Non profit

Caso Unipol, le vere colpe dei ds

Il direttore Riccardo Bonacina risponde ai lettori

di Riccardo Bonacina

Non sono d?accordo con la chiusa rituale del suo editoriale del numero scorso di Vita, «Perché gridare viva le coop». Anche voi a sparare sui Ds? Io sono iscritto ai Ds, e prima al Pci, e conosco da vicino la cooperazione perché,tra l?altro, sono socio di una coop, settore sociale. I Ds sono nei fatti protagonisti in positivo della cooperazione, conosco centinaia di compagni che ci lavorano o ci fanno volontariato; cosa vuol dire che abbiamo usato la cooperazione? La cooperazione fa parte del patrimonio identitario nostro. Senza di noi e della nostra storia, che non è al macero ma continua ad evolvere coi tempi, la cooperazione sarebbe modesta cosa. E quanto alla correttezza: se un ente locale affida, dalle mie parti,un incarico a una coop, lo fa perché ha fatto l?offerta migliore. Alla mia coop capita di non avere un appalto da un ente locale amministrato dalla sinistra, ed è giusto che sia così se l?ente individua una proposta più valida. Se si è iscritti a un partito di massa come i Ds capita di frequente di avere la stessa tessera in tasca dell?interlocutore istituzionale. Quello che conta è che ci sia il senso degli interessi della comunità, e si seguano le leggi, anche nello spirito. Le parrà strano, ma i Ds che conosco lo fanno. C?è qualche pecora nera? Tutto ciò che partecipa della natura umana può essere presente anche nella cooperazione. L?importante è cogliere e correggere i comportamenti non etici, e questo accade quando, come è il nostro caso,c?è il controllo collegiale delle decisioni. Questo, nelle coop che conosco c?è. Le dico anche una cosa: non sono, nei Ds, un alto papavero: sono un compagno tra i tanti che fa politica come partecipazione democratica alla cosa pubblica. Giacomo Minaglia, iscritto Ds di Crema e socio Coop Sentiero di Cremona Caro Minaglia, anch?io sono socio di una cooperativa sociale e frequento la cooperazione da tanti anni. Sono talmente orgoglioso di questa storia che non finisco mai di scoprire e approfondirne radici e ragioni. Sono orgoglioso esattamente come lei, perciò siamo l?unico giornale che ha saputo gridare «Viva le coop» spiegandone il perché con un numero quasi totalmente dedicato al tema. La chiusura del mio editoriale non è stata affatto una chiusa rituale, ma è frutto di amarezza vera verso una classe dirigente, quella nazionale dei Ds, che in questi anni ha inseguito le logiche del mercato senza capire il danno che faceva verso le radici stesse della sua storia. Quello che imputo a D?Alema & Co non è l?appartenenza a una storia, ma un difetto di appartenenza, un disconoscimento della storia della cooperazione e delle sue ragioni come modello economico alternativo al capitalismo finanziario e immateriale. La loro colpa è quella di aver provato a metter su una merchant bank a loro uso e consumo senza neanche accorgersi che esiste già un sistema di banche cooperative.


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