Noi, local insider

Caterina, Simone e un cammino partecipato sul Lago Maggiore

Prosegue il viaggio alla scoperta dei local insider che animano le aree interne e le loro comunità. Tracciaminima è nata da un’estate di esplorazione che ha portato alla mappatura partecipata di un cammino che oggi è di tutti. Nell’anno delle Radici italiane nel mondo cuce itinerari per italo-discendenti

di Daria Capitani

Agosto 2020, la prima estate nel cuore della pandemia. Gli occhi stropicciati dalle prime giornate all’aperto, nel sole, dopo mesi di lockdown, lo stordimento di un quotidiano fino a pochi mesi prima impensabile. Li immagino così Caterina Salvo e Simone Foscarini, insieme ad altri due ragazzi nella loro primissima avventura nelle terre dei sette laghi. Siamo a Varese, in Lombardia. Quattro giovani tra i 25 e i 30 anni decidono di percorrere a piedi l’intero giro del Lago Maggiore. Non lo sanno, ma sarà la miccia di un progetto che cambierà le loro vite e quella del territorio che abitano.

Il nostro è un lavoro costante fatto di presenza sul territorio, di ascolto e di messa a sistema reale di quello che accade: l’innovazione nelle aree interne non è soltanto potenziale, esiste, c’è in molte realtà che propongono nuovi paradigmi

Caterina Salvo e Simone Foscarini

«Volevamo uscire dalla porta di casa e riappropriarci degli spazi aperti, usare i sentieri come fili per ricostruire un tessuto territoriale, per unire di nuovo le sponde, magari anche meglio di prima», raccontano i due fondatori, che sono una coppia anche nella vita. «Nasce così Tracciaminima: con un’estate di esplorazione che è diventata mappatura partecipata di un cammino che oggi è di tutti». La forma è quella dell’associazione di promozione sociale (è parte di Rete Rifai, la rete italiana dei giovani facilitatori delle aree interne) che oggi vede, accanto a Salvo e Foscarini, Ambra Molinari, Elia Origoni e Mattia Gadda, più altri cinque collaboratori: dopo la mappatura partecipata, il prossimo passo è l’installazione di una segnaletica dedicata. «Portiamo avanti l’idea che un cammino partecipato sia in grado di creare legami sul territorio facendo della lentezza, anche nei processi, il suo punto di forza. Ci occupiamo di turismo di prossimità e di creazione di itinerari di non-turismo per guardare alle comunità come agenti centrali e indispensabili per uno sviluppo sostenibile dei luoghi. Un’idea che superi la divisione tradizionale tra le due sponde del lago e promuova un turismo responsabile, di supporto alle piccole realtà lungo il percorso».

Tracciaminima ha vinto l’edizione 2023/2024 del Corpo Europeo di Solidarietà, finanziamento europeo gestito per l’Italia dall’Agenzia nazionale per i giovani, che supporta progetti volti al miglioramento delle comunità locali tramite iniziative inclusive e sostenibili realizzate da under30. Considerata la natura frammentaria del territorio che si affaccia sul lago Maggiore, diviso tra due Stati, due regioni e tre province, il progetto ha coinvolto le comunità presenti lungo il tracciato in un calendario di eventi volti a sensibilizzare sull’accessibilità dei percorsi escursionistici.

Nell’anno delle Radici italiane nel mondo, è referente per la Lombardia di Italea, rete di ricercatori, guide e operatori turistici che organizza itinerari destinati a italo-discendenti interessati a scoprire i luoghi dai quali emigrarono i propri antenati. «È un turismo di ritorno fortemente identitario ed emozionale», spiegano Salvo e Foscarini. «Le persone si commuovono quando incontrano parenti mai conosciuti prima, vedono la chiesa in cui si sposarono i bisnonni o luoghi conosciuti soltanto grazie a vecchie fotografie. Si tratta di un’esperienza davvero trasformativa sia per chi viaggia sia per chi accoglie, una forma di turismo sostenibile per natura proprio perché va a valorizzare i piccoli centri spesso ancora oggi soggetti a spopolamento».

Quali competenze servono per rispondere ai bisogni di un territorio?

Occorre un senso di cura e responsabilità nei confronti del contesto. È una forma di attivismo che cerchiamo di trasmettere sempre.


Qual’è la chiave per incidere e creare un impatto positivo sulle aree interne?

È una domanda difficilissima. Una cosa che forse non si sottolinea mai abbastanza è il fattore tempo: l’impatto positivo richiede tempo e il tempo richiede pazienza. Si tratta di un lavoro costante fatto di presenza sul territorio, di ascolto e di messa a sistema reale di quello che accade: l’innovazione nelle aree interne non è soltanto potenziale, esiste, c’è, ci sono già molte realtà che a diverso titolo insistono nel voler proporre nuovi paradigmi. Da qui l’esigenza di “uscire” dalla propria dimensione locale, confrontarsi con altre esperienze in altri territori, in Italia come all’estero. Rifai per noi è stata una risorsa incredibile: nel 2021 abbiamo viaggiato in Sicilia per incontrare realtà delle aree interne nei Sicani e abbiamo approfondito la governance di altri cammini. Ci piace l’idea di osservare altrove e riportare “a casa” quanto visto, imparato, appreso. Sarà un impatto vero proprio perché corale.

Se doveste dare un nome alla vostra professione, quale sarebbe?

Animatore territoriale e community manager sono le definizioni che meglio qualificano quello che facciamo: le attività di mappatura, le uscite sul territorio, la co-progettazione di itinerari hanno sempre il fine di coinvolgere e attivare il territorio.

C’è un episodio che vi ha fatto capire di essere sulla strada giusta?

Non c’è un episodio ma ci sono persone, tante, che in questi anni si sono sentite parte del progetto o ne sono state coinvolte: non finiamo mai di sorprenderci delle connessioni che si creano e dell’infinito potenziale che si muove. Sapere di essere circondati da persone che sostengono la tua visione e che sono pronti a dare una mano racchiude forse il senso di questo lavoro, il senso di creare nuove forme di comunità.

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Le immagini sono di Tracciaminima e di Maria Salvi e Giulio Nascimben per Tracciaminima.

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