Cultura

Cattolici, non tiratevi indietro

Un settembre appassionante: è quello che attende il movimento reduce dalle giornate di Genova.

di Giuseppe Frangi

E ora a chi tocca? I 200mila di Genova, le loro domande per uno sviluppo più umano, la loro voglia di essere una presenza costruttiva, che cosa incontreranno sul loro cammino? Sono le domande che domineranno il settembre di quel mondo così variegato ma così vivo, che non si riconosce più in nessuna appartenenza politica, ma che ha dimostrato di ?esserci?. A questa domanda, da dentro e da fuori, arriva sempre più insistente un?ipotesi di risposta: a prendere le fila di questo grande movimento dovrebbero provarci i cattolici. Lo dicono personaggi così lontani per storia, per sensibilità, per visioni del mondo. Lo dice un Luca Casarini in evidente difficoltà di leadership, ma i suoi toni suonano sinceri. Lo dice un osservatore severo come Galli Della Loggia che riconosce nei cattolici una presenza non riducibile al modello occidentale vincente. Ma ora sapranno essere i cattolici così aperti, così autorevoli e così appassionati da assumere una guida a cui in tanti sembrano chiamarli? La prima verifica la si potrà avere a Vallombrosa, dove per tre giorni oltre mille quadri delle Acli sono chiamati a una riflessione su una questione decisiva: il destino delle persone tra solitudine e rinascita della comunità. Il parterre degli invitati è di grande interesse e copre tutte le appartenenze culturali e politiche. Da Ilvo Diamanti a Marco Revelli, da Marcello Veneziani a Massimo Cacciari, da Franco Garelli a Riccardo Petrella. Poi ci saranno i leader delle più grandi associazioni cattoliche e non solo. E non mancano i rappresentanti della gerarchia ecclesiale con il cardinal Ersilio Tonini e monsignor Giacomo Crepaldi, segretario del pontificio consiglio Justitia et pax. Centro della tre giorni la relazione di Paul Hirst, docente all?Università di Londra, che presenterà il suo studio sul futuro della democrazia associativa. E non mancherà, naturalmente, il padrone di casa, Luigi Bobba, presidente delle Acli da tre anni, e ormai diventato interlocutore e punto di riferimento per un mondo che ha rotto con le griglie rigide delle sigle gloriose di storia e che è pronto a giocarsi su un presente appassionante. Bobba parla con orgoglio e apprensione delle giornate di Vallombrosa e di tutte le scadenze che seguiranno. è convinto che il capitolo Genoa social forum sia un capitolo chiuso. Ma che le domande espresse dal Gsf siano un capitolo assolutamente aperto. Per costruire è meglio far la spunta degli errori fatti. E Bobba ne ha in mente immediatamente uno: «è l?idea che si debbano inseguire le scadenze istituzionali internazionali. Quando si diventa attori su questi palcoscenici, il carattere teatrale dell?evento prende il sopravvento. E non sai mai chi tenga le fila della regia. La sensazione è che tu alla fine venga usato per una rappresentazione pensata allo scopo di tenere sullo sfondo le questioni vere». Concretamente questo cosa significa: «Che dobbiamo smetterla di consumarci sulle strategie per Napoli e per il vertice Fao e concentrarci su scadenze nostre, che nessuno può usare per altri scopi». Quindi niente viaggi a Napoli e niente Roma? «Quelle scadenze affidiamole ai soggetti titolati per dire qualcosa di utile e costruttivo. Per esempio, sul vertice Fao ci sono 400 Ong che conoscono nei minimi dettagli le problematiche che li verranno affrontate. Se diventeranno loro gli interlocutori otterremo risultati molto più concreti che non portando in piazza qualche decina di migliaia di persone. Insomma, smettiamola di inseguire i vertici in ogni angolo del mondo. Quella è la logica di Bovè, ma crea una personalizzazione del conflitto, proprio come piace ai media». E gli altri devono starsene tutti a casa: «Beh, non è che un mondo più giusto lo costruisci andando in piazza un paio di volte all?anno. Lo costruisci dove vivi, dove studi, dove lavori dando corpo a reti e a rapporti associativi nuovi. E poi c?è una grande scadenza per tutti, questa sì importante: la marcia Perugia Assisi. Quello è un gesto che appartiene alla nostra storia e che ci permette di dire al mondo le cose che più ci premono». In tanti chiedono ai cattolici di esser più protagonisti all?interno di un ipotetico Italy social forum. Lei è d?accordo? «Come potrei non esserlo. Non per il gusto di un?egemonia ma per condividere un?esperienza di vita, fondata sul Vangelo, e che è irriducibile a ogni visione schematica delle cose». E i cattolici che a Genova non c?erano? «C?è una grande positività anche in loro. Anche se non sono d?accordo in questo privilegiare la testimonianza come alternativa a un progetto di dimensione pubblica e di valore politico. Per me non sono alternativi, una dimensione rafforza e rende più vera l?altra». Lei si riferisce in particolare alla Compagnia delle opere. Settimana scorsa è stato ospite del Meeting, che impressione ne ha tratto: «Ho visto una cosa molto diversa da quella raccontata dai giornali. Ho visto un grande impegno educativo, legato al tema scelto che era davvero decisivo: il rapporto tra l?uomo e l?eternità. Ero con mia figlia quindicenne, che poco sa di chi aveva organizzato il Meeting, ma che è rimasta affascinata da quelle mostre e dalle ipotesi che suggerivano. Poi sui giornali si leggeva un?altra storia»?. Morale? «Come nel caso di Genova dobbiamo imparare che l?illuminazione mediatica porta a volte più danni che benefici. Dobbiamo smetterla di inseguire i titoli dei giornali. La realtà la si costruisce da un?altra parte?» Alcune opinioni Galli della Loggia Quale senso storico, e diciamo pure quale convenienza politica, avrebbe mai oggi, per una Chiesa che si vuole di tutte le genti, identificarsi con un sesto appena della popolazione del pianeta e con un sistema culturale non solo inviso ai rimanenti cinque sesti ma il quale mostra per giunta, con mille segni, cosa farsene di lei e della sua sede? Dopo la secolarizzazione la Chiesa non potrà mai più tornare ad essere la Chiesa dell?Occidente, soltanto dell?Occidente. Massimo Cacciari Caso unico in Europa, in questo movimento c?è una componente cattolica molto forte che è cresciuta durante l?anno giubilare. È un fenomeno di grande importanza e valore per questo Paese. Finalmente si vede una nuova generazione che si appassiona e che partecipa. Vittorio Agnoletto Desidero esprimere la mia piena solidarietà a tutte quelle realtà del mondo cattolico che hanno deciso ognuna secondo un proprio originale percorso (dentro o fuori il Gsf), di esprimere il proprio dissenso dalle regole di questa globalizzazione; la testimonianza concreta di un?ispirazione religiosa, che si confronta concretamente con la dimensione storica del presente, è un?importante risorsa per tutti. Luca Casarini I cattolici sono una grande risorsa di questo movimento. Te lo giuro: sarei disposto a qualunque sacrificio politico per non rinunciare all?unità coi cattolici. Guarda che la mia non è un?idea tattica, è un?idea strategica, di valori. Perché i gruppi cristiani ci hanno insegnato tantissime cose. La concretezza, il senso vero della solidarietà, e poi ci hanno insegnato la cultura, cioè la necessità di cambiare gli stili di vita, le aspirazioni. La sinistra tradizionale questo non lo aveva mai capito. Era interna al modello culturale del capitalismo. Se perdiamo il movimento dei cattolici perdiamo più della metà del movimento. Anche per questo io sono disponibile a qualunque mediazione. Insieme… Adriano Sofri Anche chi non abbia letto Gandhi o visto il suo film, e si ricorderà di quelle file successive di persone che prendevano il loro posto per essere bastonate a sangue in Sudafrica. E che la nonviolenza non è un mezzo, da preferire o meno alla violenza, ma un fine. I cattolici, che hanno preso tanta e così varia parte, allo stato d?animo che un giorno si è messo insieme a Genova, hanno un esempio turbante, a prenderlo sul serio, in quel Gesù e nella sua condanna a morte.


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