Welfare

Casa al Sole, io vivo da solo

I primi dieci anni del progetto di autonomia abitativa nato a Pordenone

di Sara De Carli

Francesca ha 39 anni e lavora in una mensa. Il suo compagno si chiama Alessandro. Vivono in centro, a Pordenone. Condividono un appartamento con un’altra coppia. Tutti e quattro hanno la sindrome di Down. Sono la punta di diamante di un progetto di autonomia abitativa partito in seno all’Associazione Down Friuli Venezia Giulia, di cui è presidente proprio la mamma di Francesca, Maria Luisa Montico. Il progetto si chiama Casa al Sole e ha già portato 12 giovani adulti con disabilità intellettiva a vivere da soli. E oggi, in occasione della Giornata mondiale sulla sindrome di Down, festeggia i suoi primi dieci anni, con tre nuovi giovani che iniziano il loro percorso formativo verso la “vita indipendente”.

«Si parte con una scuola di autonomia abitativa, due anni e mezzo in cui un gruppo di quattro ragazzi impara a gestirsi, a fare il salto di qualità da essere bravi esecutori all’autonomia di pensiero, seguiti da un educatore h24», spiega la Montico. «Per capirsi vuol dire passare dal saper fare la spesa a capire che c’è bisogno di fare la spesa e metter giù la lista». A quel punto scatta la fase due, che poi è quella definitiva: i ragazzi vanno a vivere da soli, dopo essersi scelti i coinquilini. Pagano l’affitto, fanno le pulizie, invitano a cena parenti ed amici.

Di queste case-satellite, Casa al Sole ne conta già quattro. Gli educatori qua hanno una presenza sempre più circoscritta: nella casa di Francesca e Alessandro, per esempio, di otto ore la settimana. «Una soddisfazione enorme, con un evidente abbattimento dei costi sociali», precisa la Montico. Da qualche anno in verità c’è anche la fase zero, un corso di autonomia con ragazzi di 17/18 anni, che “preparano la mente” mentre ancora vivono con mamma e papà. «L’autonomia per un genitore è un obiettivo, certo», dice la Montico, «ma lasciarli andare costa moltissimo. Tant’è che due percorsi di autonomia sono falliti proprio perché la famiglia non è stata in grado di fare un passo indietro. Non puoi farcela da solo, è un momento di crisi profonda, per questo l’associazione ha messo a disposizione una psicologa». Però né Francesca né Maria Luisa tornerebbero mai indietro.


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