Welfare
Caro ministro, solo il lavorosvuoterà le carceri
Giustizia Perché il progetto predisposto da Alfano è destinato a non funzionare
di Redazione

Per carità, l’obiettivo del piano svuotacarceri del ministro Alfano è meritorio: oggi come rileva rivelano le statistiche ufficiali nelle nostre celle sgomitano quasi 56mila detenuti a fronte di 42.890 posti letto regolamentari. Una fotografia che il sottosegretario leghista ed ex guardasigilli Roberto Castelli continua a guardare con una certa sufficienza («in realtà fino a 62/63mila detenuti, il sistema regge e poi se guardiamo ai tassi americani le nostre celle dovrebbero ospitare almeno 400mila carcerati»), ma che invece ha spinto via Arenula a prendere in mano la patata bollente. Il progetto Alfano come noto poggia su due stampelle. Il cosiddetto braccialetto per gli italiani e l’espulsione degli immigrati. In entrambi i casi la misura si applicherebbe a chi vanta un residuo di pena non superiore ai due anni. Secondo i tecnici del Dap in questo modo il sistema si sgraverebbe di 7.400 persone. Un risultato notevole nel caso fosse effettivamente conseguito: per gli stranieri occorre valutare la predisposizione, tutta da verificare, degli stati d’origine a sottoscrivere e rispettare gli accordi bilaterali. Quanto agli italiani, la sperimentazione del braccialetto lanciata nel 2001 è naufragata a causa della sua inaffidabilità e dei costi elevati (ancora oggi il ministero versa 6 milioni di euro per testare il sistema su appena 400 detenuti). Il punto però è un altro. Così com’è anche se andasse a buon fine il piano Alfano avrà un’incidenza praticamente nulla. Il tasso di crescita delle presenza in carcere supera il migliaio di ingressi al mese, ma le misure allo studio non incidono minimamente su questo flusso. Per farlo occorrerebbe mettere mano al sistema penale nel solco del lavoro confezionato la scorsa legislatura dalla commissione Pisapia. Un progetto che Gaetano Pecorella, esponente di primo piano del Pdl, su queste stesse colonne ha invitato il ministro a riprendere in mano. Stante il niet di Tremonti alla costruzione di nuovi istituti, c’è però una strada meno tortuosa della riforma del codice Rocco per raggiungere l’obiettivo di un sistema penitenziario a norma di legge. Oggi con un turnover di circa 90mila persone l’anno, il circuito penale coinvolge più o meno 200mila individui (la stima spannometrica è del presidente del consorzio Rebus, Nicola Boscoletto). In alte parole questo significa che l’esperienza della detenzione riguarda sempre le stesse 200mila persone. Non potrebbe essere altrimenti con tassi di recidiva prossimi al 90%. Tassi che valgono per tutti eccetto per chi incomincia un percorso di lavoro qualificato all’interno degli istituti, per poi proseguire con il lavoro all’esterno attraverso il volano delle misure alternative per cui la recidiva è inferiore al 5%. Attualmente in questa condizione ci sono circa 700 carcerati: poco più dell’1%.
Noticina a margine per i più attenti al portafoglio. Un detenuto standard costa allo Stato una media di 300 euro al giorno. Un detenuto con un lavoro qualificato costa invece solo 80 euro al giorno. Un ex detenuto che non rientra in cella non costa nulla.
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