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Caro Prodi, non lasciare sola Kabul. Firmato Alberto Cairo

Qualsiasi afghano ti risponde che la presenza dei soldati stranieri è l’unica ragione per cui non c’è di nuovo una guerra civile, come in passato, qui a Kabul. A meno che...

di Paolo Manzo

Non è un mistero che ? ? «qualsiasi afghano ti risponde che la presenza dei soldati stranieri è l?unica ragione per cui non c?è di nuovo una guerra civile, come in passato, qui a Kabul. A meno che non sia un ribelle talebano che si oppone al governo Karzai». Per Alberto Cairo, raggiunto telefonicamente da Vita a Kabul, nel centro ortopedico della Croce Rossa internazionale che gestisce, non ci sono dubbi: «La maggior parte della popolazione sente le truppe Isaf come una presenza indispensabile». Con la vittoria, seppur risicata, della coalizione di centrosinistra che accadrebbe, secondo Cairo, se dopo Baghdad – come promesso da Prodi – i nostri soldati dovessero abbandonare anche Kabul? «Ho sentito molto parlare, da parte della sinistra durante la campagna elettorale, di disimpegno dall?Iraq, ma nessuno ha mai detto niente sull?Afghanistan. Che, ripeto, qui si auspicano solo i talebani. Però più che di soldati vorrei parlare di altre cose…». Quali, Alberto? «Sono molto curioso di sapere se il governo Prodi farà una politica diversa dal punto di vista degli aiuti umanitari rispetto al centrodestra. è questo che mi sta più a cuore». L?Italia, spiega Cairo, oggi è presente in Afghanistan con dei progetti importanti, in primis quello sulla ricostruzione dell?apparato giudiziario afghano. «Perciò vorrei sapere come cambierà l?impegno del nostro paese: se i finanziamenti saranno aumentati o no per il lavoro umanitario che facciamo qui, per la cooperazione e le ong, per i contributi alla Croce Rossa internazionale?». Per il medico italiano che al centro ortopedico Wazir Akbarkhan di Kabul ha realizzato la più avanzata struttura di fabbricazione e impianto di protesi per i mutilati, «nel governo del centrodestra avevo notato da parte di alcuni politici una predilezione e un particolare impegno nei confronti di questo paese, che più di altri ti colpisce, ti si attacca e ti induce a voler fare qualcosa di positivo. Penso, per esempio, al sottosegretario Boniver. Spero che anche il prossimo governo si comporti allo stesso modo, perché devo riconoscere che c?è stato negli ultimi cinque anni un impegno e un attaccamento notevoli all?Afghanistan». Certo, conclude Cairo, «qui le difficoltà sono tante e i risultati possono essere limitati, ma mi auguro non ci sia una riduzione dell?interesse. Se un ministro della Cooperazione serve a sfruttare meglio le risorse italiane, ben venga perché a Kabul i bisogni sono tanti e arroccarsi solo sull?Italia non servirebbe a niente».


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