Volontariato

Cento cuoche e sarte per combattere la fame

Imparare un mestiere per uscire dall’emarginazione. È la ricetta del Vides per aiutare le famiglie in un Paese messo in ginocchio dall’occupazione indonesiana

di Paolo Giovannelli

Insegnare alle giovani donne povere dell?area di Balide, nella regione orientale di Timor, a fare vestiti e a conservare alimenti, serve a dar loro speranze più concrete verso un impiego stabile come artigiane o operaie specializzate. Può inoltre significare dotare l?isola di un forte ?motore? di sviluppo, sia sotto il profilo sociale che economico. A tale scopo l?associazione Volontariato internazionale donna educazione sviluppo (il Vides, ong delle suore salesiane Figlie di Maria ausiliatrice, attiva da circa dieci anni) sta formando nella sartoria e nel trattamento degli alimenti circa cento donne di Balide di età compresa fra i 18 ed i 35 anni.

La situazione nell?isola di Timor resta difficile. Dopo secoli di dominio coloniale olandese e portoghese, negli anni Settanta Timor Est fu invasa dalle truppe indonesiane, subendo devastazioni e gravi perdite di vite umane. Attualmente l?isola, teatro di frequenti scontri fra i guerriglieri del Fretlin e la polizia, resta sotto il controllo degli indonesiani. La presenza dei soldati ha deteriorato progressivamente le condizioni di vita della popolazione. L?Onu ha ripetutamente condannato l?Indonesia per violazione dei diritti umani, non riconoscendone la sovranità su Timor Est. Nel frattempo l?economia è andata a rotoli, e i servizi sociali sono praticamente scomparsi. La fame, l?analfabetismo e l?imporsi di una mentalità passiva, con scarse aspirazioni a migliorare, sono fra le conseguenze più gravi. «Noi siamo in grado di fornire», spiega la presidente del Vides Maria Grazia Caputo, «semplici vie d?uscita alle situazioni di marginalità e di disagio sociale che si sono create nell?isola». Il Vides, infatti, offrendo alle donne più povere corsi di preparazione, trattamento e commercializzazione di alimenti e di taglio e cucito, punta a migliorare contemporaneamente anche la qualità di vita delle loro famiglie.

Progetto: Vides-Timor Est, c/c bancario 2190 (Cab 3203, Abi 5428), Banca popolare di Bergamo-Credito varesino agenzia 116, via dell?Areoporto 14/16, 00174 Roma intestato a Vides; causale ?Formazione femminile nella sartoria e vendita di prodotti alimentari?. Le donazioni ricevute sono deducibili fino al 2 per cento sull?imponibile netto.
Informazioni: Vides, via S. Saba 14, 00153 Roma, tel. 06/5750048; fax: 06/5750904.

Ucraina – Tre milioni di Tatari cercano patria
In Crimea ci sono 260 mila Tatari da reinserire nella società ucraina. Sono i discendenti dei 3 milioni di persone che Stalin fece deportare, fra il 1936 e il 1952, nell?Asia centrale e in Siberia. Per favorire il loro ritorno, la scorsa settimana l?Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Sadako Ogata, ha incontrato il presidente dell?Ucraina, Leonid Kuchma, raccomandando l?adozione urgente di una legislazione che consenta ai Tatari di Crimea di diventare cittadini ucraini. Fra i Tatari ben 70 mila sono apolidi o rischiano di diventarlo. A loro l?Ucraina chiede di rinunciare proprio alla cittadinanza uzbeca, senza però fornire reali garanzie di concessione della propria cittadinanza. Se ciò non avverrà, i Tatari che non si saranno registrati entro cinque anni presso una ambasciata uzbeca perderanno quest?ultima cittadinanza, diventando inesorabilmente gente senza patria. «Ucraina e Uzbekistan», spiega il delegato dell?Acnur a Kiev, Jozsef Gyorke, non ammettono la doppia cittadinanza e ciò rende disperata la situazione dei Tatari. Senza la cittadinanza non hanno accesso all?istruzione secondaria gratuita, né ai posti di lavoro statali, né al processo di privatizzazione dell?economia.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.