Non profit

Caso Tanzi. Punto e a capo

L'editoriale di Giuseppe Frangi sulle conseguenze del caso Parmalat.

di Giuseppe Frangi

La Iena del Manifesto, miglior corsivista del giornalismo italiano in questo inizio di millennio, ha assestato una zampata davvero velenosa martedì 13 gennaio. Sotto il titolo ?Ci?, ha scritto: “La destra difende i risparmiatori, la sinistra i banchieri. Con uno slogan elettorale così non ci ferma nessuno, ci pensiamo da soli”, (un corsivo tanto più sorprendente perché pubblicato da un giornale generalmente benevolo con Bankitalia e derivati). Il riferimento della Iena ovviamente è alla vicenda Tanzi, una vicenda che al di là della portata mirabolante e ancora misteriosa dello scandalo, sta ridisegnando equilibri e certezze in questo nostro Paese. La prima certezza, per esempio, è che i risparmiatori non hanno nessuna certezza, se non quella di essere l?anello debole del sistema, su cui si finiscono con lo scaricare tutte le sue magagne. Un anno di scandali e di truffe parlano più che a sufficienza, dal caso Cirio, al comportamento ambiguo di tanti istituti bancari sui bond argentini, dallo scandalo My way a quello di Banca 121, le troppe aziende portate in Borsa con la copertura di società di revisione acquiescenti o conniventi, e poi svelatisi improbabili baracconi. Ma su tutto il caso Parmalat ha segnato un salto di qualità, perché ha dimostrato che quell?intreccio malato tra industria, poteri economici e anche politica non era affatto casuale ma si era costituito a sistema. Ora quel sistema, com?era successo nel 1992 con il finanziamento dei partiti per mezzo delle tangenti, è crollato. Santuari sino a ieri intoccabili, vacillano. Che lezione si deve trarne? La prima è che, ancora una volta, il confine tra destra e sinistra riemerge quanto mai incerto e confuso, come ha suggerito la Iena del Manifesto. C?è una destra che sembra più libera dai lacciuoli di questo sistema e che si è buttata a capofitto nella difesa del partito dei risparmiatori, sperando anche in buoni profitti elettorali. E c?è una sinistra, vedi la ?ciambella di salvataggio? lanciata da Piero Fassino a Bankitalia, preoccupata di fare la difesa d?ufficio di istituzioni traballanti. Davvero il bipolarismo italiano si sta rivelando via via più imperfetto e più confuso. La seconda lezione che si può trarne è che, in questi anni, in troppi hanno usato dell?etica e della responsabilità sociale solo per copertura, per pura strategia di marketing. Cioè come maschera. Da quanti convegni, da quanti comunicati, da quante compiaciute autoassoluzioni siamo stati bombardati in questi anni recenti? Una vera giostra che ha diffuso un profumo di beatificazione attorno a un capitalismo invece profondamente malato, incapace di ripensarsi, appeso all?assistenzialismo più dello stesso sistema politico. Invece di tante parole ci sarebbe bisogno di regole più chiare, come ha suggerito Sergio Cusani (uno dei pochi ad aver pagato sino in fondo la fine di Tangentopoli): “Bisogna rompere il rapporto incestuoso tra società di revisione e aziende quotate”, ha detto, “i quattrini richiesti ai risparmiatori e al mercato devono essere tracciati”. La terza lezione, al più impietosa, riguarda l?informazione. Le pagine economiche, i giornali finanziari escono a pezzi da questa impressionante sequenza di scandali. Non un giornale che abbia saputo fiutare o anticipare il precipitare della situazione. Non un giornale che sia andato con libertà a leggere i bilanci delle società quotate in Borsa. Nel migliore dei casi perché non si possono pestare i piedi agli investitori pubblicitari. Nel peggiore perché le proprietà dei giornali sono parte integrante di quel sistema che ora si sta perdendo i pezzi. Che la questione del conflitto d?interessi sia diventata una questione nazionale e non più soltanto del presidente del Consiglio? Che risponderebbe la Iena in proposito?


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