Welfare
Cavarsela da soli a 18 anni: quale seguito per la sperimentazione?
Al 31 dicembre termina il finanziamento del Progetto Care Leavers, la sperimentazione che sostiene i percorsi dei neomaggiorenni fuori famiglia. In verità il numero dei ragazzi coinvolti sono bassi rispetto alle attese, tanto che le risorse non sono state usate tutte. Il bisogno però c'è: si tratta di imparare dalle criticità emerse e dare seguito alla sperimentazione
Sarah fra pochi giorni compirà 21 anni. Non vive con la sua famiglia da quando ne aveva 14: prima è stata in una comunità, poi – in vista del compimento dei suoi 18 anni – ha fatto un percorso di semiautonomia. Anche oggi, i suoi genitori non li vede più: ha rapporti solo con il fratello, con cui si vede quasi sempre ogni settimana. È una dei quasi 700 care leavers coinvolti nella sperimentazione nata con la Legge di Bilancio 205 del 2017 e avviata concretamente a metà 2019: 5 milioni l’anno, in via sperimentale, per sostenere interventi in favore di ragazzi che – al compimento della maggiore età – vivono fuori dalla famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell’autorità giudiziaria. La sperimentazione triennale è stata riconfermata per il triennio 2021-2023: senza ulteriori risorse, quindi, le azioni andranno ad esaurimento. Ma il bisogno resta: servirebbe quindi che il governo rifinanaziasse la sperimentazione o – ancora meglio – le desse stabilità, correggendo le criticità che in questi anni sono emerse.
«Le paure c’erano: non tanto sul vivere da sola, sapevo già di essere in grado di organizzarmi nella quotidianità e di gestire bene la casa, ma per il fatto che non avevo mai dovuto occuparmi di pagare le spese. La parte economica era quella che mi preoccupava, anche perché io l’università la volevo fare», racconta Sarah. Oggi sta studiando economia all’università, in questi tre anni ha beneficiato della borsa per l’autonomia prevista dal progetto (780 euro al mese, che scendono a 390 per chi resta nella famiglia affidataria o in appartamenti legati alla comunità in prosieguo amministrativo) e poi del reddito di cittadinanza: «Ho messo via un po’ di risparmi, in più faccio qualche lavoretto», racconta. Poco prima di compiere 19 anni si è trasferita in un appartamento dell’Aler: è stato possibile proprio grazie agli accordi istituzionali stretti sul territorio nell’ambito della sperimentazione.
«Vivo da sola da un anno e mezzo, non direi solo che “me la sono cavata”, direi che sono stata brava», afferma Sarah con voce decisa. «Sono una persona che ci tiene alla sua autonomia e sì, mi sento molto sicura nel prendere le mie decisioni: per forza di cose sono dovuta crescere in fretta. Ho avuto due tutor che mi hanno aiutato moltissimo negli aspetti burocratici legati sia all’Università sia alla casa, ma le decisioni le ho prese tutte da sola: certo che dopo le superiori ho avuto dei dubbi sulla strada da prendere, ma li ho risolti da sola».
Mi piacerebbe che ci raccontassero non tanto come dei ragazzi che hanno delle difficoltà, ma come ragazzi che hanno avuto dei momenti difficili e che per questo sono più forti degli altri
Sarah, 20 anni, care leaver
È la forza il tratto che più emerge dalle parole di Sarah: «Mi piacerebbe che ci raccontassero non tanto come dei ragazzi che hanno delle difficoltà, ma come ragazzi che hanno avuto dei momenti difficili e che per questo sono più forti degli altri», dice.
Che cos’è il Progetto Care Leavers
Il Progetto Care Leavers è promosso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali nell’ambito del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale ed è realizzata in collaborazione con l’Istituto degli Innocenti. I protagonisti sono i ragazzi e le ragazze che, al compimento della maggiore età, vivono fuori dalla famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell’autorità giudiziaria che li abbia collocati in comunità residenziali o in affido eterofamiliare. Ogni beneficiario ha diritto a un progetto individualizzato per l’autonomia, coprogettato dallo stesso ragazzo insieme a un’equipe multidisciplinare, a risorse economiche per le spese necessarie a realizzare gli obiettivi previsti dal progetto e all’aiuto del tutor per l’autonomia. Sia a livello individuale che di gruppo, il progetto punta molto sulla partecipazione e il protagonismo dei ragazzi, che sono chiamati a partecipare anche a delle Youth Conference a livello locale, regionale e nazionale.
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I numeri della sperimentazione
Gli ambiti coinvolti nel primo triennio della sperimentazione sono 66, in 17 regioni. Al 31 dicembre 2022, i care leavers per i quali è stata avviata la fase di assessment sono stati 695: 256 il primo anno (anno di finanziamento 2018), 251 riferiti il secondo (2019), 188 il terzo (2020). I care leavers che risultano usciti dalla sperimentazione – per conclusione del progetto o per la sua non attivazione – sono 330. I beneficiari attivi almeno un giorno nell’ultimo anno sono stati 519, anche se poi volendo scattare un’istantanea alla fine del 2022, i care leavers con un progetto in atto erano 365.
Qui l’ultimo report, aggiornato a giugno 2023.
Prevalgono le ragazze rispetto ai ragazzi, con una quota femminile che si aggira intorno al 57%. I care leavers con cittadinanza italiana sono 385, pari al 75% dei beneficiari. Il 23% dei beneficiari attivi è in uscita da un affidamento eterofamiliare; il 60% da una struttura di accoglienza e il 17% da altre situazioni (ad esempio alloggi alta autonomia o situazioni di appoggio per ragazzi ormai divenuti maggiorenni).
Il 68% dei care leavers non risulta essere più in carico al nucleo di origine, il 60% ha richiesto il prosieguo amministrativo e tra i richiedenti, circa il 75% lo ha ottenuto. Il 62% dei beneficiari sono studenti (il 73% frequenta la scuola secondaria di secondo grado, il 12% frequenta un corso di istruzione tecnica superiore, il 4% un corso di laurea, il 10% “altro” che significa principalmente un corso di formazione professionale). Il 17% è inoccupato o in cerca di prima occupazione, i disoccupati quasi il 4%, i Neet poco più del 3%. Gli occupati a tempo determinato rappresentano quasi il 5%. Aggregando le categorie emerge che il 24% dei beneficiari non ha un’occupazione (inoccupati/in cerca di prima occupazione, Neet disoccupati) mentre l’11% risulta occupato (a tempo determinato, stabile, precario, contratto di apprendistato). I costi per l’istruzione, seguiti dalle spese mediche straordinarie e dalle difficoltà nel sostenere le spese di affitto sono le maggiori criticità dal punto di vista economico.
L’assenza del contesto familiare allargato e/o altri adulti di supporto rappresenta l’aspetto più significativo, con quote quasi del 40%. Circa il 36% dei beneficiari mantiene relazioni conflittuali con la propria famiglia. La debolezza delle reti sociali (formali e informali) rappresenta un elemento di criticità per il 34% dei care leavers.
Più di mille sono i professionisti direttamente coinvolti dall’inizio della sperimentazione, tenendo conto anche del turn over degli operatori: 70 referenti e personale amministrativo a livello regionale e 198 referenti e amministrativi a livello di ambito; 853 operatori di cui più di 600 assistenti sociali, circa 180 tutor per l’autonomia e una quarantina di altri operatori.
Le criticità
Su circa 27.500 minori che vivono fuori famiglia, ogni anno sono circa 3mila i ragazzi che raggiungono i 18 anni. Il target potenziale della sperimentazione è questo. In realtà le risorse basterebbero per finanziare i percorsi di circa 300 ragazzi l’anno, un decimo di quelli in uscita.
Eppure, al termine dei finanziamenti previsti per due trienni di sperimentazione, i ragazzi coinvolti sono troppo pochi e molte risorse sono rimaste inutilizzate. Cosa che stride paradossalmente con il bisogno. Perché non si è riusciti a spendere tutti i soldi? Un po’ per la complessità delle procedure burocratiche, che talvolta hanno disincentivato gli ambiti territoriali ad aderire. In Emilia Romagna, per esempio, c’è stato anche chi a un certo punto ha deciso di sfilarsi e di proseguire il progetto a sostegno dei care leavers con risorse proprie, tanto era oneroso l’aspetto burocratico. Un altro tema riguarda il perimetro dei ragazzi che possono partecipare alla sperimentazione. Oggi la misura esclude i minori stranieri non accompagnati, che non sono fuori dalla loro famiglia per un provvedimento dell’autorità giudiziaria ma che di fatto affrontano le medesime difficoltà di dover crescere da solo: il futuro della sperimentazione – quale che sia – dovrebbe coinvolgere anche loro. Terzo aspetto, le caratteristiche individuali dei ragazzi: oggi non possono essere coinvolti giovani che presentano una particolare fatica psicologica o psichica, proprio per la necessità di testare al meglio i dispositivi previsti dalla sperimentazione e il loro successo. Sui territori, tuttavia, qualcosa in più si potrebbe immaginare anche per loro. Infine, la poca dimestichezza di alcuni territori ad accompagnare giovani adulti: anche per questo nell’ambito della sperimentazione è stato fatto un focus sulla necessità di una specializzazione professionale dell’assistente sociale per seguire giovane adulto, che lo accompagni verso l’età adulta e l’autonomia. Anche il profilo del tutor per l’autonomia è stato rivisto, al fine di individuare il professionista più idoneo ad accompagnare i neomaggiorenni in percorsi di autonomia.
In foto, alcune attività realizzate dal Care Leavers Network, la rete di ragazze e ragazzi di età compresa tra i 16 e i 26 anni sviluppata a livello nazionale e promossa, gestita e condotta dall’Associazione Agevolando dal 2014. Qui in particolare attività legate al progetto europeo “KA 154 CLN: un movimento per partecipare”, svoltosi a Tole’ (BO) il 22-24 settembre 2023. Il Care Leavers Network non va confuso con il Progetto Care Leavers, ma Agevolando con il proprio lavoro di advocacy ha certamente contribuito al nascere della sperimentazione nazionale.
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