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Caso Kosovo. Il j’accuse di Marco Vitale. Un Paese derubato del futuro

"Gli americani governano lo status quo. Gli europei sono dei fantasmi". L’analisi impietosa dell’ex commissario di Missione Arcobaleno.

di Stefano Arduini

L?ex commissario straordinario della Missione Arcobaleno-gestione fondi privati, che ha portato in Kosovo dopo i bombardamenti della primavera 99 oltre 120 miliardi di vecchie lire in aiuti umanitari, è “sconcertato, sorpreso e addolorato”. L?economista Marco Vitale ha infatti appena letto l?intervista rilasciata al Corriere della Sera dal generale Fabio Mini, capo missione di pace della Nato in Kosovo, che fotografa un Paese con un tasso di criminalità in continua ascesa e una disoccupazione all?80%. Non se lo aspettava. L?ultima guerra balcanica, voluta dall?intero asse occidentale, Stati Uniti, Germania, Francia e Italia a braccetto, ha lasciato quindi una nazione al tappeto, incapace di rialzarsi e camminare con le sue gambe “malgrado”, interviene ancora Vitale, “durante la prima fase post guerra si respirasse un clima di rinnovata fiducia”. Forse allora ancora si pensava che i 6/9 miliardi di dollari frutto delle donazioni occidentali potessero da soli rimettere in moto l?economia kosovara. E invece è completamente mancata la volontà politica.
Vita: Il generale Mini dice “Il Kosovo sta morendo”, com?è possibile?
Marco Vitale: Per capire quello che sta accadendo adesso bisogna fare un salto indietro. Fino a due anni fa, anche grazie all?aiuto delle ong che, dopo la fase di emergenza, si sono occupate della costruzione di case e scuole, l?economia sembrava stesse ripartendo. Noi eravamo a Peia. Una città che a un anno dalla guerra era ricostruita. Certo, sempre in situazione precaria, soprattutto per la minoranza serba. Ma c?era una visione: quella situazione doveva essere momentanea. Con le elezioni locali, infatti, si sarebbero dovuti formare i quadri che avrebbero preso in mano la situazione. A Peia fu costituita una giunta, che affiancava il governatore dell?Unmik.
Vita: Che cosa serviva questa giunta?
Vitale: Con loro parlavamo del futuro, progettavamo. Insomma, c?era la visione prospettica del futuro. Era l?embrione di una classe amministrativa locale capace di prendere in mano la situazione. Poi non se ne è saputo più nulla.
Vita: Intanto a capo della missione Onu si è insediato Michael Steiner, il terzo vertice dalla fine della guerra. In Kosovo il futuro non arriva mai?
Vitale: In quei momenti di speranza, io notai come l?ottimismo coinvolgesse un po? tutti, meno quei pochi americani che incontrai, pochi ma in posizione chiave, che erano lì per governare lo status quo. Non gliene importava nulla dello sviluppo del Paese. Gli interessava che la situazione non gli scappasse di mano. Punto.
Vita: E l?Europa?
Vitale: Un altro spettro. Tutti i Paesi europei erano rappresentati, ma l?Europa politica era assente. Scrissi anche a Prodi il quale mi rispose dicendomi quanto fosse difficile operare in quel quadro.
Vita: Che cosa le ha insegnato il Kosovo?
Vitale: Che il problema non è tanto fare le guerre, quanto gestire il dopoguerra. Se proprio bisogna usare le armi, è necessario farlo avendo in mente un progetto di ricostruzione. E se questo non è stato possibile in Kosovo figuriamoci nel Golfo…

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