La usa da quando ha quattro anni, Irene. Da quando andava all’asilo, a L’Aquila, in provincia. Dice che la maestra le faceva fare il disegno con i colori e poi faceva la nebbia con più e più fogli di carta velina, uno sopra l’altro. Uno dopo l’altro. C’è sempre la nebbia dalle sue parti. E anche la neve. Irene dice che è meglio con la carta velina perché quando fa la nebbia almeno non si vede se il disegno che ha fatto sotto è venuto male. Il primo foglio sfuma i contorni, poi i colori e poi non sai più quale disegno c’è sotto. E anche gli sbagli non si vedono più. Davanti agli occhi basta un sipario di carta velina e anche la cosa più brutta diventa più carina.
Irene ha disegnato L’Aquila quattro anni fa: c’era appena stata la neve e c’erano le tende, blu. Poi, con il sole, è arrivato uno strato di carta velina e le tende erano già più sbiadite. Poi un’altro, e sembravano in mezzo alla nebbia. Poi la nebbia se n’è andata e prima che venisse la neve, le tende blu erano sparite. Piace tanto a Irene camminare sulla neve. Perché fa lo stesso rumore della carta velina se la accartocci: scricchiola, fa gli scrocchi se ci passi sopra. E la neve è un po’ come l’ovatta: attutisce i rumori e fa silenzio, proprio come vuole la maestra quando la sua classe fa troppo rumore. L’ovatta serve a tante cose: si può mettere nelle orecchie. Ma anche attorno a panettoni di natale sugli scaffali a ottobre. O intorno alle corna da streghetta di Halloween sugli scaffali quando è agosto e la scuola non è cominciata.
Poi Irene ha continuato a disegnare tutto quello che succedeva. Soprattutto le cose brutte. Subito dopo le tende blu dell’Aquila ha disegnato una barca che non si riusciva a far arrivare in Italia: si ma sopra c’erano tante persone che venivano da lontano eh! Era una cosa brutta, no? Poi ha disegnato un colonnello che era arrivato con una vecchia foto attaccata al petto e che ha messo una tenda anche lui a Roma. Poi carta velina e nel frattempo lo hanno pure ammazzato quel colonnello. Ha disegnato anche un treno che era scoppiato vicino al mare. Poi è arrivato l’inverno e la carta velina ha coperto tutto, come la neve.
Poi sono passati millecentoquaranta giorni, li ha contati Irene che nel frattempo aveva imparato a scrivere. Nel frattempo sua sorella più piccola ha compiuto quattro anni e anche lei ricominciato a usare la carta velina. Ma non per fare la nebbia: per ricalcare le tende dei disegni di Irene. Perché anche stavolta c’era stato un terremoto. Poco lontano dalla loro regione. E anche questa era una cosa brutta. Irene ha iniziato a studiarle le regioni. Stavolta le tende erano quelle di una regione che aveva due nomi e se la ricordava bene perché in mezzo c’era un trattino. “Sono importanti le regioni”, le dice sempre la maestra. Le è venuto lo stesso disegno che aveva fatto sulle sue di tende. Lo stesso blu e la stessa polvere.
Poi anche stavolta è arrivata la nebbia, che dice la maestra che anche lì c’è sempre, e le tende sono sparite perché siamo arrivati secondi agli europei. Una cosa che la maestra ha detto che si chiamava neutrino ha corso più veloce del vento sotto una galleria vicino casa sua, che però non c’era. In America un attore famoso ha parlato a una sedia vuota e ci ha fatto una figuraccia, e questa non era una cosa poi tanto brutta anzi faceva ridere. Poi è andata a Roma, con la nonna, perché non le bastavano più i soldi per la pensione e che era sola e non ce la faceva a pagare le medicine. Era una cosa brutta quella. Perché alla nonna dicevano che c’era la crisi e invece la nonna di Irene diceva che non doveva chiamarla così: “erano solo i ricchi che diventavano più ricchi, e poi ci sono quelli che rubano che continuano a rubare”. E questa era una cosa brutta, ma sono bastati un po’ di fogli di carta velina e Irene ha visto che anche la cosa più brutta è diventata più carina. Irene ha scritto anche che quelli che le avevano detto di stare tranquilli ora sono condannati. E che i dannati che sono rimasti sotto le macerie ora stanno troppo tranquilli. Irene ha scritto tutto sul suo quaderno di fogli e carta velina.
Ha scritto che c’erano le elezioni, ma non le piacevano perché per colpa delle elezioni non facevano più i cartoni animati. Però la maestra diceva che le elezioni erano importanti perché bisognava evitare che succedevano le cose brutte come succede ogni volta. E per questo che ha continuato a scrivere a disegnare e aggiungere fogli di carta velina.
Ha scritto pure tutti i nomi che il telegiornale dava al caldo, al freddo e alla pioggia. Ai terremoti però no. Irene dice che ai terremoti non gli potranno mai dare i nomi. Così come a quelli che parlano sempre di politica e che non le fanno vedere i cartoni. Sono come l’ovatta, la neve, la nebbia o la carta velina sulle cose brutte.
Provate anche voi. Se non siete già abituati a farlo: davanti agli occhi basta un sipario di carta velina e anche la cosa più brutta diventa più carina.
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