e molti dalla Sicilia, in particolare da Melilli, un paese della Provincia di Siracusa».

“Usa, scoppia la centrale”: LA STAMPA pubblica in prima pagina una foto della centrale di Middletown, all’interno il reportage del corrispondente dagli Usa Maurizio Molinari e un’intervista a Paolo Gallo, fra i massimi esperti italiani di costruzione e gestione delle centrali elettriche, incluse quelle a gas. «Secondo le prime ricostruzioni, alcuni operai stavano testando il sistema di approvvigionamento energetico della centrale – che adopera sia gas che petrolio – quando qualcosa è andato storto» scrive Molinari, «provocando l’esplosione di un gasdotto che a sua volta ha poi innescato la detonazione del gas naturale conservato nella centrale». Non si spiega come sia potuto accadere un incidente l’esperto Paolo Gallo, secondo il quale l’operazione compiuta non comporta rischi: «la procedure è iper-collaudata», le centrali a ciclo combinato sono «efficienti e sicure», fra l’altro, dice Gallo, «non c’è stoccaggio di metano in loco, le valvole si chiudono subito alla minima emergenza», «la prima cosa che ho pensato è stato un attacco terroristico», dice l’esperto.

E inoltre sui giornali di oggi:

ISLAM
LA REPUBBLICA – Focus sugli “Imam d’Italia”: chi sono, quanti sono, che preparazione hanno. Vladimiro Polchi indaga il profilo degli Imam, le guide spirituali dei musulmani d’Italia. Sono quasi sempre autodidatti, non hanno alle spalle una scuola di formazione (solo nelle grandi città arrivano imam d’importazione, per lo più dall’Egitto) né vivono in una struttura centralizzata. Sono circa mille per i 749 luoghi di preghiera in Italia. Anche per questo Maroni ha convocato un incontro con le comunità nel tentativo di far nascere una consulta islamica. Mercoledì l’incontro (ma mancherà l’Ucoii). Nel pezzo alcuni imam o intellettuali musulmani di origine italiana: sottolineano il loro ruolo di mediazione tra la pratica religiosa e il contesto italiano.

CRISI
LA STAMPA – “La vita minacciata dalla crisi”. Nella “giornata per la vita” il Papa richiama l’attenzione sul disagio economico per la terza volta consecutiva in una settimana: «Nell’attuale periodo di difficoltà economica» ha detto Benedetto XVI «diventano ancora più drammatici quei meccanismi che, producendo povertà e creando forti diseguaglianze sociali,  feriscono e offendono la vita, colpendo soprattutto i più deboli e indifesi». L’allarme della Chiesa – scrive LA STAMPA – è che tante donne sole cedano alla spinta di abortire, che anziani e disabili siano abbandonati al loro destino.

LA REPUBBLICA – Reportage sulla Spagna, l’unico paese europeo che non è tornato a crescere nel 2010. A Madrid si perdono 4mila posti di lavoro al giorno, a picco i settori trainanti (edilizia e turismo) mentre dal governo sono arrivati molti fondi per opere pubbliche e banche (che hanno incassato senza però concedere più prestiti agi imprenditori) ma con scarsi risultati. La popolarità di Zapatero è al suo minimo. E nel 2012 ci saranno le elezioni. Si discute, all’interno del suo partito, se cambiare candidato…

WELFARE
CORRIERE DELLA SERA – Dalla prima parte la lettera sul lavoro firmata da Pietro Ichino (“Nessuno persa al welfare dei figli”): «Caro Direttore, il ministro Renato Brunetta ha molta ragione quando avverte che il diritto del lavoro, e in particolare l’articolo 18 dello Statuto del 1970, oggi si applica soltanto ai padri e non ai figli. Gli italiani, però, hanno diritto di sapere che cosa il ministro propone seriamente— e non soltanto con una battuta in un talk show —per superare il regime di apartheid che penalizza la nuova generazione di lavoratori… il diritto del lavoro sta perdendo la sua natura di standard minimo di trattamento universale, per assumere la natura di un ordinamento eminentemente derogabile: chi vuole lo applica e chi non vuole no. Naturalmente, poi, quando viene la bufera, a pagare per primi sono sempre i non protetti: i 500 mila lavoratori italiani che hanno perso il posto nei mesi passati di recessione sono ovviamente quasi tutti di serie B e C… Una cosa è certa: il problema non è soltanto di controlli e di repressione delle frodi. Controllo e repressione servono quando la violazione o elusione delle regole è un fenomeno marginale; quando invece— come oggi accade per il nostro diritto del lavoro —violazione ed elusione diventano un fatto normale su larga scala, è l’ordinamento stesso che deve essere rifondato. La disciplina italiana del rapporto di lavoro regolare è vecchia ormai di oltre quarant’anni. È stata scritta quando non esistevano né i computer, né Internet, ma neppure i fax e le fotocopiatrici; quando era normale che un giovane entrasse in un’azienda con la prospettiva di restarci per trenta o quarant’anni svolgendo la stessa mansione, più o meno con gli stessi strumenti e le stesse tecniche». Conclude poi Ichino: «La soluzione, allora, non è togliere l’articolo 18 ai padri, ma riscrivere il diritto del lavoro per i figli, per le nuove generazioni; in modo che esso torni capace di applicarsi davvero a tutti i rapporti che si costituiranno da qui in avanti. E garantire davvero a tutti non l’impossibile «posto fisso», ma quella protezione contro le discriminazioni e quella rete di sicurezza nel mercato, da cui oggi la nuova generazione dei lavoratori italiani è per la maggior parte esclusa». 

ISTRUZIONE
LA STAMPA – “L’università ritorna un lusso per pochi”. Mettendo insieme diverse statistiche, LA STAMPA fa una ricognizione nel mondo dell’università, e scopre che, dopo il picco del 2000, le immatricolazioni hanno cominciato a scendere. Non solo per il calo demografico: cinque anni fa il 73% dei diplomati si iscrivevano all’università, all’ultimo anno accademico si sono iscritti il 47% dei 19enni e nemmeno il 60% di chi ha superato l’esame di maturità. Ha pesato la crisi economica, scrive LA STAMPA, e in molte università sono aumentate le tasse per compensare il taglio dei finanziamenti ministeriali.

FISCO & FAMIGLIA
IL SOLE 24 ORE – Vincenzo Visco firma un pezzo sul quoziente familiare, allegando anche una tabella/simulazione, per dire che «il quoziente non fa miracoli» ed è «preferibile puntare su assegni e detrazioni per i figli». L’analisi di Visco è articolata in otto punti, tra cui: il fatto che i single subiscono una tassazione più elevata, «una sorta di tassazione sul celibato»; che il quoziente risulta massimamente vantaggioso per le famiglie monoreddito, «quindi rappresenta un forte disincentivo al lavoro femminile»; il risparmio fiscale cresce col reddito, per cui «i figli e i coniugi dei ricchi sono più meritevoli (e valgono di più) di quelli dei poveri». In conclusione il quoziente «ha molto poco a vedere con la famiglia e molto di più con l’obiettivo di ridurre le imposte ai ceti abbienti».

ITALIA OGGI – “Bonus, le famiglie fanno il pieno”, questo il titolo dell’articolo a pagina 12 a firma Giovanni Galli. Ai contribuenti, che hanno chiesto entro il 30 settembre scorso un minimo di 200 euro, per i pensionati unici componenti del nucleo famigliare, fino a mille euro, nel caso di nucleo composto da oltre 5 componenti oppure in presenza di un portatore di handicap, sono arrivati 1,5 miliardi di euro. Soddisfatte secondo ITALIA OGGI il 95,2 per cento delle richieste.

ABORTO
IL GIORNALE – Intervista al ministro Giorgia Meloni che dice «Basta con gli aborti facili. I figli non sono un lusso». «Viviamo in una realtà in cui sono state investite più energie e risorse per aiutare impedire la vita piuttosto che favorirla». Alla domanda sull’andamento delle interruzioni di gravidanza. «I dati in valore assoluto parlano di diminuzioni, ma basta considerare  il rapporto nascite aborti procapite, da trent’anni, e il dato è sempre stabile al 20%. È il risultato di un approccio  complessivo da rivedere». E il ministro avanza qualche proposta «Dobbiamo porre fine  alle discriminazioni sul lavoro e intervenire con incentivi alla maternità. E introdurre il quoziente familiare che in Francia ha avuto esiti positivi, con un incremento anagrafico in controtendenza rispetto all’Europa, elevando al contempo  il livello di occupazione femminile. Pure noi dobbiamo combattere lo schema  che vede contrapposte maternità e professione».

MEDICI & VOLONTARI
IL SOLE 24 ORE – In prima pagina, a firma di Elio Silva, il boom di medici ad alta specializzazione e reddito che mollano tutto per andare a fare i volontari: «per la gioia di curare, certo, ma anche per imparare, migliorarsi e ritrovare il gusto della professione». Cioè, secondo la sintesi che IL SOLE 24 ORE fa anche nel titolo, «per cercare l’antidoto alla routine». L’occasione della riflessione sono i 200 medici italiani che in un mese si sono avvicendati ad Haiti, ma ogni anno sono più di 3mila le missioni sanitarie organizzate da ong italiane.

SOS RACKET
IL GIORNALE – Frediano Manzi, presidente dell’associazione Sos Racket e Usura  dice «Basta, getto la spugna» dopo l’incendio di un furgone, ennesimo atto d’intimidazione sofferto dall’associazione. «Sciolgo l’associazione. Non ci sono più le condizioni per andare avanti. Dopo il premio Isimbardi, le istituzioni mi hanno lasciato solo». Manzi, ha fondato l’associazione dopo avere vissuto personalmente il dramma dell’essere vittima degli strozzini. Manzi è commerciante di fiori e fa notare che l’incendio è avvenuto nella settimana di san Valentino. Fa notare anche che le intimidazioni sono aumentate dall’estate scorsa quando l’associazione ha denunciato  un’organizzazione attiva nel giro delle occupazioni abusive di  case Aler.

SMOG
ITALIA OGGI – Secondo il rapporto di Legambiente “Mal’Aria 2010” due città su tre superano i limiti di emissioni inquinanti fissati per legge. Napoli e Torino in testa, seguono nell’ordine Ancona, Ravenna, Mantova, Frosinone e Milano. E i comuni corrono ai ripari, ma in ordine sparso. Sul tavolo misure antismog diverse, a secondo dall’amministrazione locale: ecopass, domeniche a piedi e Ztl. Ma anche riqualificazione dei mezzi di trasporti pubblici. Tutto questo si trova a pagina 22 a cura di Duilio Lui.

BASAGLIA
IL GIORNALE – Marcello Veneziani non usa mezzi termini: «Santificare Basaglia, una vera pazzia». Il suo teorema è che « è sbagliato idealizzare i manicomi, ma la legge 180 (appunto la legge Basaglia ndr) non era il giusto rimedio». «L’abolizione dei manicomi, insieme all’assurda teoria che la malattia mentale non esiste, produsse ferite e traumi giganteschi. Di tutto questo non si racconta nella lirica epopea di Basaglia e lo si santifica come un Liberatore. L’idea che si potesse abolire la realtà e con la realtà la pazzia, fu la vera aberrazione ideologica di questa perniciosa  filantropia». E ancora « Di Basaglia va riconosciuta la buona fede, il fervore ideale, ma non possono essere cancellati i paurosi danni della legge 180 che ancor perdurano. A loro vorrei  opporre il sano realismo di quel parroco che si chiamava Pasquale Uva che costruì un  grandioso ricovero per i matti del sud. Il suo modello fu il Cottolengo. Prima di quell’ospedale i dementi vagavano per le strade, ridotti alla fame, derisi e aggrediti. Uva pensò qualche anno più tardi ad una bonifica degli ospedali psichiatrici che divennero villaggi post manicomiali, che immetteva gli ex malati gradualmente nel mondo libero. Progettò una città dei malati con un’azienda agricola, pastificio, cinema e impianti sportivi.  Ma padre Uva aveva ormai 70 anni e  per realizzare tutto questo non trovò interlocutori e tempo perché morì poco dopo. Nessun fu in grado di raccogliere la sua eredità. Fu così che  alla degenerazione degli istituti si oppose la follia di chiuderli».

ENERGIE RINNOVABILI
ITALIA OGGI – Gabriele Frontoni firma un breve articolo a pagina 25 sulla svolta cinese verso le energie rinnovabili. «Per ridurre la dipendenza dal petrolio, l’Assemblea nazione del popolo ha approvato un emendamento alla norma sulle energia rinnovabili approvata nel 2006, che sancisce l’obbligo per le società energetiche cinesi di acquistare tutta l’energia prodotta da turbine a vento o da altre fonti rinnovabili all’interno del paese». Multe salatissime per chi contravviene. Una scelta che rilancia la Cina nel mercato delle fonti rinnovabile, già al primo posto e meglio degli Stati Uniti in quanto a energia prodotta da fonti eoliche (13 GW installati contro 9,9 GW degli USA). Con buona pace di Kyoto e Copenhagen.


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