Sostenibilità
Cellulari & batterie Ricarica e poi?
Un consorzio le recupera, ma per i produttori il problema non esiste
Telefoni cellulari, computer portatili, giochi elettronici: oggetti diventati ormai familiari alle nostre vite tanto da non poterne più fare a meno, ma portatori di molte domande sul fronte della salute e della compatibilità ambientale.
Una questione poco nota riguarda le batterie ricaricabili che fanno funzionare queste apparecchiature: un business in rapidissima crescita, facilmente immaginabile se si pensa che nella sola Italia circolano 50 milioni di telefonini e almeno 60 milioni di apparecchi senza filo che utilizzano almeno un accumulatore ciascuno. Purtroppo anche le batterie ricaricabili a un certo punto si esauriscono (la vita media, variabile a seconda dell?intensità d?uso, è tra i 2 e i 4 anni) e attualmente finiscono in discarica. I metalli che contengono (nichel, cadmio e litio) in quantità molto superiori rispetto alle pile stilo tradizionali, sono pericolosi per l?ambiente e per la salute.
Gruppo internazionale
Un gruppo di aziende internazionali sta provando a riciclarle. Così è nato Ecoelit, Consorzio nazionale volontario accumulatori ed elettroutensili, composto oggi da 14 aziende. Imprese che si avvalgono dell?esperienza maturata in altri Paesi, come la Germania, per attivare un ciclo di recupero dei metalli, che hanno fra l?altro un considerevole valore economico.
Ma allora Ecoelit fa anche un buon affare? «Allo stato delle cose, assolutamente no», puntualizza subito il presidente di Ecoelit, Marco Arnaboldi; «per noi è soltanto un costo, ma vogliamo dare un segnale di responsabilità ambientale, sperando che venga raccolto e condiviso da altri operatori, soprattutto nel campo della telefonia mobile». Un accenno, velato ma non troppo, al fatto che finora i gestori di cellulari non hanno dimostrato grande sensibilità al problema.
12mila negozi
Il ciclo di recupero e riutilizzo delle batterie esauste comincia nei 12mila negozi dove sono stati installati i cassonetti di raccolta. Da qui i prodotti vengono trasportati in centri di stoccaggio all?ingrosso e, successivamente, portati in Francia dove un impianto ultraspecializzato procede all?estrazione dei metalli, che vengono infine rivenduti ai produttori originari delle batterie, pochi colossi industriali giapponesi. Il trasporto in Francia è la ?strozzatura? che toglie redditività al business: «È probabile che se la lavorazione delle batterie fosse fatta in Italia il bilancio sarebbe positivo», aggiunge Arnaboldi, «e un investimento di questo tipo sarebbe un?idea di business molto interessante, considerando anche le prospettive di ulteriore crescita del consumo di pile ricaricabili».
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.