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Celluloide per l’Italia che dimentica

È sua la pellicola rivelazione dell’anno su don Pino Puglisi, ucciso dalle cosche. Intervista a Roberto Faenza (di Silvia Ferraris).

di Redazione

Il suo film, Alla luce del sole, sta avendo un enorme successo. È terzo in classifica, secondo i dati Agis, tra i film italiani più visti nel 2005. Quasi 250mila spettatori sono andati ad applaudirlo e continuano a farlo nelle scuole. Un vero ?caso?. Vita: Perché secondo lei i film sulla mafia, e gli eroi antimafia, piacciono così tanto al pubblico? Roberto Faenza: Perché oggi non si parla più di mafia! Se ne parla di più al cinema che non sui giornali e in tv. Nelle fiction se ne parla solo in maniera romanzata, non si fanno mai nomi e cognomi. Lampante è la storia dello stesso padre Puglisi. Su di lui, prima del mio film, era stata già prodotta una fiction, Brancaccio, che aveva scatenato l?ira dei discepoli di Puglisi proprio perché era lacunosa e non faceva capire che cosa fosse veramente accaduto intorno al protagonista. Vita: Il cinema, invece? Faenza: Il cinema è diverso, molto più coraggioso. Prendi I cento passi sulla storia di Peppino Impastato. L?interesse della gente per le cose di mafia di questi tempi è enorme. Certo: oggi è più difficile parlarne, perché la mafia è molto meno visibile che ai tempi di padre Puglisi, dieci anni fa. Allora era aggressiva, all?attacco. Vita: E oggi com?è? Faenza: Oggi non è aggressiva, è invisibile. Luca Zingaretti dice sempre che la mafia è come un sommergibile. Non si vede ma è lì, nelle acque. Ecco, io penso che il cinema sia come un radar che individua il pericolo prima degli altri. Siegfried Kracauer, storico tedesco del cinema, scrisse che i film, a volte inconsapevolmente, precedono i tempi. I film degli anni 10 e 20 rappresentavano in astratto mostri, spettri, pericoli enormi e incombenti. Di lì a poco sarebbe esploso il nazismo. Vita: Qualcuno dice: belli questi film sulla mafia. Ma a che cosa servono? Faenza: Che un film possa cambiare la società è improbabile. Però io penso che un film come il mio abbia una capacità di scuotere le coscienze. Adesso lo stiamo proiettando nelle scuole, vorremmo farlo vedere ad almeno 150mila studenti. In tre settimane lo hanno già visto 50mila giovani tra i 14 e i 18 anni. La risposta è stata straordinaria. Ho assistito personalmente alle proiezioni in una decina di scuole di Roma: la reazione dei ragazzi è fortissima. Non mi aspettavo di vederli piangere e mi sono emozionato. La maggior parte di loro ignorava la realtà di un quartiere palermitano ad alta densità mafiosa come Brancaccio. Molti non sapevano nemmeno chi fosse Giovanni Falcone, o credevano che Falcone e Borsellino fossero due aviatori, perché a loro è intitolato l?aeroporto di Palermo… Non c?è da stupirsi: viviamo in uno Stato che la mattina spende miliardi per educare i ragazzi, e la sera ne sperpera il doppio per diseducarli con la televisione. Vita: Il cinema parla di eroi. Ma nella realtà la lotta alla mafia chi deve farla? Faenza: Leonardo Sciascia non sbagliava. Non si può fare l?antimafia di professione. L?antimafia dovrebbe essere un sentimento popolare, di tutti i cittadini, non solo dei siciliani. Il caso di Puglisi è lampante: è diventato un eroe suo malgrado perché la maggior parte dei suoi concittadini non era sulla sua stessa lunghezza d?onda. L?antimafia dovrebbe essere presente nella società. Altrimenti il rischio è che la gente si senta quasi in dovere di deresponsabilizzarsi: tanto ci pensano loro… E poi, i comitati antimafia ufficiali, formati dai partiti, difficilmente riusciranno a fare chiarezza sul mondo mafioso, perché qualche parlamentare è l?espressione di collusioni e connivenze. Purtroppo questa è la realtà. Vita: Come si sono comportati i politici siciliani con lei? Faenza: Avevamo chiesto un finanziamento alla Regione per retribuire dei giovani apprendisti siciliani che potessero fare un?esperienza utile collaborando alla lavorazione del film. Siccome in passato i contributi della Regione Sicilia sono stati erogati a molti altri film girati nella regione, per esempio a Zeffirelli per Storia di una capinera, pensavamo di non incontrare resistenze. Ma nessuno ci ha risposto. Il silenzio è durato due anni. Continuavamo a chiedere, a scrivere… Nessuna risposta, nemmeno un no. Silenzio. Vita: Ha denunciato la cosa? Faenza: Certo, ho raccontato tutto alla stampa. E sapete come si è difeso Salvatore Cuffaro, presidente della Regione Sicilia? Dicendo che non aveva mai sentito parlare di noi. Che non gli era mai giunta all?orecchio la voce che chiedevamo contributi per il film. Se no, volentieri li avrebbe dati! Vita: Una curiosità. Lei nel 1977 ha fatto un film intitolato Forza Italia. Profetico? Faenza: Era un film di satira politica, ?di montaggio?, cioè costruito con spezzoni televisivi, cinegiornali, mescolati ad alcune riprese fatte da noi sui potenti di allora, i politici della Dc: Aldo Moro, Giulio Andreotti, Mariano Rumor, Amintore Fanfani. Quando uscì, nel febbraio del 1978, ebbe un enorme successo di pubblico: 350mila spettatori in 40 giorni… Ma nel marzo dello stesso anno purtroppo le Brigate Rosse sequestrarono Moro e il film venne tolto dalla circolazione. Decisione che non trovai del tutto sbagliata. Comunque Forza Italia è un film esilarante. Ancora si può vedere ogni tanto, soprattutto nei centri sociali. I ragazzi si divertono. Ci sono dei pezzi che nessuno crede veri, come una telefonata di Mariano Rumor a Donat Cattin che sembra doppiata ma è vera. È incredibile: dicono tutti e due un sacco di parolacce. Vita: È vero che Aldo Moro si era prestato a girare dei pezzi di quel film? Faenza: Sì. In alcuni passaggi è inquadrato a Piazza del Gesù, o a casa sua. Poi, però, rivedendo il film non gli piacque e telefonò a Eugenio Scalfari, allora direttore de La Repubblica, chiedendogli se fosse possibile cambiare un tamburino che usciva sul suo giornale, dove un noto critico cinematografico elogiava il mio film. Scalfari rifiutò sdegnato la censura, e la faccenda si chiuse lì. Vita: Poi successe quel che tutti sanno: Moro fu rapito e ucciso. Faenza: Mesi dopo, nel covo di via Montenevoso, a Roma, fu ritrovato il memoriale di Aldo Moro, scritto di suo pugno. Con sorpresa di tutti, nelle ultime righe, poco prima di morire, lo statista democristiano aveva scritto: «… e se volete rendervi conto della spregiudicatezza di certi miei colleghi di partito, andate a vedere questo film: Forza Italia…». Vita: Una stupefacente e inattesa ?riabilitazione?. E poi come finì? Faenza: La punizione della Dc fu durissima. L?ho pagata cara, e malamente. Non sono più riuscito a lavorare in Italia. Tutte le porte mi venivano chiuse. Lei non ha idea della violenza di certi attacchi ricevuti, all?epoca, a causa di questo film. Alcuni anni fa, la Mondadori diffuse la pellicola in cassetta, ma nessuno la trovò: appena distribuita era già sparita. Alla conferenza stampa di presentazione dell?iniziativa si presentarono anche alcuni rappresentanti di Forza Italia chiedendoci di cambiare il titolo del film. Io ho risposto: «Perché non cambiate voi il nome del vostro partito? Il mio film è venuto prima». Non li ho più rivisti.

Silvia Ferraris


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