Mondo

Castro: la fine di un’epoca

Un genio geopolitico e un feroce dittatore. Le conseguenze della rinuncia al potere di Fidel Castro e le prospettive per Cuba

di Paolo Manzo

Paolo Manzo da San Paolo (Brasile) – Dopo 49 anni e due giorni di potere ininterrotto e incontrastato Fidel ha passato la mano. Annunciata ieri mattina da lui stesso con una lettera al popolo cubano, la notizia ha fatto il giro del mondo in pochi minuti. Non poteva essere altrimenti dal momento che il líder máximo della rivoluzione cubana era alla guida dell?isola caraibica dal lontano primo gennaio del 1959, quando rovesciò la dittatura di Fulgencio Batista. Fidel ha, dunque, passato la mano e, dopo mezzo secolo di dominio era anche ora ma, per dirla alla Giuliano Ferrara, in realtà lo ha fatto ?dopo un solo ed ininterrotto mandato?. Al di là delle battute ? ma sino a un certo punto, un mandato di 49 anni e due giorni è il sogno inconfessato di molti politici nostrani – alcune cose è bene chiarirle subito, a scanso di equivoci e a costo di essere brutali. Dal punto di vista geopolitico Fidel Castro è stato un genio, riuscendo a passare indenne attraverso decenni che, inesorabili come solo il trascorrere del tempo può essere, hanno seppellito e/o sconfitto tutti i leader con cui il capo dei ?barbudos? rivoluzionari ebbe a che fare, alleati o nemici che fossero. Decine sono le istantanee che collegano la barba di Castro ai grandi fatti della Storia moderna ma quella che ci preme ricordare e che meglio spiega la sua ?leggenda? è la crisi dei missili cubani che trascinò sull?orlo di una guerra nucleare il mondo intero. Da un lato gli Stati Uniti di John Kennedy dall?altro l?Urss di Nikita Krushev. Era la fine del 1962 e Giovanni XXIII fu decisivo nello scongiurare il conflitto. Il Papa buono morì di lì a sei mesi, Kennedy fu assassinato a Dallas un anno dopo, Krushev fu ?convinto? dai compagni comunisti a ritirarsi nella sua dacia nel 1964. Castro, che sembrava destinato ad un rapido declino, era invece solo all?inizio della sua carriera che, nei successivi 44 anni, lo avrebbe visto testimone privilegiato prima della Guerra Fredda, poi del crollo del Muro di Berlino e dell?impero sovietico, negli ultimi 7 anni della lotta al terrorismo islamico del post 11 settembre. Nello stesso periodo alla guida degli Stati Uniti, il nemico storico di Fidel a causa dell?embargo economico e, dice lui, di 634 attentati da parte della Cia (!), si succedevano, nell?ordine Lyndon B.Johnson, Richard Nixon, Gerald Ford, Jimmy Carter, Ronald Reagan, George Bush padre, Bill Clinton e George Bush figlio? Dal punto di vista morale, Castro è stato invece un dittatore feroce. Intelligente e furbo fin che si vuole ma senza alcun dubbio un dittatore feroce. Lo testimoniano i numeri dei profughi – con lui al potere un terzo dei cubani è fuggito dal ?paradiso comunista? rischiando la propria vita – le condanne a morte e gli oltre 50 prigionieri politici che ancora oggi marciscono nelle prigioni del popolo cubane. Ancora oggi a Cuba solo chi fa parte della nomenclatura rivoluzionaria può permettersi di comprarsi una macchina, viaggiare all?estero, avere un telefono e persino navigare liberamente in Internet. Gli altri sopravvivono grazie al turismo, il contrabbando e la prostituzione. Ma qual è il significato dell?annuncio di Fidel di ieri, arrivato 19 mesi dopo che una misteriosa malattia l?aveva tolto di scena costringendolo a passare ?temporaneamente? il potere al fratello Raúl? In prospettiva futura è enorme perché, adesso, una cosa è certa: senza il líder máximo nulla sarà più come prima nell?isola caraibica, anche se domenica 24 febbraio il Parlamento cubano deciderà di sostituirlo alla guida della revolución con il fratello. Nulla sarà come prima perché, al di là dei desideri di conservazione del potere, se Fidel ha 81 anni, Raúl di anni ne ha comunque 76 e, dunque, non è pensabile una continuità di famiglia, non fosse altro che per motivi anagrafici. Poi perché nei 19 mesi in cui Castro si è defilato dalla scena causa malattia Cuba ha dato comunque dei segni di apertura e cambiamento simili, a ben guardare, a quelli che contraddistinsero la Cina qualche anno fa. Oggi, per esempio, è molto più breve rispetto a qualche anno fa ottenere i visti necessari per entrare a Cuba, chi cerca di fuggire ed è poi rimpatriato non finisce più in prigione né è torturato e persino gli studenti ?rivoluzionari? si permettono di criticare il regime. Certo, in modo flebile e sempre costruttivo ma, sino a poco tempo fa, queste libertà che a noi sembrano minime erano una chimera per gli abitanti dell?Avana. Persino l?annuncio della visita ufficiale del Segretario di Stato vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone – cominciata oggi e che durerà sino al prossimo 26 febbraio ? rientra in questo timido nuovo corso post-Fidel dal momento che è stato fatto in modo del tutto inedito dal cardinale Jaime Ortega alla televisione di stato. Un segnale abbastanza forte della volontà di dialogo (o della necessità, dipende dai punti di vista) che oggi Cuba ha nei confronti della Santa Sede. Per quanto concerne, invece, le relazioni con gli Stati Uniti, Bush ha già detto che la cessione del potere da parte di Castro non cambia nulla e che l?embargo di Washington continuerà. Di tutt?altro avviso il candidato democratico Barak Obama che ha già annunciato, se dovesse vincere, di essere disposto a dialogare anche con i nemici, compresi i successori ?rivoluzionari? di Fidel Castro.


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