Formazione

Caro non profitè l’ora di sorridere

Nuove professioni Parla Alberto Terzi, inventore della comicoterapia

di Redazione

«Una risata salverà il mondo». È molto più che una teoria per Alberto Terzi, sociologo, formatore e presidente del Centro studi Prospettive di Como, che dell’arte del ridere e del far ridere ha fatto uno stile di insegnamento ma anche di impegno nel sociale. L’ha notato per la prima volta a Capo Verde seguendo un progetto di cooperazione internazionale della onlus Stringhe colorate di cui è presidente: la comicità è uno straordinario strumento di comunicazione, l’esperanto che permette di entrare in sintonia con popoli lontani. E lo riscontra ogni giorno nella sua opera di formatore. Da queste esperienze e da quelle di Valentina Broggi, collega di Terzi e psicoterapeuta nelle scuole primarie e secondarie, è nato Siamo seri! Proposte per educare al ridere, un manuale che insegna a ridere e far ridere gli insegnanti.

Il dolore non è uno stile di vita
Ma, Terzi ne è convinto, ridere un po’ farebbe bene anche al terzo settore: «Dovrebbe fare un bel bagno di Lourdes nella comicità», spiega. «Meglio togliersi di dosso quella patina di pietismo che da troppo tempo lo caratterizza. Ok, possiamo occuparci di sofferenza e dolore ma come progetto, non come stile di vita». Ridere è democratico, aiuta a mettersi in discussione e il terzo settore, spiega il sociologo, ne avrebbe tanto bisogno: «Sarebbe indispensabile per passare da una concezione assistenzialistica del welfare ad un protagonismo che fa crescere». E poi, semplicemente, «ridere cambia il clima di lavoro»: aiuta a non prendersi troppo sul serio, «a non sentirsi i salvatori del mondo», sintetizza l’autore. Ma Siamo seri! non è solo un elogio del ridere: piuttosto un vero e proprio corso di ironia rivolto prima di tutto ai giovani, «che sono leader riconosciuti o hanno ruoli di conduttori di gruppo», e poi a volontari, insegnanti ed educatori. L’obiettivo non è mettere il naso da pagliaccio agli insegnanti ma «smitizzare i maestri troppo seri e quelli farfalloni», dice Terzi. Non distrarre ma insegnare una nuova forma di concentrazione che aiuta a risolvere in modo creativo anche complicati problemi di ragionamento. Altro che tabelline! «L’ironia può essere un formidabile supporto all’apprendimento», conferma Valentina Broggi, «insegna a relativizzare e ad astrarre e, al contempo, crea interesse e coinvolgimento emotivo. Può essere utilissima a patto che si rida insieme, ragazzi ed insegnanti». Ridere per far ridere: è uno dei principi base della comicoterapia di Terzi e Broggi. Le tecniche sono tante, spiega nel libro: l’uso del paradosso, lo scherzo e il doppio senso.
E c’è persino chi riesce a scompisciarsi solo con il respiro. Si chiama “yoga della risata”, il più potente, secondo Terzi. Come funziona? «Ci si riempie di ossigeno con una particolare forma di respirazione, e poi basta una miccia motoria o mentale (un pensiero o un movimento) a far scoppiare la risata».
Far ridere è una tecnica, dunque, ma può essere anche una professione: quella del clown sociale. Contrariamente al profilo che ha assunto la professione da Patch Adams, l’assistenza alla risata non si deve limitare all’aspetto terapeutico ma puntare al benessere sociale dell’individuo. Per lui, la risata professionale dev’essere al servizio di molti: anziani, bambini, disabili. Ma per far questo serve una formazione seria e innovativa. L’offerta, in realtà, è piuttosto variegata, spiega il professore. E non sempre di alto livello. Come scegliere? «Prima di tutto, occorre affidarsi a strutture che abbiano un forte legame con le istituzioni, come le università. Poi, bisogna tenere conto dell’associazione che li propone e verificare che dia un’adeguata preparazione sul versante psicologico. È l’aspetto più importante».

Non solo divertimento
Le tecniche (gli scherzi, le battute, i giochi di parole) si imparano in fretta, spiega, più difficile è sviluppare la capacità di relazione e di ascolto, fondamentali per i clown sociali. A questo scopo, la formazione (e anche quella di volontariato) dev’essere un’esperienza di gruppo, nella quale è possibile elaborare insieme un approccio relazionale. Ma master e corsi di alta formazione sono utili anche da un altro punto di vista: «Il tirocinio permette di entrare in realtà piuttosto chiuse dal punto di vista lavorativo», racconta Terzi. Prospettive di lavoro? «Per ora non è una professione riconosciuta, ma in futuro si potrebbero aprire vere e proprie cliniche anti stress che “curano” questa malattia attraverso la risata». «In America», assicura, «ci sono già e hanno un’utenza di oltre 20mila persone».


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