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Cassazione: no ai decreti razzisti

No alle discriminazioni su base etnica. Soddisfatta l'AiBi. Enzo B polemico. Le riflessioni di Ciai e Cifa

di Benedetta Verrini

Le coppie di aspiranti genitori che, nelle procedure delle adozioni internazionali, dichiarano davanti al giudice di volere solo minori di determinate etnie ora rischiano di vedersi negare l’idoneità.

Lo ha stabilito la Cassazione, dando la sua parola definitiva alla questione dei decreti razzisti, promossa settimane fa dalla Procura generale in merito al caso di una coppia siciliana.

In casi di rifiuto di bambini di colore il magistrato, dice la Corte, non solo non deve convalidare decreti di adozione che contengono simili esclusioni discriminatorie, ma deve mettere in discussione la capacità stessa della coppia a candidarsi per l’adozione in generale. Lo ha deciso la Cassazione nella sentenza 13332, appena pubblicata e riferita al caso di una coppia siciliana che voleva adottare solo bimbi di etnia europea.

Le prime reazioni degli enti
“Per AiBi si conclude una battaglia iniziata 10 anni fa”, commenta Marco Griffini, presidente di AiBi. “La Cassazione ha dato finalmente l’indicazione di cosa sia l’adozione internazionale, con una sentenza di enorme impatto culturale. Credo che questa pronuncia possa finalmente aprire la strada a una nuova cultura dell’accoglienza, in cui un bambino ha diritto ad essere amato indipendentemente dal colore della sua pelle, dalla sua età, dal sesso, dal suo stato di salute”.

Come la prenderanno le coppie in attesa? AiBi ha realizzato un sondaggio tra i circa 6mila utenti del suo sito e l’80% di loro si era già espresso a favore di una sentenza “positiva” della Cassazione. “Ora è importante”, ha concluso Griffini, “Lavorare più intensamente sul fronte della formazione, perché la coppia venga davvero accompagnata all’accoglienza di un figlio”.

“I bambini sono tutti uguali, è ingiusto fare una scelta”, dice Valeria Rossi Dragone, presidente del Ciai, ente che lavora da 40 anni nel settore dell’adozione e ribadisce nel suo stesso statuto l’indicazione dell’uguaglianza e dell’impossibilità di “scegliere” i figli in base all’etnia. “Non si tratta di un atteggiamento vessatorio nei confronti delle coppie, ma di rispetto verso i bambini del mondo”, prosegue la presidente. “Anche perché la diversità di un bambino adottato non si ferma al colore della pelle. C’è una tale complessità di componenti e variabili che i futuri genitori devono essere preparati. E certamente non limitarsi a ritenere che un bambino etnicamente simile non avrà nessun problema d’inserimento”.

Del tutto fuori dal coro, la voce di Stefano Bernardi, di Enzo B, ente quasi “specializzato” sulle adozioni in Africa. Chiamato in causa, vista la maggioranza dei bambini di colore che fa adottare in Italia, Bernardi prende le distanze da “questa idea praticamente monocorde di genitorialità eroica”.

“Qualcuno mi deve spiegare perché devo bollare come indegna”, prosegue Bernardi, “una giovane coppia che vive in un paesino delle montagne piemontesi e che timidamente confessa la sua preoccupazione ad accogliere un bambino di colore. L’inserimento di un minore va valutato nel contesto, tenendo conto di tutti i fattori. Sono ben consapevole che alcune coppie considerano l’idoneità vincolata quasi come una “patente” ad adottare bambini secondo le loro preferenze, ma restano una minoranza rispetto ai tanti che sono genitori normali, che confessano le loro paure e le loro inadeguatezze. Se non teniamo conto di questo, allora eliminiamo del tutto l’idoneità e diciamo che ci baseremo solo sul parametro dell’eroismo”.

Bernardi si spinge anche oltre, ricordando che Enzo B non ha mai condiviso la battaglia sui decreti vincolati “perché è ipocrita e strumentale al minor numero di minori adottabili in alcuni paesi stranieri. In altre parole”, dice Bernardi, “Io mi domando: ci si batte per quei bambini perché diversi o perché non ci sono rimasti che quei bambini da adottare?”.

“Mi piacerebbe davvero avere un confronto con il presidente di Enzo B su questo argomento”, ribatte Gianfranco Arnoletti, presidente del Cifa. “Prima di tutto, direi che in un paese come il nostro non è possibile “ufficializzare” il razzismo lasciando che la modalità dei decreti vincolati diventi una prassi consolidata. Quindi, in questo senso, la Cassazione ha fatto una sentenza quasi scontata. In seconda battuta, vorrei dire che la questione dell’etnia è solo la punta di un iceberg. Chi non si sente pronto ad accogliere un bambino scuro, forse non ha gli strumenti per essere genitore anche rispetto ad altri ostacoli e problemi. Spero che le coppie non abbiano paura di questa sentenza, ma capiscano che è importante essere onesti con se stessi fin dall’inizio. Anzi, ritengo fondamentae che la formazione all’adozione internazionale sia fatta prima della richiesta dell’idoneità, in modo che ci sia il tempo per capire davvero se è il caso di andare fino in fondo nel progetto di famiglia. E’ molto più difficile, infatti, dire: “No, non fa per me”, quando l’idoneità è già stata ottenuta”. 

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