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Cassazione, le reazioni degli enti
Soddisfatta l'AiBi. Enzo B polemico. Le riflessioni di Ciai e Cifa
Una sentenza netta, senza possibilità di fraintendimenti. La Cassazione, in una sentenza pubblicata oggi (la n.13332) che fa seguito a un esposto di AiBi promosso il 28 aprile scorso dalla Procura Generale, ha detto no ai decreti d’idoneità alle adozioni vincolati al colore della pelle dei minori.
Il principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte ricorda che il decreto di idoneità pronunciato dal tribunale per i minorenni “non può essere emesso sulla base dei riferimenti alla etnia dei minori adottandi, né può contenere indicazioni relative a tale etnia”.
E aggiunge un’indicazione ancora più forte: “Ove tali discriminazioni siano espresse dalla coppia di richiedenti, esse vanno apprezzate dal giudice di merito nel quadro della valutazione della idoneità degli stessi alla adozione internazionale“. Insomma, se non si sentono pronte all’adozione di un bimbo di un’altra etnia, dicono i supremi giudici, forse le coppie non dovrebbero nemmeno adottare.
La Cassazione ricorda quattro articoli della Costituzione che sono contenuti in questo principio: l’articolo 2 sui diritti inviolabili dell’uomo; l’articolo 3 sull’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, che si applica anche a tutela degli stranieri; gli articoli 10 e 117 che fanno riferimento “agli obblighi assunti dallo Stato italiano con la stipulazione di Convenzioni internazionali”.
Le reazioni
“Per AiBi si conclude una battaglia iniziata 10 anni fa”, commenta Marco Griffini, presidente di AiBi. “La Cassazione ha dato finalmente l’indicazione di cosa sia l’adozione internazionale, con una sentenza di enorme impatto culturale. Credo che questa pronuncia possa finalmente aprire la strada a una nuova cultura dell’accoglienza, in cui un bambino ha diritto ad essere amato indipendentemente dal colore della sua pelle, dalla sua età, dal sesso, dal suo stato di salute”.
Come la prenderanno le coppie in attesa? AiBi ha realizzato un sondaggio tra i circa 6mila utenti del suo sito e l’80% di loro si era già espresso a favore di una sentenza “positiva” della Cassazione. “Ora è importante”, ha concluso Griffini, “Lavorare più intensamente sul fronte della formazione, perché la coppia venga davvero accompagnata all’accoglienza di un figlio”.
“I bambini sono tutti uguali, è ingiusto fare una scelta”, dice Valeria Rossi Dragone, presidente del Ciai, ente che lavora da 40 anni nel settore dell’adozione e ribadisce nel suo stesso statuto l’indicazione dell’uguaglianza e dell’impossibilità di “scegliere” i figli in base all’etnia. “Non si tratta di un atteggiamento vessatorio nei confronti delle coppie, ma di rispetto verso i bambini del mondo”, prosegue la presidente. “Anche perché la diversità di un bambino adottato non si ferma al colore della pelle. C’è una tale complessità di componenti e variabili che i futuri genitori devono essere preparati. E certamente non limitarsi a ritenere che un bambino etnicamente simile non avrà nessun problema d’inserimento”.
Del tutto fuori dal coro, la voce di Stefano Bernardi, di Enzo B, ente quasi “specializzato” sulle adozioni in Africa. Chiamato in causa, vista la maggioranza dei bambini di colore che fa adottare in Italia, Bernardi prende le distanze da “questa idea praticamente monocorde di genitorialità eroica”.
“Qualcuno mi deve spiegare perché devo bollare come indegna”, prosegue Bernardi, “una giovane coppia che vive in un paesino delle montagne piemontesi e che timidamente confessa la sua preoccupazione ad accogliere un bambino di colore. L’inserimento di un minore va valutato nel contesto, tenendo conto di tutti i fattori. Sono ben consapevole che alcune coppie considerano l’idoneità vincolata quasi come una “patente” ad adottare bambini secondo le loro preferenze, ma restano una minoranza rispetto ai tanti che sono genitori normali, che confessano le loro paure e le loro inadeguatezze. Se non teniamo conto di questo, allora eliminiamo del tutto l’idoneità e diciamo che ci baseremo solo sul parametro dell’eroismo”.
Bernardi si spinge anche oltre, ricordando che Enzo B non ha mai condiviso la battaglia sui decreti vincolati “perché è ipocrita e strumentale al minor numero di minori adottabili in alcuni paesi stranieri. In altre parole”, dice Bernardi, “Io mi domando: ci si batte per quei bambini perché diversi o perché non ci sono rimasti che quei bambini da adottare?”.
“Mi piacerebbe davvero avere un confronto con il presidente di Enzo B su questo argomento”, ribatte Gianfranco Arnoletti, presidente del Cifa. “Prima di tutto, direi che in un paese come il nostro non è possibile “ufficializzare” il razzismo lasciando che la modalità dei decreti vincolati diventi una prassi consolidata. Quindi, in questo senso, la Cassazione ha fatto una sentenza quasi scontata. In seconda battuta, vorrei dire che la questione dell’etnia è solo la punta di un iceberg. Chi non si sente pronto ad accogliere un bambino scuro, forse non ha gli strumenti per essere genitore anche rispetto ad altri ostacoli e problemi. Spero che le coppie non abbiano paura di questa sentenza, ma capiscano che è importante essere onesti con se stessi fin dall’inizio. Anzi, ritengo fondamentae che la formazione all’adozione internazionale sia fatta prima della richiesta dell’idoneità, in modo che ci sia il tempo per capire davvero se è il caso di andare fino in fondo nel progetto di famiglia. E’ molto più difficile, infatti, dire: “No, non fa per me”, quando l’idoneità è già stata ottenuta”.
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