Politica
Caro premier Conte, il Terzo settore merita rispetto
Far passare come grande attenzione per il non profit, la sua esclusione dalla gestione di una misura contro la povertà è una piroetta da circo Togni. Poi l'Ires, il servizio civile, le iniziative contro la povertà minorile e così via. Questo Governo rischia di annichilire le formazioni intermedie e l'impegno sociale. Che sia per ideologia o necessità di cassa, sarebbe una responsabilità gravissima
di Redazione
C’è una frase che dice molto dell’approccio di questo Governo nei confronti del Terzo settore. A pronunciarla è stato il premier Giuseppe Conte, il 21 dicembre in occasione della conferenza stampa di lancio, diciamo così, sul maxi-emendamento negoziato con Bruxelles che ha riscritto la manovra di Bilancio. Il ragionamento dell’avvocato del popolo suonava più o meno così: “Il Terzo settore è al centro dell’attenzione di questo Governo, tanto è vero che abbiamo approvato i decreti correttivi della riforma, anche a vantaggio della nuova impresa sociale”. Il raddoppio dell’Ires? “Abbiamo solamente adeguato la tassazione al non profit a quella di altri settori”. E, poi, fulmen in cauda: il Terzo settore non ha di che lamentarsi perché “Il suo ambito è la solidarietà e questo governo, con il reddito di cittadinanza mette in campo una misura formidabile proprio nel campo della solidarietà”. E poi, badate bene a quello che dice il presidente del Consiglio, “lo facciamo (il reddito di cittadinanza), facendolo gestire direttamente come Stato, senza la mediazione e l’intermediazione degli enti del Terzo settore”. Di più: “Essere accusati di non aver prestato attenzione al Terzo settore, quando è proprio lo Stato a farsene carico, è un'accusa ingiusta".
Far passare come grande attenzione per il non profit, la sua esclusione dalla gestione di una misura contro la povertà (ammesso e non concesso che lo sia, considerato il fatto che molti dei poveri che “dovrebbero” beneficiarne non essendo abili al lavoro non potranno accedervi) è una piroetta da circo Togni. Non si capisce ancora se dettata da una pregiudiziale ideologica (anche se pare ardito trovare un filo rosso che tenga insieme il pensiero Di Maio, Salvini e Conte sulla concezione del ruolo sociale del non profit. Dei primi due difficile dire, ma dell’argomento il professor Conte si è certamente occupato per motivi di studio) o da un’ansia dissennata di fare cassa.
Nei suoi scritti Conte individuava “nella tentazione di intessere stretti rapporti con lo Stato e gli enti pubblici” una delle cause che hanno determinato per gli enti non profit una sorta di asservimento al potere statale “esponendosi così al rischio di contribuire a realizzare quel disegno di dirigismo economico già in parte prefigurato dalla legge 266 del 1991, in tema di disciplina delle organizzazioni di volontariato”. Per combattere l’asservimento la strada pare dunque quella dell’incorporazione del Terzo settore da una parte e della sua estinzione dall’altra (raddoppio dell’Ires, cura dimagrante per il servizio civile, stop al credito di imposta per le fondazioni impegnate contro la povertà minorile…)
Tornano alla mente le parole del presidente Sergio Mattarella pronunciate a Lucca nel marzo dello scorso anno, in occasione del convegno dal titolo La democrazia diffusa. Maria Eletta Martini e il volontariato: “…Quando si parla di formazioni intermedie, non si deve pensare ad ammortizzatori che limitano gli attriti o i conflitti tra i poteri pubblici e i cittadini. Né si deve pensare alla supplenza che si organizza all’interno delle società per colmare le lacune e talvolta i disservizi del sistema pubblico. Naturalmente, queste funzioni laddove vengono concretamente svolte perché le risorse pubbliche si rivelano carenti, sono preziose. Eppure non sono l’essenza del volontariato, né dei corpi intermedi. La radice, il nucleo vitale del volontariato sta nella persona e nel suo bisogno di realizzarsi pienamente. Questo vale sia per chi si trovi dalla parte del dono, sia per chi si trovi dalla parte del bisogno. Lo sviluppo integrale della personalità non si ha nell’isolamento, o peggio nella marginalità. La personalità si realizza quando è libera di interagire con gli altri, di formarsi e crescere nel dialogo diretto, quando riesce a esprimere i valori in cui crede e a trasmetterli, a farli diventare senso comune, cultura condivisa. Le associazioni sono un atto di libertà delle persone, che muovono dalla concretezza dell’amicizia, del bisogno, dell’impegno generoso e solidale. Le istituzioni devono rispettarle e valorizzarle per quanto possibile. Non certo ingabbiarle”.
Caro avvocato del popolo, il Terzo settore merita, oltre che attenzione, di essere rispettato e valorizzato. Non capirlo sarebbe colpevole e nocivo per la tenuta sociale della nostra comunità. O del nostro popolo, se preferisce.
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