Sostenibilità
Case, autostrade e troppo sci. Il problema delle Alpi? Che sono troppo belle.
Sullarco alpino ci sono 5 milioni di posti letto turistici. Ma linvasione sregolata dei villeggianti non danneggia solo lambiente.
di Redazione
L a catena montuosa delle Alpi forma un elemento unificante, sia nel paesaggio che nelle emergenze ambientali, per otto Stati europei: Francia, Principato di Monaco, Svizzera, Germania, Lichtenstein, Austria, Italia, Slovenia. La posizione di queste montagne, e il loro sfruttamento, le rendono un ecosistema fragile; sul versante italiano, in particolare, le Alpi sono sotto pressione soprattutto a causa dello stile di vita e della produzione agroindustriale della vicina Pianura Padana, che vede una conurbazione che da Lugano passa per Milano e arriva fino a Brescia e oltre. Queste minacce, che consistono in diverse forme di sfruttamento del territorio, possono mettere in dubbio la sopravvivenza di molte specie di piante e di animali. Niente di nuovo, in realtà. È dal Neolitico, cioè circa da 6mila anni, che l?uomo influisce in maniera determinante sulla realtà delle Alpi, ma sono soprattutto le numerose forme moderne di sfruttamento che hanno portato a significative trasformazioni dei paesaggi naturali e antropici alpini. Ad esempio il turismo e il trasporto (di merci e di persone) hanno introdotto barriere fisiche importanti, una parcellizzazione del territorio che mette in serio pericolo il mantenimento della biodiversità alpina e di quei corridoi biologici che la natura ha costruito nei secoli. Vediamo più in dettaglio questi rischi che attentano alla salute delle Alpi.
Un?offerta in espansione
Il turismo è un?attività economica dai numerosi impatti sull?ecosistema. L?offerta turistica su tutto l?arco alpino è stimata in più di 5 milioni di posti letto. Nonostante questa cifra ragguardevole, assistiamo a un fenomeno di espansione dell?offerta (seconde e terze case, soprattutto, ma anche alberghi), che porta a una forte concorrenza tra le singole località turistiche. La tendenza attuale è quella di costruire comprensori sempre più grandi per il turismo di massa, e molti nuovi impianti sono in progetto. Numerosi sono, ad esempio, i progetti di potenziamento degli impianti sciistici esistenti, o di collegamento tra diverse località in via di realizzazione per contendersi, tra l?altro, una quantità di sciatori decrescente nel tempo (-24% rispetto al 1997, secondo una ricerca Assosport che attribuisce la flessione agli elevati costi da sostenere per praticare questa attività). Gli impianti ricadono in delicati ecosistemi, frammentando il territorio con nuove piste, nuovi impianti, edilizia residenziale? come accade, ad esempio, a Santa Caterina Valfurva, in Valtellina, dove per i prossimi Mondiali di sci è in cantiere un progetto che sventra un versante del Parco nazionale dello Stelvio, oppure nel costituendo carosello sciistico Temù-Ponte di Legno-Tonale, e lo stesso accadrà a Pejo, in una valle incontaminata del bergamasco, come anche a Pinzolo-Madonna di Campiglio. E l?elenco è lungo. Al momento si contano ben 303 aree sciistiche sull?intero arco alpino, con più di 5 milioni di posti letto per un totale di 3.400 chilometri quadrati e circa 10mila strutture di trasporto e risalita. È interessante notare come si distribuiscono queste aree sciistiche: 4 in Slovenia, 5 in Germania, 36 in Austria, 43 in Svizzera, 90 in Francia e 125 in Italia!
Questo del turismo montano è forse il fenomeno più distruttivo, perché comporta anche conseguenze indirette, connesse all?incremento periodico degli abitanti: aumento del traffico, aumento stagionale di inquinamento atmosferico e delle acque, difficoltà nello smaltimento dei rifiuti, aumento degli insediamenti sparsi e della rete viaria, impiego di cannoni per l?innevamento artificiale e impatto negativo sulla fauna selvatica. Viene da chiedersi quanto questo mercato sarà in grado di autoregolarsi, e quando e se gli investitori inizieranno realmente a rischiare il capitale privato senza le sovvenzioni del pubblico: tutto ciò fa prevedere per il futuro un numero sempre maggiore di effetti negativi di rimbalzo sul settore turistico stesso. Le forme di inquinamento, paesistico e non, portano infatti necessariamente a una riduzione dell?attrattiva delle località turistiche. La seconda, temibile minaccia alla biodiversità alpina è infatti il traffico, nelle sue varie forme (locale, turistico, di transito). Fortissima è la frammentazione: tra il 1963 e il 1993 le aree delle Alpi con superficie superiore ai 1.500 chilometri quadrati prive di infrastrutture per il trasporto sono passate da 31 a 14. Molto importante, al di là del traffico di transito, è il volume del traffico domestico (la distanza percorsa tra casa e lavoro e il traffico merci tra centri alpini) che risulta maggiore. Si calcola inoltre che quasi 150 milioni di persone attraversano le Alpi ogni anno e di queste oltre 124 milioni si spostino utilizzando l?auto.
E i tir non si fermano
Il traffico di transito è peraltro stimato in forte crescita: nel Piano generale dei trasporti le stime prevedono un aumento, entro il 2010, tra il 16 e il 36% della mobilità privata. Stessa sorte per il trasporto merci su gomma, secondo i diversi scenari (16 o 30% sempre di qui a cinque-sei anni). Per completare il quadro italiano, è utile aggiungere che mentre tra il 1970 e il 1998 il traffico merci su rotaia attraverso le Alpi in Francia, Svizzera e Austria è raddoppiato, quello italiano è stagnante (se non contiamo la direttrice italo-svizzera), al punto che le direttrici che portano a tutti i valichi ferroviari sono sottoutilizzate. Nonostante ciò si portano avanti progetti enormemente dispendiosi di alta velocità ferroviaria, che comporteranno, ad esempio, il nuovo traforo ferroviario nella tratta tra Torino e Lione, lungo la martoriata Val di Susa o tra Trieste e la Slovenia. Fra gli impatti maggiori del traffico sugli ecosistemi si possono annoverare il consumo di risorse e di energia, lo sfruttamento delle superfici, la frammentazione del paesaggio, l?inquinamento acustico e atmosferico, con danni all?uomo e alla fauna. Primo fra tutti l?interruzione dei corridoi biologici, essenziali per il mantenimento della biodiversità.
di Daniele Meregalli
Responsabile Coordinamento Programma Alpi WWF Italia
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