Cultura

Caro simone, e adesso che si fa?

Opinioni a confronto/ Relazione-integrazione e meno ipocrisie, di Mauro Biani

di Redazione

Ha vinto Simone Cristicchi. Dico a Sanremo, ma non solo. Nei giorni scorsi la sua canzone sui malati psichiatrici (osannata da chiunque, verrebbe da dire con grande sospetto di ipocrisie, talvolta) era stata duramente criticata dall?Arap una ?associazione per la riforma psichiatrica" (evidentemente una riforma o controriforma, peraltro sfortunatamente già in atto, della legge180). «Lei canta uno stereotipo borghese-progressista. Il malato mentale è solo un malato. E ha bisogno di cure», dice la lettera dell?Arap. Io sono educatore professionale in un centro residenziale e nella mia ?casetta? (reparto) insieme ad altri 9 operatori (tra educatori ed assistenti) ci curiamo di 16 bambine/i, ragazzine/i con gravi disabilità mentali, spesso con cosiddetti ?innesti? psichiatrici.

Da qualche anno si fa un gran parlare di ?scientificità? e dalle vecchie convenzioni si è passati agli accreditamenti. Parola nuova, più scientificatamente corretta, economica, soprattutto. I controlli ?produttivi? delle Asl sono aumentati, la qualità passa attraverso criteri estetici delle strutture e la ?scientificità? per l?appunto, che significa test scientifici e valutazioni scientifiche. Insomma 1+1 deve fare 2, senza dubbi. Il che mi pare molto contiguo alla critica dell?Arap al Cristicchi. Considerazioni tutto sommato neanche sbagliate se dette con gentilezza e soprattutto se tutto ciò non dimenticasse che il malato (diversamente abile e/o psichiatrico) è soprattutto una persona (persino nel nuovo accreditamento si parla di ?presa in carico? della persona) che vive di relazioni significative innanzitutto e di integrazione con gli altri.

Ecco, perlomeno questo: servono le cure, le valutazioni, ma serve anche la relazione, una rete di relazioni significative per non lasciare nella solitudine la persona e i suoi familiari in difficoltà. Scendendo poi alla pratica del mio lavoro nel centro residenziale, affermo, senza ombra di dubbio, che, accanto alla terapia farmacologia adeguata, la ?terapia? relazionale è quella decisiva e il lavoro sulla relazione quotidiana e sul quotidiano in generale è veramente l?unico lavoro che possiamo fare. Qui si aprirebbe un lungo capitolo sulle risorse ai servizi sociali, sulla pochezza vergognosa dei mezzi, del personale e sulle retribuzioni minime dei professionisti coinvolti (educatori, assistenti), che sanciscono grande debolezza sociale ai suddetti professionisti che tutti i giorni si ?sporcano? le mani condividendo le difficoltà degli ?utenti?, permettendo persino ai tanti ipocriti di commuoversi alla canzone di Cristicchi, gli stessi ipocriti che, ad esempio, magari rifiutano (velatamente o meno) nella vita di tutti i giorni, una integrazione di ragazzi difficili nella classe dei propri figli.

Ma Simone è un cantautore e quello che andava fatto lo ha fatto. Ha cantato una poesia, la parte umana di una storia che non può essere cancellata, fortunatamente neanche dall?Arap.

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