Mondo
Caso Chavez: l’analisi del Washington Post
Questa mattina un editoriale del celebre quotidiano Usa, spiega come gli Stati Uniti vedono quanto è successo in Venezuela
di Paolo Manzo
Per il Washington Post in Venezuela vige un regime democratico “di convenienza”. La carta democratica dell’organizzazione degli stati americani, l’Osa, sponsorizzata in Perù dal segretario di stato Usa Colin Powell, contro la quale il presidente del Venezuela Hugo Chavez da sempre si è battuto, è stata infatti lo strumento grazie al quale Chavez, utilitaristicamente, è riuscito a risalire al potere dopo il colpo di stato del 12 aprile. Per questo ciò a cui adesso deve mirare l’Oas, osserva il Washington Post di stamane, è la realizzazione di un governo di coalizione che tenga conto della frammentazione della società venezuelana.
Chavez è stato il leader latino americano più agguerrito contro la carta Osa, che invita gli stati dell’emisfero occidentale alla condanna unanime e concordata di qualunque tentativo golpista. E ciò è comprensibile, prosegue nella sua lucida analisi il Wahington Post, in quanto Chavez è lo stesso ex militare che nel 1992 tentò un colpo di stato contro un governo venezuelano democraticamente eletto; che nel gennaio 2000, quando il presidente dell’Ecuador fu deposto da una rivolta popolare sponsorizzata da parte dell’esercito, simpatizzò con gli autori del golpe; e che un anno fa, al summit di Quebec, si battè contro l’adozione della carta democratica dell’Osa.
Chavez da sempre ha mostrato antipatia per la “democrazia rappresentativa” mentre simpatia per quella “partecipativa”. Nemico della separazione dei poteri, dei bilanciamenti, dei controlli e delle asserzioni sullo stato di un
governo democratico, per ironia della sorte è tornato al potere proprio grazie ai principi che non rispetta ed accompagnato dall’uomo che invece li rappresenta: il segretario generale dell’Osa Cesar Gaviria.
L’amministrazione Bush, accusa il Washington Post, ha commesso un grosso errore non esprimendo alcuna preoccupazione per il golpe in Venezuela ma anzi mostrando soddisfazione per il rovesciamento di Chavez, uomo famoso per la retorica anti-americana e le amicizie con Fidel Castro e Saddam Hussein.
L’America Latina preoccupata del possibile effetto di contagio nello scenario del subcontinente ha reagito differentemente, con una immediata condanna del golpe e una critica alla unilaterale approvazione statunitense. Se i governi sudamericani si fossero conformati alla linea Usa allora la carta democratica non sarebbe stata presa in considerazione come invece lo sarà adesso.
Gli eventi venezuelani impongono adesso, conclude il Washington Post, che i governi sudamericani attraverso l’Osa sfruttino l’autorità guadagnata sul tema “democrazia” e premano affinché Chavez si impegni a realizzare un governo di conciliazione in Venezuela, conforme a quanto fissato nella carta, attraverso una concertazione tra tutte le forze democratiche.
Per quanto riguarda l’amministrazione Bush, è auspicabile che essa, per
riguadagnare l’autorevolezza perduta, collabori con i partner dell’emisfero occidentale alla concertazione. Ciò che gli Usa devono evitare è prendere le distanze dai paesi dell’Osa, adottando una postura anti-Chavez.
Il trionfalismo prematuro statunitense ha rivelato una scarsa comprensione della realtà venezuelana, un Paese in cui non va sottovalutata la passione dei poveri della “base” né la frammentazione della società. Il rovesciamento e la risalita al potere di Chavez sono il simbolo della complessità della situazione nei paesi sudamericani dove più dell’ideologia di destra o sinistra serve dunque la pratica “di una politica pulita e competente”.
La sfida adesso in Venezuela, come in Argentina, in Perù, o in Ecuador, è che i
partiti politici si rinnovino in base all’esperienza del passato per rispondere in modo più efficace alle istanze della gente. Parola di Washington Post.
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