Economia

Cavalese, il paese teleriscaldato con gli scarti del legno

In Val di Fiemme nel “distretto delle rinnovabili” i boschi portano calore grazie al primo impianto a biomassa, nato nel 1999. Un progetto lungimirante che risparmia agli abitanti l’aumento delle bollette di gas ed elettricità

di Marina Moioli

“Tutto merita una seconda possibilità”. La frase che campeggia su un grande pannello davanti al capannone di BioEnergia Fiemme a Cavalese rappresenta ben più di un semplice slogan e la dice lunga sulla vocazione alla sostenibilità di quest’angolo del Trentino, dove il 90% dell’abitato è riscaldato con gli scarti di lavorazione del legno. Attraverso la cogenerazione a biomassa, infatti, l’impianto di Cavalese produce energia elettrica che viene distribuita dalla locale azienda di distribuzione e calore e che, attraverso una rete di teleriscaldamento sotterranea, arriva alle abitazioni, agli alberghi, alle aziende private e agli edifici pubblici. Il progetto interessa circa 4.500 persone, che però nella stagione turistica salgono fino a toccare le 25.000 unità. L’energia “boschiva” di questo laboratorio di economia circolare viene prodotta impiegando il cippato di legno vergine proveniente dai boschi della Magnifica Comunità di Fiemme, ente storico millenario e punto di riferimento per l’intera zona: un gigantesco polmone verde, che conta un patrimonio di 60 milioni di alberi (3.000 pro capite) in grado di catturare due milioni di tonnellate di CO2, come dimostra la recente certificazione FSC. Un esempio virtuoso e lungimirante.

«Siamo nati nel 1999 e siamo stati i primi in Trentino a sperimentare questo nuovo modo di produrre energia, tanto che già dal 2012 Cavalese ha raggiunto una sostanziale autosufficienza energetica sia dal punto di vista termico (con circa 40 milioni di Kwh distribuiti) sia da quello elettrico (oltre 10 milioni di kwh prodotti)», dice l’amministratore delegato di BioEnergia Fiemme Andrea Ventura, che aggiunge: «Il nostro modello certamente non è esportabile ovunque perché servono alcune condizioni (presenza di un distretto industriale del legno, disponibilità di materia prima combustibile, bassa incidenza dei costi di trasporto, certezza e stabilità nella provenienza del materiale, forte legame culturale del territorio con la risorsa del legno, n.d.r.) ma nell’arco alpino sono molte le comunità che potrebbero attivare un percorso simile al nostro dentro un filiera del legno di questo tipo».

Il territorio della Val di Fiemme, adagiato tra le Dolomiti trentine Patrimonio Unesco, lungo il corso del torrente Avisio, è un vero e proprio “distretto delle rinnovabili” dove i Comuni si impegnano a sostituire i combustibili fossili con fonti energetiche alternative in una prospettiva di economia circolare legata alla valorizzazione e al recupero degli scarti. Quelli della lavorazione del legno (anche degli alberi sdradicati dalla terribile tempesta Vaia nell’autunno del 2018) insieme alla produzione di pellet derivato dalla segatura. Ciò ha reso possibile lo sfruttamento delle intrinseche capacità energetiche per la creazione e la diffusione della bioenergia, con biogas e biometano. E a proposito di sostenibilità e di economia circolare non si può dimenticare che la Val di Fiemme è fra le prime nella classifica dei Comuni virtuosi per quanto riguarda la raccolta differenziata dei rifiuti in Italia.

«L’energia non è tutta uguale, noi abbiamo fatto una scelta buona per il pianeta e per il futuro delle prossime generazioni. Per la nostra attività utilizziamo energia elettrica 100% pulita certificata, prodotta da fonti rinnovabili senza l’emissione di anidride carbonica nell’atmosfera e senza consumo di risorse naturali», sottolineano a BioEnergia Fiemme, che nel 2021 ha evitato 511,1202 tonnellate di CO2.

Tutto è nato sull’onda del protocollo di Kyoto del 1995 in cui i grandi della terra si erano impegnati, almeno formalmente, a fare qualcosa per ridurre le emissioni. Da qui l’idea, già sperimentata in Alto Adige, di dotare anche Cavalese di questo impianto in grado di ridurre drasticamente l’inquinamento migliorando sensibilmente la qualità dell’aria. Questo perché viene bruciata solo biomassa vergine che proviene dai boschi o dalle segherie della valle come scarti della prima lavorazione del legno. La maggioranza degli abitanti allacciati in oltre 700 utenze attraverso una rete sotterranea di tubi che portano l’acqua già calda direttamente in casa, si riscaldano con la legna come facevano da millenni. Potendo contare anche sull’emissione di fumi puliti, grazie a un controllo continuo attraverso gli elettrofiltri che catturano elettricamente le particelle finissime che così non vanno a finire nell’atmosfera. L’essere collegati alla filiera bosco-legno-energia locale, inoltre, consente di garantire ai clienti un servizio molto stabile perché indipendente dalle fluttuazioni dei combustibili fossili. Così il sistema di teleriscaldamento adottato a Cavalese non è toccato dall’incremento del costo del gas. Anzi i costi del teleriscaldamento sono indicativamente del 20% più bassi del fossile.

Nel tempo l’azienda si è sviluppata e sono nate altre esperienze legate alla valorizzazione e al recupero degli scarti di cibo sfruttandone le intrinseche capacità energetiche producendo biogas e biometano. Il tema dello spreco alimentare e di un’agricoltura senza limite è quindi un elemento culturale importante che arricchisce la visione aziendale. E per capire meglio come funziona il tutto è anche possibile partecipare (su prenotazione) a interessanti percorsi multimediali di visita intitolati “Tutto merita una seconda possibilità”, dedicati a: Energia del legno, Energia dal rifiuto organico, Recupero dei materiali.

Del resto la valorizzazione degli scarti a Cavalese non si ferma al legno. Nel luglio 2019, in occasione del ventennale dalla sua fondazione, BioEnergia Fiemme insieme ad altre tre realtà partner ha deciso di inaugurare il nuovo progetto “Magnifica Essenza”. L’iniziativa è nata dalla volontà di recuperare l’ultima parte di scarto della conifera, che ancora non era stata inserita nel processo produttivo. Così anche agli aghi di abete rosso della Valle di Fiemme, custodi di un profumo unico e di un’essenza estremamente benefica, viene data “una seconda possibilità”. Provengono dagli alberi di risonanza prediletti un tempo da Stradivari e oggi dai liutai di tutto il mondo, della foresta che si estende tra i 1.200 e i 2.200 metri di quota fra due parchi naturali, quello di Panevaggio Pale di San Martino (foto di apertura, copyright L. Gaudenzio) e quello del Monte Corno.

Grazie a un complesso processo di distillazione in corrente di vapore, le fronde verdi, spesso scartate nei processi di lavorazione boschiva, vengono recuperate per dare nuova vita a questi aghi, producendo un olio essenziale prezioso, usato per creare profumi, unguenti, diffusori. Un olio davvero magnifico, che si ispira al nome dell’ente millenario della Magnifica Comunità di Fiemme, da sempre custode dei boschi e dei saperi della Valle.

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