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Caro Ministro Urso, aiuti sì, ma non all’Agrobusiness

La battaglia dei sussidi. A un mese dal vertice del Wto, l’organizzazione mondiale del commercio, di Hong Kong, la nuova proposta europea sui tagli ai sussidi agricoli è un segnale di speranza

di Sergio Marelli

A un mese dal vertice del Wto, l?organizzazione mondiale del commercio, di Hong Kong, la nuova proposta europea sui tagli ai sussidi agricoli è un segnale di speranza. Quella che il Doha round, nato come negoziato sullo sviluppo, non finisca per essere solo un negoziato sulla liberalizzazione dei mercati. Più che l?abbattimento dei dazi del 46% e di ribassi fra il 35 e il 60% sui sussidi agricoli interni dell?Ue, la proposta avanzata dai commissari europei Peter Mandelson e Mariann Fischer Boel è incoraggiante perché contiene un accenno a trattamenti differenziati nei confronti di alcuni prodotti chiave dei Paesi poveri. Accenno che va nella direzione da tempo indicata dalla società civile: non ha senso fare norme universali per Paesi, ed economie, tanto diversi.

La possibilità di trattamenti differenziati, però, non basta a rendere soddisfacente la nuova posizione europea. Il problema di tutto il negoziato sull?agricoltura è che parte da un approccio e da considerazioni quantitative, mentre sui sussidi andrebbe fatto un discorso qualitativo. Basta guardare al caso Italia. La principale critica che il governo rivolge alle ong impegnate nella campagna contro il dumping è che chiedere di tagliare i sussidi avrebbe un impatto negativo sui piccoli agricoltori. Ciò è falso perché i sussidi alle produzioni e alle esportazioni sono, per la stragrande maggioranza, destinati alle grandi concentrazioni dell?agrobusiness.

E questo anche se ad aver bisogno di sussidi oggi è chi tiene viva l?agricoltura in zone svantaggiate come le comunità montane. Anche noi, come il Sud del mondo, abbiamo il problema dell?abbandono delle zone rurali ma difficilmente riusciremo a risolverlo fin che si parla della quantità invece che della qualità dei sussidi. Su questo tema abbiamo raccolto l?interesse e la disponibilità del ministro Gianni Alemanno.

Non altrettanto possiamo dire di Adolfo Urso, che pure ha acconsentito a includere la società civile nella delegazione italiana al prossimo vertice del Wto. Non a caso Urso si occupa di commercio e non di politica agricola. L?impressione è che si usi l?argomento dell?impatto negativo sui piccoli agricoltori per giustificare posizioni dettate da interessi economici.
Chiave in cui andrebbero lette anche le ultime esternazioni del presidente francese Jacques Chirac: il paladino dei paesi poveri si dice pronto a bloccare il negoziato del Wto previsto in dicembre a Hong Kong se i tagli ai sussidi dovessero danneggiare i contadini francesi. E quelli del Sud del mondo?

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