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“C’è il Coronavirus, non potete sbarcare”, così i migranti sono stati dirottati da Malta in Italia

Le testimonianze dei migranti sbarcati a Pozzallo il giorno di Pasqua, raccolte da Medu, rivelano i dettagli di quello che è stato un vero "pit stop" in mare. L'imbarcazione partita dalla Libia sarebbe stata affiancata da una nave militare maltese. Poi uomini vestiti in nero a bordo di lance di salvataggio avrebbero provveduto al rifornimento di carburante, alla sostituzione del motore e anche a dare dei biscotti, fino a percorrere un tratto di mare insieme

di Alessandro Puglia

Quella è la Sicilia, dovete solo proseguire dritto fino a quando vedete la costa. A raccontare i dettagli della “sosta” avvenuta nel giorno di Pasqua, quando un gommone con 101 migranti a bordo è stato dirottato da Malta alle coste siciliane ci ha pensato il team clinico di Medu Sicilia (Medici per i diritti umani) che più volte ha incontrato i migranti sbarcati autonomamente al porto di Pozzallo la mattina del 12 aprile.

Secondo le preziose testimonianze raccolte dal team Medu (lo psichiatra Peppe Cannella, la piscoterapeuta Valentina Gulino, i mediatori Najila Hassen e Sadibou Janneh e il coordinatore Samuele Cavallone), i migranti sarebbero stati affiancati da una imbarcazione militare maltese che avrebbe organizzato un vero e proprio “pit stop” in mare, dicendo che a Malta non sarebbero potuti sbarcare perché c’era il Coronavirus.

Ma ecco nel dettaglio quanto emerge dal comunicato diffuso da Medu: «I migranti ascoltati hanno confermato come la partenza del gommone con a bordo 101 persone, giunto a Pozzallo il giorno di Pasqua, sia avvenuta il 9 aprile dalle coste libiche a ovest di Tripoli per poi giungere nelle acque maltesi due giorni dopo. All'inizio a guidare la barca era un trafficante, salito a bordo con i migranti. Appena partiti, un gommone più piccolo con alla guida un secondo trafficante ha cominciato a seguirli e insieme hanno viaggiato per alcune ore. Il trafficante, con l'uso della forza e di minacce, ha poi costretto uno dei migranti a prendere la guida dell'imbarcazione per poi scendere, raggiungere il gommone più piccolo e ritornare verso la Libia. Nelle prime ore della mattina del 11 aprile le persone sul gommone vedono le coste maltesi ma un'imbarcazione presumibilmente militare con la scritta AFM (acronimo che significa "Armed Force of Malta") li costringe a fermarsi. Alcuni dei migranti si spaventano e si buttano a mare, convinti che i militari li avrebbero riportati in Libia. Viene loro detto che a causa dell’epidemia di coronavirus non possono proseguire verso Malta ma devono dirigersi in direzione dell'Italia. Fino al pomeriggio inoltrato la situazione non si sblocca e i migranti rimangono fermi in mare, sempre con le coste di Malta sullo sfondo. Finalmente, dopo aver fornito il carburante ed anche un motore nuovo visto che il precedente aveva smesso di funzionare, il natante viene per breve tempo scortato in direzione delle coste siciliane. Tutte queste operazioni, incluso la sostituzione del motore e il rifornimento di carburante, sarebbero state svolte da uomini vestiti di scuro, tutti uguali, che si sono avvicinati al gommone su due-tre imbarcazioni più piccole staccatesi dalla nave più grande con la scritta AFM. I migranti raccontano anche di avere ricevuto dei biscotti e uno strumento per mantenere la rotta verso l'Italia».


Un quadro a cui si aggiunge la posizione dei presunti scafisti che sono stati subito individuati dalle forze dell’ordine dopo lo sbarco a Pozzallo e saranno ora sottoposti a un procedimento penale. È chiaro, soprattutto circostanza come queste, che si tratta si scafisti forzati che mai avevano guidato un’imbarcazione prima di quel momento.

Da Malta è giunta in questi giorni la notizia che il giudice Joe Mifsud ha archiviato le imputazioni nei confronti del premier e delle forze armata maltesi relativamente alla strage di Pasquetta e ai respingimenti verso l’Italia. La vicenda dei soccorsi nel Mediterraneo centrale coinvolge comunque anche il nostro Paese il quale, tramite il memorandum Italia – Libia del 2017, continua a collaborare con un governo impotente e complice di gravi e ripetute violazioni dei diritti umani (si veda il rapporto La Fabbrica della Tortura diffuso da MEDU a marzo di quest’anno).

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