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Cecenia: la fine di Maskhadov

Il leader indipendentista ceceno ucciso dalle forze speciali russe. Mosca soddisfatta per la sua eliminazione. Intervista di VITA a Umar Khanbiev, ex ministro del governo ceceno di Maskhadov

di Joshua Massarenti

Non è nemmeno passata un’ora che la televisione pubblica russa ne aveva già mostrato il cadavere. A dimostrazione del fatto che Aslan Maskhadov, il leader indipendentista ceceno, era uno degli uomini più ricercati da Mosca. Il responsabile secondo il Cremlino di decine di attacchi anti-russi, compreso il sequestro della scuola di Beslan, in Ossezia, in cui lo scoso anno morirono 326 persone, per metà bambini.

La notizia della sua morte è stata resa nota dall?esercito russo. In primis, dal, portavoce delle forze federali russe in Cecenia e nel Caucaso del Nord, il generale Ilia Shabalkin, secondo il quale il leader ceceno ?è stato ucciso nel villaggio di Tolstoi Iurt (una decina di km a nord della capitale Grozny, ndr), dove ha avuto luogo uno scontro a fuoco. Maskhadov si nascondeva in un bunker sotterraneo, sotto una casa, e il suo cadavere è stato già identificato?. Il generale Shabalkin ha poi precisato all?agenzia Ria-Novosti che il leader ceceno è stato rintracciato grazie alle informazioni date da due combattenti indipendentisti catturati nei giorni scorsi in Cecenia. Putin ha osservato da parte sua che in Cecenia ?resta ancora molto da fare? e ha ordinato ulteriori esami sul corpo di Maskhadov onde fugare ogni incertezza sulla sua identità. Le autorità del governo locale ceceno fedele a Mosca hanno pure confermato la notizia della morte del leader ribelle.

La scheda del leader indipendentista

Nato nel 1951 in Kazakistan, Aslan Maskhadov iniziò la sua carriera tra le fila dell’Armata Rossa, l’esercito dell’ex Unione sovietica. Fu solo dopo la dissoluzione del gigante dell’Est che divenne nel 1992 capo di Stato Maggiore ceceno, facendosi portavoce di quell’aspirazione separatista che ancora oggi oppone Mosca a Grozny. Se nel 1995 guidava le forze cecene per respingere le truppe ‘nemiche’ dal paese, negli stessi anni, Maskhadov mantenne aperti i canali diplomatici, partecipando ai negoziati di pace con Mosca. Fu soprattutto la sua battaglia per l’indipendenza, più dei suoi meriti militari, ma anche le sue promesse di un futuro di pace, a convincere l’elettorato ceceno ad eleggerlo presidente nel gennaio del 1997. Maskhadov si trovò però presto a gestire un paese in mano ai signori della guerra e fallì, facendo ripiombare il paese nel caos.

Quando le forze ribelli attraversarono il confine con il Daghestan nel 1999, Mosca lo ritenne direttamente responsabile dell’ondata di violenza scoppiata in tutto il paese. Fu l’inizo della seconda guerra cecena e Maskhadov venne definitivamente screditato come presidente e considerato un terrorista. Il 31 ottobre del 2002, il Cremlino emise un mandato di cattura. Estromesso dalle elezioni presidenziali del 2003 e del 2004, Maskhadov passò alla guida della guerriglia separtista insieme ad un altro leader, Shamil Basayev.

L’ultima fase della sua vita è però caratterizzata dal tentativo di prendere le distanze dall’ondata di attacchi terroristici da parte cecena, che culminarono con la strage di Beslan, ai primi di settembre, nella quale morirono oltre trecento persone, la maggior parte dei quali bambini. Il leader separatista allora annunciò di voler processare Basayev per il massacro nella scuola della piccola città dell’Ossezia del Nord. Maskhadov tentò di riavviare il dialogo con Putin, al quale, proprio agli inizi del mese scorso, aveva proposto invano un riavvicinamento con una tregua unilaterale da parte cecena imposta per il mese di febbraio a tutta la guerriglia separatista. Lo stop agli attacchi voleva essere il segno di una disponibilità a trattare, pena un nuovo bagno di sangue. ”Se i nostri avversari al Cremlino mostrano un approccio ragionevole, possiamo finire la guerra al tavolo negoziale – aveva detto l’ex presidente ad un giornale russo – Altrimenti il sangue scorrerà ancora a lungo”. Ma Mosca non rispose.

L’intervista a Umar Khanbiev
Per capire alcuni aspetti del conflitto ceceno, riproponiamo l?intervista effettuata da Riccardo Bonacina nel novembre scorso a Umar Khanbiev nel corso di una sua visita presso la redazione di Vita. Esule dal 2000, Khanbiev era stato ministro della sanità dell?ultimo governo liberamente eletto dal popolo ceceno. Quello espresso, nel gennaio 1997, dalle elezioni tenute sotto il controllo dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in Europa) e che vide la vittoria del nazionalista musulmano Aslan Maskhadov.

Durante l’assedio di Grozny che durò da ottobre 1999 a gennaio 2000, sotto un diluvio di fuoco Umar e la sua équipe curarono senza sosta combattenti ceceni, civili ma anche soldati russi. Dopo pochi giorni, però dalla fine dell’assedio, Khanbiev fu fatto prigioniero in un campo di ?filtraggio? (centro di smistamento, di detenzione e tortura), a Tolstoï-lourt. Venne interrogato e picchiato per ore. In redazione ci racconta quello che provò a dire ai suoi carcerieri: «?Non ho mai portato un’arma, sono un medico e non ho fatto altro che curare?. Ma l’uomo incaricato di interrogarmi mi rispose: ?Tu puoi essere un medico, potresti essere Dio, ciò non cambia niente. Sei un ceceno e non hai diritto a nulla?».

Vita: Che posto ha oggi l’aiuto umanitario in Cecenia?
Umar Khanbiev: Le ong presenti oggi sono quelle che c’erano durante la prima guerra cecena: Medici senza frontiere, Medici nel mondo, Croce rossa internazionale, Lotta contro la fame (ong danese), L’uomo nel bisogno (ong ceca). Nessun altro ha accesso. E questa povertà di aiuti pone enormi problemi: la segreteria della presidenza europea, nel marzo scorso, nel suo rapporto annuale, ha definito la situazione cecena, come «catastrofica». Oggi abbiamo la necessità assoluta di sviluppare canali per l’aiuto umanitario e questo è lo scopo dei miei viaggi.
Vita: E dall’Italia che cosa si aspetta?
Khanbiev: Ho allacciato contatti con alcuni ong ed enti locali e da tre anni lavoro a un progetto di accoglienza di bimbi in Italia. Ho incontrato molti assessori alla Sanità e abbiamo sottoscritto accordi come quello con la Provincia di Bolzano o con la Regione Liguria. Abbiamo bisogno di centri attrezzati per interventi chirurgici e, più in generale, per periodi di riabilitazione psicoterapeutica di bambini che hanno subito gravissimi traumi a causa delle violenze subite da loro e dalle loro famiglie.
Vita: Quali sono oggi i numeri dell’emergenza umanitaria in Cecenia?
Khanbiev: Sono quasi 17mila i bambini che necessitano d’interventi chirurgici e di ricostruzione plastica, e molti quelli che hanno bisogno di psicoterapie. Ogni giorno esplodono mine e si stanno diffondendo malattie respiratorie, tubercolosi e leucemie a causa di radiazioni. Disponiamo di circa 20mila profili di bambini bisognosi di cure. Sono convinto che il problema dei bimbi malati della Cecenia non sia solo un nostro problema, anche perché da soli non potremmo mai risolverlo, ma un problema che la comunità internazionale deve porsi. Io vivo per far capire questo e spero di riuscirci. La mia preoccupazione è che lo sviluppo psichico delle nuove generazioni, cresciute tra bombardamenti e rastrellamenti, abbia ripercussioni gravissime.
Vita: è duro vedere come la Cecenia non faccia notizia?
Khanbiev: In Francia mi hanno paragonato a un ebreo che negli anni 30 girava l’Europa raccontando delle discriminazioni sugli ebrei in Germania senza che nessuno gli desse retta. è vero, nessun governo ci appoggia ufficialmente, nonostante sia evidente al mondo come siamo oppressi da un imponente esercito di occupazione. Speriamo che, prima o poi, qualcuno capisca.
Vita: Lo scorso febbraio il Parlamento europeo ha riconosciuto come genocidio la deportazione del 1944 del popolo ceceno ad opera di Stalin e si è impegnato a studiare e approfondire il Piano di pace proposto dal suo collega, il ministro degli Esteri indipendentista Ilyas Akhmadov. Cosa si aspetta dalla nuova Europa e dal nuovo parlamento?
Khanbiev: Sono state prese di posizioni importanti soprattutto da un punto di vista morale. Oggi speriamo che si possa fare qualche passo in più soprattutto riguardo il piano di pace e la ripresa di un processo democratico nel Paese. Se è vero, come dice Putin, che evitare la secessione cecena non è più il primo obiettivo russo, che oggi è quello di garantire la sua sicurezza da una deriva islamico-terrorista della Cecenia, la stessa Russia avrebbe di che guadagnare dalla presenza di una forza internazionale, come noi chiediamo da anni anche all’Onu.
Vita: Putin regalerà la Cecenia al fondamentalismo islamico?
Khanbiev: Il fondamentalismo islamico è impossibile in Cecenia, il nostro è un islam moderato di tradizione sufista. Sulla questione io racconto sempre una barzelletta. C’è uno scienziato cinico che vuole dimostrare come l’apparato uditivo della mosca si trovi sulle ali. Prende una mosca in mano e le dice di volare. La mosca ovviamente vola. Poi le strappa le ali e le ridà l’ordine di volare. Naturalmente la mosca non vola più. Putin fa la stessa cosa con la resistenza cecena: dopo aver praticato il terrorismo accusa i ceceni di terrorismo.

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