Formazione

Cdm: via libera al nuovo Piano sanitario nazionale

Lo hanno annunciato, in una conferenza stampa, Silvio Berlusconi e Girolamo Sirchia

di Benedetta Verrini

Via libera dal Consiglio dei ministri al Piano sanitario nazionale 2002-2004. Lo ha annunciato Silvio Berlusconi in una conferenza stampa a palazzo Chigi insieme al ministro della Salute Girolamo Sirchia, mentre era ancora in corso la riunione di governo. Ecco la presentazione ufficiale del ministro della Salute: Il nuovo Piano Sanitario Nazionale Ho presentato alle Regioni e ai sindacati CGL, CISL, UIL “il piano sanitario nazionale”. Si tratta di un piano molto diverso da quelli realizzati nel passato, in quanto le condizioni del Paese sono profondamente mutate: sia perché siamo di fronte alla devoluzione che vede le regioni protagoniste, pariteticamente al Ministero della Salute, nella realizzazione degli obiettivi sanitari sia perché è cambiata la situazione sanitaria del Paese (l’invecchiamento della popolazione, unitamente al perfezionamento delle tecnologie e al miglioramento dei farmaci, rappresenta una realtà nuova). Ho illustrato alle Regioni un piano che è composto di due parti, delle quali la prima è costituita da dieci progetti-obiettivo finalizzati al cambiamento e al miglioramento dei servizi erogati ai cittadini. Il Servizio Sanitario Nazionale è accettabile, ma molto deve essere ancora fatto perché diventi più giusto, più equo e più accessibile alla gente. Il primo punto riguarda proprio i servizi erogati e le liste di attesa. Non possiamo accettare che alcune patologie o alcuni pazienti attendano, oltre i limiti concessi, per avere le prestazioni. Se pensiamo ai malati di cancro e ai malati di affezioni cardiorespiratorie gravi, noi non possiamo accettare liste di attesa eccessive che possano pregiudicare la salute di queste persone. Quindi, bisogna fare un’azione forte condivisa con le regioni per ridurre le liste di attesa delle patologie acute che non possono aspettare. Abbiamo tutta la problematica della non autosufficienza delle persone croniche, degli anziani e dei disabili: a queste persone non stiamo dando servizi sanitari e sociali sufficienti. Dobbiamo concentrarci sulla possibilità di costruire insieme un nuovo modello di finanziamento delle prestazioni e di accesso a queste prestazioni: sia sul versante della sanità che sul versante dell’assistenza sociale dobbiamo dare di più alle persone più deboli. E’ un pensiero che non potrà essere realizzato automaticamente ma che ci deve portare, nel giro di pochi anni, ad avere a disposizione un fondo in grado di coprire i rischi della non autosufficienza. Occorre sviluppare la ospedalizzazione a domicilio, ossia, dobbiamo portare i servizi specialistici a casa delle persone. Oggi noi obblighiamo queste persone – parliamo sempre di malati cronici, disabili, persone con tumori – a recarsi in ospedale o in ambulatorio per ricevere delle prestazioni che possono essere erogate a casa. Imponiamo loro dei sacrifici che non vi è ragione di continuare ad imporre: dobbiamo pensare di portare le cure palliative, le terapie infusionali, la dialisi e quant’altro a casa dei pazienti. Deve essere ridisegnata la rete degli ospedali che è, soprattutto in alcuni ambiti e in alcune regioni, ridondante e eccessiva. Dobbiamo trasformare questi servizi in “servizi portati a casa della gente”. E’ necessario monitorare la qualità delle cure che vengono prestate, perché non basta fornire terapie e diagnosi, bisogna anche garantire una capacità e una qualità professionale elevata. Quindi, dovremo migliorare e lavorare molto su questo punto, sia per quanto concerne l’assistenza sanitaria ma anche per quel che riguarda i ricoveri per anziani o altre strutture ambulatoriali o comunque per centri territoriali. Occorrerà infine sviluppare la professionalità degli operatori sanitari, mediante un sistema di educazione continua che consentirà agli operatori di aggiornarsi per dare garanzia ai cittadini che la qualità delle prestazioni è elevata e che si fa il meglio per curare la loro salute. Dobbiamo infine potenziare i servizi di emergenza territoriali: vi sono aree dove avere un incidente può costare la vita. Anche qui purtroppo non vi è uniformità sul territorio nazionale in termini di prestazioni erogate, poiché in alcune aree le prestazioni sono ottime, in altre non sono altrettanto buone. Il nostro sforzo è quello di garantire a tutti i cittadini, dovunque abitino, lo stesso livello di qualità dei servizi. A tale scopo è necessario potenziare la ricerca e gli investimenti nel nuovo. Ai nostri concittadini dobbiamo assicurare farmaci e tecnologie avanzate che proteggano la salute e permettano diagnosi migliori, che possano migliorare la loro qualità di vita. Per fare questo, abbiamo bisogno di risparmiare sugli sprechi e su tutto quanto oggi viene speso inutilmente. Dobbiamo combattere gli sprechi, combattere le ridondanze per investire meglio e di più nel nuovo.  


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