Politica

Cashback e lotteria degli scontrini: «provvedimenti regressivi» che allargano le disuguaglianze

Le premialità distorte sono fonte di iniquità e aumentano l'ingiustizia sociale. Per questo l'abolizione del cashback da parte del Governo Draghi è un segnale importante in termini di visione e pragmatismo

di Marco Dotti

I vecchi manuali di economia politica e di scienze delle finanze parlavano chiaro. Quello di Augusto Graziani, ad esempio, definisce assurdo e paradossale ogni provvedimento che chieda «al povero una maggior contribuzione che al ricco».

Tecnicamente si parla di imposta regressiva quando l'aliquota media non cresce – anzi: decresce – in maniera proporzionale all'imponibile. Nella storia d'Italia i provvedimenti e le imposte regressive hanno sempre suscitato sgomento, dibattito e persino rivolte. Ma talvolta – come nel caso del cashback di Stato – anche silenzi imbarazzati.

Ecco, al di là delle tecnicalità fiscali alcuni tra i più clamorosi e simbolici esempi di provvedimenti regressivi:

  • la nascita dell'azzardo di Stato (1860). precede di poco l'Unità. "Tassa degli imbecilli": così la definì il poeta Giusti e Cavour. prendendo a prestito quelle parole, non si fece pregare quando fermò Garibaldi, allora a Napoli, mettendo fine al suo intendo di abolire il lotto, al tempo la forma più popolare dell'azzardo di massa. L'azzardo di Stato ha un funzionamento fortemente regressivo per sua natura: colpisce chi ha meno, operando un processo di redistribuzione delle ricchezze all'incontrario;
  • la famosa e famigerata tassa sul macinato (1869). Imposta indiretta, imponeva a ogni mugnaio di pagare in base al numero i giri della ruota di macinazione del mulino, calcolati da un registratore meccanico. Tra gli effetti, questa imposta provocò l'aumento del prezzo del pane;
  • la tassa sulla salute (1996): il ben noto «ccontributo per le prestazioni del servizio sanitario nazionale» veniva computato nel quadro V del fu modello 740. L'andamento delle aliquote era decrescente rispetto al reddito. Si riteneva, infatti, che i meno abbienti avrebbero attinto più di altri alle risorse del welfare e della sanità pubblica. Da qui, l'idea del balzello (abolito con la riforma Irap):
  • il cashback di Stato e la lotteria degli scontrini (2020), veri e propri esempi di voto col portafoglio altrui.

Forse proprio per la loro franchezza le parole del Presidente del Consiglio Mario Draghi, che ieri ha sospeso il cashback di Stato – per ora la lotteria continua la sua inutile corsa – fortemente voluto dal suo predecessore Giuseppe Conte, hanno colpito nel segno.

Ha spiegato Draghi che «il cashback ha un carattere regressivo ed è destinato ad indirizzare le risorse verso le categorie e le aree del Paese in condizioni economiche migliori».

Come tutti i balzelli regressivi, infatti, il cashback favorisce redditi alti, rendendo inoltre impossibile – proprio per l'architettura del provvedimento – che chi ha un basso plafond di spesa possa raggiungere la soglia minima prevista dai pagamenti. Insomma: un bel pasticcio.

Ma c'è una buona notizia: dei 5 miliardi di spesa pubblica previsti per alimentare il meccanismo perverso e distorto del cashback, 3 verranno risparmiati e usati per provvedimenti mirati di sostegno economico.

Ovviamente, app e piattaforme di pagamento digitale – veri beneficiari di un provvedimento che, a detta del precedente esecutivo, doveva «cambiare il Paese» – sono corse subito ai ripari, implementando meccanismi interni di rimborso.

Per loro si tratta di non ridurre i flussi, indipendentemente dalle motivazioni (leggi: alibi) di contorno. Non sono mancate nemmeno veline, basate su dati non certificati, che puntavano a far cambiare idea al nuovo esecutivo. Tutto inutile. Sono bastate quelle due parole: "provvedimento regressivo", per far cadere la maschera a un provvedimento nato male e finito persino peggio.

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