Welfare

Cassazione: alimentazione e idratazione non sono accanimento

La Cassazione ha rinviato al tribunale di Milano la decisione sul caso Englaro, indicando alcuni principi

di Redazione

La Corte di Cassazione, con sentenza depositata oggi, ha rinviato il caso di Eluana Englaro ad
una diversa sezione della Corte d’Appello di Milano, indicando però il principio di diritto a cui tale Corte si adeguerà per decidere se idratazione e alimentazione artificiali devono esere staccati o meno.
La Corte di Cassazione ha escluso che l’idratazione e l’alimentazione artificiali con sondino
nasogastrico costituiscano, in sè e oggettivamente, una forma di accanimento terapeutico, pur essendo indubbiamente un trattamento sanitario. Il giudice, su istanza del tutore, può autorizzarne l’interruzione soltanto in presenza di due circostanze concorrenti:
a) la condizione di stato vegetativo del paziente sia apprezzata clinicamente come irreversibile, senza alcuna sia pur minima possibilità, secondo standard scientifici internazionalmente riconosciuti, di recupero della coscienza e delle capacità di percezione;
b) sia univocamente accertato, sulla base di elementi tratti dal vissuto del paziente, dalla sua personalità e dai convincimenti etici, religiosi, culturali e filosofici che ne orientavano i comportamenti e le decisioni, che questi, se cosciente, non avrebbe prestato il suo consenso alla continuazione del
trattamento.

La sentenza è stata commentata dal Primo Presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone.
La Cassazione ha precisato che diversamente da quanto ritiene il ricorrente, ovvero il papà di Eluana Englaro, al giudice non può essere richiesto di ordinare il distacco del sondino nasogastrico, poiché alimentazione e idratazione artificiali non sono di per sé accanimento terapeutico. “L’intervento del giudice – ha detto la Cassazione – esprime invece una forma di controllo della legittimità della scelta nell’interesse dell’incapace”.

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