Welfare

Caso Congo: quattro domande in attesa di risposta

L'inchiesta dell'Espresso pubblicata oggi apre uno squarcio inquietante sul mondo delle adozioni. Se tutto questo fosse vero e a conoscenza della Cai, perché su AiBi non è stato preso alcun provvedimento? Quali garanzie ci sono sulla reale condizione di adottabilità dei bambini? Perché tanta confusione a livello politico sulle adozioni? Perché le adozioni sono diventate un terreno di guerra?

di Sara De Carli

«Ladri di bambini». Questo è il titolo di oggi della copertina dell’Espresso (nella versione online il titolo è «Italiani ladri di bambini»). L’inchiesta a firma di Fabrizio Gatti accusa un ente autorizzato, AiBi, di essere stato a conoscenza del fatto che alcuni bambini del Congo, già abbinati a coppie italiane per l’adozione, non erano in realtà adottabili. AiBi, secondo quanto ricostruito, avrebbe saputo e non ha denunciato il fatto alla Commissione Adozioni Internazionali. E quando si è rivelato impossibile andare avanti con l’adozione dei bambini, ormai nei loro villaggi, AiBi – che nel frattempo non aveva più coppie in carico in Congo, dal momento che nel novembre 2014 le coppie gli avevano revocato il mandato – avrebbe attivamente ostacolato l’avanzamento delle procedure su diciotto minori provenienti dall’area di Goma. Per Gatti l’obiettivo era tenere i bambini «praticamente in ostaggio», poiché finché i bambini fossero rimasti a Goma «nessuna inchiesta potrà uscire allo scoperto e sfidare il rischio di ritorsioni».

Tutti i bambini adottati in Repubblica Democratica del Congo da famiglie italiane ora hanno potuto abbracciare i loro genitori. L’ultimo gruppetto, proprio quello proveniente da Goma, è arrivato in Italia il 10 giugno scorso. Ecco quindi che ora la storia, dice l’Espresso, può finalmente essere raccontata. Le accuse – le sentenze arriveranno dalla giustizia, se come dice Gatti l'autorità giudiziaria è stata informata – lasciano senza parole. Se non riaprire tante domande sulle adozioni.

La domanda spontanea

Se la Cai sapeva, perché su AiBi non è stato preso alcun provvedimento?

Se tutto questo è noto ed è documentato – Gatti tra l’altro fa cenno anche al fatto che l’autorità giudiziaria è stata informata di tutto da parte della Commissione Adozione Internazionali, per l’apertura di un’inchiesta penale – perché su AiBi non è stato preso alcun provvedimento? Non è una domanda retorica. Le famiglie hanno diritto di sapere quali sono gli enti «non seri», per usare le parole di Silvia Della Monica. Il magistrato ha parlato più volte di opacità riscontrate nelle adozioni ed esplicitamente di «qualche ente sotto inchiesta» ( chiunque si seguisse un po' le adozioni sapeva a chi si riferiva). Dell’inchiesta su AiBi, lo scrive anche Gatti, si sapeva pubblicamente perché il sottosegretario Andrea Olivero in una risposta a un’interrogazione parlamentare, il 5 marzo 2015 ne aveva fatto il nome. Disse Olivero: «Sono in corso due verifiche sulla permanenza dei requisiti di idoneità degli enti autorizzati e sulla correttezza, trasparenza ed efficienza della loro azione avviate a seguito di qualificate segnalazioni pervenute. Le verifiche sono state avviate nei confronti dell'ente Associazione Adozioni Alfabeto, e dell’ente AiBi». Quella di AiBi, aveva detto poi a Vita Marco Griffini «è iniziata il 26 settembre 2014 e si è conclusa il 26 marzo 2015». Senza conseguenze.

Perché? Possiamo immaginare due motivazioni. A tutela dei bambini, che erano ancora in Congo, oppure perché qualsiasi decisione in questo senso sarebbe stata contestata se presa dalla sola Silvia Della Monica anziché dalla Commissione (che è un organo collegiale) e d’altra parte sarebbe forse stato impossibile convocare la Commissione per parlare dell’inchiesta sull’ente, dal momento in cui nella Commissione siede un rappresentante del Forum Famiglie di cui AiBi fa parte: un cane che si morde la coda… Oppure perché era giusto così. Adesso però serve chiarezza.

Ladri di bambini

Quali garanzie ci sono sulla reale condizione di adottabilità dei bambini?

Sui social, nelle reazioni, si mischiano rabbia, indignazione e incredulità. I genitori adottivi non ci stanno ad essere indicati come «ladri di bambini», benché sia ovvio che nessuno di loro sia accusato di ciò. Le accuse di Gatti si rivolgono a soggetti precisi, ma la seconda domanda è: quali garanzie ci sono sulla reale condizione di adottabilità dei bambini? Tutti i bambini arrivati in Italia dal Congo hanno i dossier a posto, il Congo stesso durante la moratoria delle adozioni ha controllato e approvato uno per uno i dossier aperti, che si sono rivelati tutti completi e corretti. Eppure nelle adozioni internazionali questa è una questione che viene periodicamente a galla: bambini che una mamma o un parente in realtà lo avevano e che non intendeva darlo in adozione. Bambini arrivati in orfanotrofio solo per “farli studiare”, poiché le famiglie d’origine non avevano compreso – forse perché nemmeno gli era stato spiegato – cosa fosse in realtà l’adozione internazionale. È una domanda che interpella tutto il sistema, ineludibile: stiamo facendo tutto il possibile per evitare che cose del genere si ripetano?

La politica e le adozioni

Perché tanta confusione a livello politico sulle adozioni?

Annunciata il 10 maggio 2016 dal premier in un Consiglio dei Ministri, la nomina del ministro Boschi a presidente della CAI è stata firmata il 9 giugno. Il Dpcm delega al ministro Boschi le funzioni in materia adozioni internazionali e la presidenza della Cai, revocando da quel momento il decreto del 17 aprile 2014, con cui invece Renzi aveva invece delegato le funzioni al Vice Presidente della Commissione per le adozioni internazionali. Si ricompone una situazione anomala: era la prima volta nella storia della Cai in cui guida politica e guida tecnica si erano trovate congiunte nella stessa persona. Per Gatti è un «missile», l’ultima cartuccia di AiBi per bloccare i bambini di Goma. Un «tempismo spietato» nei confronti di Silvia Della Monica. Questione di ore, i bambini invece erano già partiti e l’indomani sarebbero arrivati a Roma. La nomina del ministro Boschi ha davvero il significato suggerito dall’inchiesta di Gatti o è il piuttosto il segno forte di un interesse diretto del Governo per le adozioni internazionali, un rafforzamento della Commissione? Più di una confusione a livello politico c’è stata, basti pensare al ruolo che il Ministero Affari Esteri ha avuto in una certa fase della vicenda Congo e ai toni che in alcuni comunicati hanno visto contraspposti Mae e Cai. Una parola esplicita della politica sulle adozioni internazionali oggi forse è necessaria.

La guerra delle adozioni

Perché le adozioni sono diventate un terreno di guerra?

Da qualche tempo le adozioni internazionali sono attraversate da grandi tensioni. Ovviamente non è solo la crisi dei numeri. Il caso RDC è stato un caso complicatissimo e delicatissimo e ha anche raggrumato attorno a sé prese di posizione polarizzate e contrapposte. Spesso in questi mesi la fine della questione Congo è stata invocata o minacciata come un redde rationem. La situazione nei rapporti fra enti ed enti, tra le famiglie, il loro ente e la Cai, tra gli enti e la Cai sono segnati da livelli di tensione elevatissimi. Il campo semantico di riferimento spesso è quello della guerra. Siamo in guerra? Che vinca il più forte? Noi non ci stiamo.

In copertina l'arrivo in Italia del primissimo gruppo di 31 bimbi adottati da 24 famiglie italiane, il 28 maggio 2014


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