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Cecenia. Un altro Paese al blackout. Solo il buio oltre Maskhadov

Dice Emma Bonino: "Con lui hanno fatto fuori l’unico uomo moderato. E' il preludio di una soluzione finale".

di Joshua Massarenti

«Il conflitto è tra quelli più dimenticati al mondo. Nessun riflettore massmediatico, nessuna presenza umanitaria». Non lascia spazio a dubbi l?europarlamentare radicale Emma Bonino nel commentare con Vita l?improvviso spazio riservato dai massmedia alla Cecenia poche ore dopo l?uccisione del leader indipendentista ceceno Aslan Maskhadov da parte delle forze speciali russe: la Cecenia è una terra di nessuno in cui sguazzano le autorità russe e frange estremiste ultraminoritarie per le quali il popolo ceceno nutre solo disprezzo. «E ora», aggiunge una Bonino laconica, «saranno in tanti, tra i ceceni, a rimpiangere l?unico uomo politico moderato di rilievo che gli era rimasto».
Già, Aslan Maskhadov. Stratega militare senza pari e unico presidente democraticamente eletto in Cecenia. Eravamo nel 1997, tre anni dopo l?inizio della guerra cecena che vide questo colonnello di artiglieria mettere clamorosamente in scacco le forze di occupazione russe. Di lui, il settimanale liberaldemocratico russo Ejenedelny Journal aveva detto che era «diverso dagli altri capi ribelli (ceceni, ndr) per la sua volontà di vietare le atrocità».
Vincitore dei generali russi nella prima guerra, perderà la partita più importante, quella della pace, a scapito di compagni ceceni ben più spietati (Basayev in testa), pronti a sfruttare la sua incapacità a tenere unite le truppe e la vendetta del Cremlino. Non basteranno la politica conciliante dell?ex segretario del Consiglio nazionale di sicurezza russo, Alexander Lebed (defenestrato da Eltsin per gli accordi di pace del 96), né la fiducia della società civile cecena: signori della guerra e nomenklatura conservatrice moscovita avranno la meglio facendo ripiombare il Paese nel caos.
Nel 99, Basayev penetra nelle montagne del Daghestan per proclamarvi uno Stato islamico indipendente. La minaccia per il Cremlino diventa reale con l?esplosione di quattro stabili a Bouinaksk, Mosca e Volgodonsk. Sebbene Maskhadov non c?entri nulla, i russi decidono di rinviare le truppe federali nel Paese dando il via alla seconda guerra cecena. Maskhadov screditato viene ormai paragonato a un terrorista. L?era di Putin, appena giunto al potere, si fa già sentire. Dopo la caduta di Grozny e la successiva instaurazione dell?amministrazione della Repubblica di Cecenia capeggiata dal ?russofilo? Akhmad Kadyrov, i terroristi di Basayev, si ergono come unici, veri difensori della patria cecena.
Dalla strage di Beslan, Maskhadov, su cui pendeva l?accusa di esserne l?autore, prese risolute distanze annunciando addirittura di voler processare Basayev. «Se i nostri avversari al Cremlino mostrano un approccio, possiamo finire la guerra al tavolo negoziale», aveva detto, «altrimenti il sangue scorrerà a lungo».
Mosca ha preferito non ascoltarlo, respingendo dapprima il suo recente annuncio di un cessate il fuoco unilaterale imposto a tutta la guerriglia cecena, e poi facendolo fuori. «La morte di Maskhadov è il preludio di una soluzione militare finale dei russi», assicura Emma Bonino. «Un giorno ci chiederemo come abbiamo potuto tollerare quello che è successo in Cecenia».

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