Formazione

Caro presidente, ora riguarda anche te

Alla convention di Padova il Terzo settore lancia la sfida a Prodi: un patto comune per cambiare il volto del Welfare, Il premier non si tira indietro, ma avverte: confronto sì! E invita il non profit

di Gabriella Meroni

Qual è la differenza tra elemosinare, con il cappello in mano, e stipulare un patto, un impegno comune? Facile: un patto si fa solo tra uguali, l?elemosina si chiede a chi è più forte, più potente. Bene: quello tra il governo e il Terzo settore è stato un patto, siglato a Padova il 18 aprile scorso durante la Convention nazionale del volontariato. Un impegno reciproco nato con l?intenzione di dare corpo a tutte le dichiarazioni e le manifestazioni di stima arrivate fin qui. Che fanno piacere, ma non contribuiscono a risolvere i problemi, e soprattutto non bastano più ai cinque milioni di italiani che costituiscono sempre più consapevolmente il Terzo settore. «Non siamo la ruota di scorta del sistema, non la crocerossina dei tanti guai del Paese, non cittadini eroici da convocare nelle situazioni impossibili», ha sintetizzato Luigi Bobba nel suo intervento d?apertura. «Noi rivendichiamo un ruolo politico che ci è dovuto, che deve esserci riconosciuto per quello che rappresentiamo socialmente». Dopo gli esami e le pagelle, quindi, la maturità. Il presidente Prodi e la ministra Livia Turco sono stati ad ascoltare, poi hanno preso la penna e firmato proprio con Luigi Bobba e Nuccio Iovene, portavoce e segretario del Forum del Terzo settore, il patto, un documento in cinque punti. Sui quali d?ora in poi il non profit giudicherà l?azione del nostro governo. Eccoli. 1) Costruiamo l?Europa sociale Servono nuove politiche sociali per il lavoro, la lotta alla povertà, la crescita del Sud, la riforma dello Stato e della Pubblica amministrazione. Non è più possibile ignorare il disagio di chi non ha lavoro e delle fasce deboli della popolazione. L?Europa della moneta unica è arrivata, ora si deve costruire l?Europa sociale. 2) Largo alla sussidiarietà Il Terzo settore non può rimanere fuori da questa sfida, perché è portatore di una cultura originale, non solo del sociale, ma della cultura e delle istituzioni. Per questo il ruolo attivo dei corpi intermedi è fondamentale nella nostra società, e per realizzarlo occorre che sia applicato il principio di sussidiarietà. Una battaglia, quella della sussidiarietà, che Luigi Bobba ha chiaramente rilanciato: «L?articolo 56, così come è stato approvato dalla Camera dei deputati, non ci piace», ha detto a Prodi. «Lo diciamo senza urlare, ma con fermezza, e continueremo al Senato la nostra battaglia per modificarlo». 3) Il futuro del Welfare è misto Solo così potrà nascere un nuovo stato sociale, un Welfare misto dove il pubblico statale sia garante dei diritti fondamentali e al Terzo settore sia riconosciuto il ruolo di ?pubblico non statale?. La funzione pubblica, insomma, non è soltanto quella dello Stato. Che il governo riconosca questo e valorizzi dunque il servizio pubblico anche quando sia fornito da soggetti del privato sociale. 4) Al tavolo del governo Il Terzo settore vuole dare vita a un tavolo di confronto permanente con il governo. Anche se alcuni provvedimenti importanti sono già stati presi, come la legge sulle Onlus, sull?immigrazione, il piano minori, le leggi isolate non bastano. Ci vuole una politica organica, a cui il Terzo settore vuole partecipare alla pari. 5) Cinque provvedimenti urgenti Ci sono alcune cose da fare subito. La prima: il fondo sociale, buona iniziativa della Finanziaria del ?97, deve diventare con la Finanziaria ?98 un intervento strutturale per lo sviluppo del Paese e specialmente per il benessere dei più deboli. Adesso che lo Stato ha qualche lira in più, non si faccia pagare il costo dello sviluppo ai poveri. La seconda: il governo nel 1997 ha rottamato le auto, quest?anno ha proposto incentivi per ristrutturare le case. Nel ?99 utilizzi la leva fiscale per favorire le famiglie nel compito di proteggere e curare la crescita dei figli, gli anziani, i disabili. Terza emergenza: il mondo del non profit è principalmente volontariato e libero associarsi, ma in questi ultimi anni è nata una generazione di imprese sociali che offrono nuovi servizi e nuovo lavoro. Perché non prevedere per queste imprese gli stessi incentivi delle piccole e medie imprese italiane? Quarto punto: un regio decreto del 1924 obbliga la Pubblica amministrazione a operare con il sistema degli appalti al maggior ribasso. Ma si può equiparare un appalto per asfaltare una strada all?affidamento in gestione di una comunità per minori a rischio? Il governo può risolvere la questione emanando un apposito regolamento che modifichi la situazione. Infine, la questione del lavoro atipico, caratteristica del Terzo settore. Il ministero del Lavoro deve mettere mano finalmente allo ?Statuto dei lavori?, per offrire garanzie e tutela a questo universo in crescita. È tempo che il Terzo settore sia coinvolto nei lavori socialmente utili – strappando i lavoratori che vi si trovano dall?area di parcheggio – e nei patti territoriali. «Dateci la possibilità di conoscervi, di sapere chi siete. Parliamoci. Solo voi potete aiutare il governo a capire la complessità della società italiana». Così parlò Prodi a Padova, prima di firmare il patto con il Terzo settore. Promuovendolo così a interlocutore privilegiato del governo per rimanere in ascolto di tutto ciò che si muove nel nostro Paese. Dalla platea un applauso saluta le parole del Presidente. Finalmente il Terzo settore è invitato al tavolo della concertazione, per dire la sua proprio come tutte le altre parti sociali. E finalmente si è ottenuto un impegno preciso, scritto, a realizzare tutti i provvedimenti necessari a migliorare le politiche sociali nel nostro Paese. Una doccia fredda? Ma il giorno dopo dall?ufficio di presidenza arriva la precisazione: il patto firmato con il non profit è solo un avvio di trattativa, non certo una cambiale in bianco, non un impegno a realizzare le richieste. Tradotto, nessuno ha fatto promesse. Il governo si è limitato a impegnarsi a ?prendere in esame? le richieste del Terzo settore, cioè di cinque milioni di italiani. Una doccia fredda? Nel programma dell?Ulivo c?era scritto che sarebbe stata valorizzata l?economia civile e le ?responsabilità diffuse?, e questo sarà fatto, si precisa. Niente di più, si è solo scelta la strada del confronto continuo (non è poco) e il resto si vedrà punto per punto, volta per volta. D?altra parte Prodi nel suo discorso a Padova l?ha detto chiaro e tondo: «Il patto costituisce un modo concreto di affrontare il problema della realizzazione del principio di sussidiarietà inteso come riconoscimento e sostegno di responsabilità diffuse e non come abdicazione della parte pubblica a essere protagonista e a farsi carico del benessere dei propri cittadini. Il documento recita ?abbiamo bisogno di uno Stato più forte e non più debole? che sostenga lo sviluppo di un Welfare municipale e comunitario, che non ha nulla a che fare con la privatizzazione strisciante dei servizi». Ed ecco servita anche l?insistenza sulla sussidiarietà di tanti interventi delle associazioni del Forum del Terzo settore sul palco di Padova, e da tanti dei 2.500 presenti nella sala gremita. E di qui un crescendo di ?ma?, ?se?, ?però? che il presidente del Consiglio ha inanellato, sottolineando con insistenza soprattutto i rischi di ?inquinamento?. Qualche esempio? La legge sulle Onlus secondo Prodi «non deve essere sovraccaricata di responsabilità e compiti che da sola non può assolvere». Sulla questione degli appalti per i servizi socio-assistenziali, regolati con il principio del massimo ribasso: «Ci vogliono norme più severe, perché si può rubare anche nel fornire servizi agli handicappati. Se dovessero nascere degli scandali sarebbe un disastro, per noi e per voi. Per questo dovranno essere più severe le norme che regolano il rapporto tra enti non profit e Pubblica amministrazione». E infine, sul ruolo del non profit nel nuovo Welfare: «Lo sviluppo del settore non profit è importante per riprogettare il Welfare, può creare nuova occupazione, ma non è l?unica soluzione per questi problemi. Se lo sovraccarichiamo troppo di responsabilità rischiamo di produrre un suo sviluppo squilibrato che lo metterebbe facilmente in crisi». Avanti, ma con giudizio Ce n?è da spegnere i più resistenti entusiasmi. Lo stesso Prodi ne è consapevole e dice: «So che il percorso di questi due anni può essere risultato lento rispetto ai vostri ambiziosi obiettivi. Ma la prudenza è necessaria per fare le cose bene». Poi, il riferimento ad alcune tappe prossime e importanti, il riferimento a provvedimenti a favore del Terzo settore già in dirittura d?arrivo, come la nuova definizione dello statuto giuridico del lavoratore delle cooperative (Prodi mostra la copia dei risultati del lavoro dell?apposita commisione, vedi scheda); poi l?imminente istituzione dell?authority del non profit; l?emanazione delle circolari attuative della legge sulle Onlus; l?apertura alle imprese sociali e alle organizzazioni non profit delle attività e degli interventi della Società per l?imprenditorialità giovanile; infine, ma non certo ultimo per importanza, l?ampliamento delle competenze del ministero della Solidarietà sociale. L’ opinione di Ralf Dahrendolrf Il Terzo settore è libertà Le società moderne stanno vivendo uno sviluppo che corre su due binari: da una parte esso è determinato da decisioni economiche e finanziarie che non riguardano i cittadini; dall?altra c?è una richiesta molto forte di partecipazione che parte dal basso, e che viene spesso accolta, portando a una crescente tendenza alla regionalizzazione, al decentramento dei poteri in periferia. I cittadini perdono dunque peso sulle decisioni macroeconomiche, sovranazionali, ma ne guadagnano nelle decisioni locali o di portata esclusivamente nazionale. In tutto questo si assiste poi anche a una spinta anti-keynesiana, cioè a volere minore ingerenza dello Stato nelle decisioni e nella vita di tutti i giorni. Il problema a questo punto è: chi subentra al posto dello Stato? Chi riempie i suoi vuoti? In parte, è ovvio, il mercato, ma molte attività che prima erano di competenza dello Stato ora sono svolte dal volontariato. Nel nuovo Welfare dunque sono i cittadini a gestire i servizi che li riguardano, e non solo il mercato. Ora, ci saranno nuove regole per il mercato? È una speranza, al momento, ma non ancora una certezza. L?importanza delle regole è fondamentale, molto di più di un eventuale ruolo del mercato come sponsor di servizi o iniziative sociali. Questo infatti non è essenziale, perché il futuro del Welfare è un sistema misto, in cui il ruolo del volontariato organizzato è molto importante. Senza di esso infatti non esiste Welfare. Per questo occorre incentivarlo: in Gran Bretagna per esempio ci sono organizzazioni di molti tipi, che vengono incoraggiate con diversi incentivi. Quali? Gli incentivi più efficaci per il non profit sono soprattutto di tipo fiscale, sia nei riguardi degli stessi enti non profit sia per i donatori. Lo Stato deve rimanere fuori da questo settore, altrimenti diventa una sua appendice. Questa è la strada da percorrere anche per l?Italia, secondo me, perché nel futuro la solidarietà sociale sarà garantita da molte fonti diverse. Per questo secondo me c?è molto realismo nel titolo che è stato scelto per la Convention del volontariato italiano, ?Mi riguarda?: i cittadini hanno dei diritti che devono essere garantiti, ma allo stesso tempo devono poter partecipare alla costruzione della comunità, perché ?li riguarda?. Ci vogliono soltanto le giuste regole per farlo.


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