Cultura

Cattolici e guerra: una nuova setta. Ecco i cristianisti

Un nuovo genere di cristianesimo s'aggira per l'Europa, quello militante.

di Lucio Brunelli

Un nuovo genere di cristiani s?aggira per l?Europa. Sono i ?cristianisti?. Ne circolano varie specie, alcuni indossano la tonaca, altri giacca e cravatta. C?è la versione aristocratica e quella scapigliata. Ma in comune tutti i cristianisti hanno il piglio del cattolico da combattimento. Basta chiacchiere ecumeniche, occorre un?identità forte. Si sentono minoranza. Ma non calano le brache, loro. In politica stanno di preferenza col centrodestra, in economia sono ultraliberisti, a livello internazionale, ferventi americanisti.
E fin qui di anticonformismo non sembrerebbe essercene molto. Ma la vera novità dei cristianisti non è la scelta dello schieramento. È il pathos che ci mettono. Lo spirito di militanza. E soprattutto la forte motivazione ideologico-religiosa. Dalla teologia dell?unicità di Cristo Salvatore discende senza dubbi un atteggiamento belligerante verso l?Islam. Dalla critica ortodossa del pelagianesimo viene l?accusa sprezzante a quei cristiani che si dedicano prevalentemente alle iniziative sociali in favore degli ?ultimi?. Dalla denuncia dell?irenismo teologico si arriva all?entusiasmo (non solo approvazione, ma entusiasmo) per le spedizioni militari alleate.
Tutte queste caratteristiche sono l?essenza del perfetto cristianista. Fenomeno nuovo, senza dubbio, almeno relativamente agli ultimi anni. Minoritario ma non quanto si crede, perché si innesta (estremizzandole) in tendenze dottrinali e politiche che trovano spazio anche in alcuni settori della gerarchia ecclesiastica.
Il vero punto di lontananza con i cristianisti non è una differenza di vedute politiche. È questo uso del cristianesimo come un vessillo ideologico. È sbagliato sostenere che Cristo è l?unico salvatore dell?uomo e che le religioni non sono equivalenti e interscambiabili? No, è la dottrina cattolica. Ma un conto è percepire il cristianesimo come ?contenuti di Verità? da impugnare contro gli altri. Un altro è riconoscere gratuitamente quell?unicità in una Presenza dal volto umano, e riconoscerla in forza di un?attrattiva. Sembra una quisquilia teologica. Ma non lo è. Dal primo approccio deriva, o può derivare più facilmente (la storia insegna), un atteggiamento rigido, di compiacimento e superiorità. Insomma un atteggiamento integralista. Può capitare invece di percepire il cristianesimo non innanzitutto come ?contenuti di verità? ma come il fascino di una presenza unica, che ti attrae e ti persuade innanzitutto per l?impatto umano che ha. Per la corrispondenza sorprendente con le esigenze della ragione e del cuore. Proprio perché assolutamente gratuita (sovrannaturale) e non dovuta, questa Presenza ti fa sentire tutto tranne che ?migliore? di altri. Proprio perché nella sua essenza più profonda è un?attrattiva misericordiosa, tutto può essere tranne che imposta. Conseguenze umane, anche psicologiche, che costituiscono il più efficace antidoto contro la pretesa integralista.
Per restare all?esempio attualissimo dell?Islam. I cristianisti irridono e giudicano dei traditori quei cattolici come Andreotti che, sulle orme del Concilio Vaticano II, si sforzano di tessere una trama di rapporti e amicizia con i paesi musulmani.
Ai cristianisti infatti interessa la presunta purezza della loro ideologia cattolica, non la vita concreta dei singoli cristiani. Ignorano quanti sacerdoti siano stati ?salvati? in situazioni difficili e senza pubblici proclami proprio grazie a quella trama di rapporti. Per non parlare dell?evoluzione di regimi considerati in passato ?terroristi?come la Libia e l?Iran. Evoluzione resa possibile proprio grazie a una diplomazia paziente e ispirata a un sano realismo cattolico. Se fossero i cristianisti a guidare Chiesa e nazione, ci sarebbe da tremare. Per tanta irresponsabilità pari solo a tanta presunzione.

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