Cultura

Caserta: i perché dei due missionari. Catene comboniane

La protesta pro immigrati di padre Giulio e padre Franco ha radici nelle intuizioni del loro fondatore, Comboni (di Chiara Ludovisi).

di Redazione

Aveva detto Alex Zanotelli un anno fa a proposito della Bossi-Fini: “Spero che al più presto la Chiesa ufficiale italiana possa esprimere il proprio rifiuto sdegnato per questo pezzo di legislazione”. Dopo meno di un anno, l?auspicio di padre Alex si è fatto azione: a Castelvolturno (Caserta) due suoi confratelli hanno manifestato contro le misure repressive che (in linea con la legge Bossi-Fini) le autorità stanno mettendo in atto contro le comunità immigrate della zona. Il 2 giugno, padre Giulio Poletti e padre Franco Nascimbene si sono incatenati alla finestra della questura di Caserta: “No alla repressione; no ai rastrellamenti”, era scritto su uno dei cartelli che esprimevano le motivazioni del loro clamoroso gesto. Negli ultimi mesi, infatti, i cittadini stranieri erano vittime di una vera e propria persecuzione, con irruzioni della polizia (spesso senza il dovuto mandato) nelle loro case e nel trasferimento forzato in questura o nei centri di permanenza temporanea; quindi, in molti casi, nell?espulsione e rimpatrio. Il ricorso alla forza veniva giustificato dalle autorità con l?argomento della ?lotta alla criminalità?, in cui una parte degli immigrati è effettivamente coinvolta. Di fatto, però, la repressione è avvenuta in maniera indiscriminata colpendo spesso persone onestamente impegnate in attività utili: nel dicembre 2002, per esempio, il Comune (retto da una giunta di centrodestra) ordinò la demolizione delle serre agricole che, messe gratuitamente a disposizione proprio da padre Poletti e padre Nascimbene, erano gestite dalla comunità ghanese di Castelvolturno. Da tempo, infatti, i due missionari dedicano gran parte del loro impegno all?associazione Black and White, creata all?interno della loro parrocchia S. Maria dell?Aiuto: con la collaborazione di volontari laici e religiosi, i due comboniani prestano assistenza ai tanti immigrati della zona, soprattutto a quelli coinvolti in attività criminose, come la prostituzione e il traffico di droga. Molte comunità comboniane attive in Italia si dedicano ai cittadini stranieri, in linea con l?intuizione del fondatore Daniele Comboni, che chiedeva di “abilitare l?Africa stessa a rigenerare se medesima. A Roma, a pochi passi dal Colosseo, l?Acse – Associazione comboniana servizio emigranti e profughi ben rappresenta la messa in atto di questi principi. Padre Paolo Serra, che da anni ne coordina le attività, sottolinea che “tutti gli interventi non solo di Acse, ma di tutte le comunità comboniane che si occupano di immigrazione mirano a far diventare l?immigrato ?autonomo? e ?soggetto? del suo destino”. Chiara Ludovisi


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