Diritto allo studio

Scuola, cinque proposte contro il caro-mensa

L’indagine di Cittadinanzattiva sulla refezione scolastica attesta una spesa media di 85 euro al mese per ogni figlio con un aumento del 3% in un anno. Basilicata la più cara (109 euro), Sardegna la più economica. Il Pnrr non colma i divari

di Nicola Varcasia

Tra 84 e 85 euro al mese: è quanto una famiglia ha speso in media nell’anno scolastico in corso per la mensa di un figlio iscritto rispettivamente alla scuola dell’infanzia e alla primaria. Si tratta di 4,20 e 4,26 euro a pasto. La regione mediamente più costosa è la Basilicata (109 euro mensili) mentre quella più economica è la Sardegna (61 euro nell’infanzia e 65 euro per la primaria). L’incremento rispetto alla precedente indagine, riferita al 2022/23, è stato di oltre il 3%, ma le variazioni sono molto differenti a livello regionale: in Calabria si registra un aumento di oltre il 26%, mentre in Umbria la riduzione più evidente di circa il 9%. Fra le città metropolitane, soltanto Roma rientra nella classifica delle meno care, con un costo a pasto per la famiglia “tipo” di circa 2,32 euro in entrambe le tipologie di scuola. Questi i dati che emergono dalla settima  Indagine sulle mense scolastiche, con la quale Cittadinanzattiva ha preso in esame le tariffe di tutti i 110 capoluoghi di provincia sia per la scuola dell’infanzia che per la primaria.

La denuncia

«Da anni chiediamo che la ristorazione scolastica diventi un servizio pubblico essenziale, e fra le raccomandazioni previste anche dal Piano di Azione nazionale per l’attuazione della garanzia infanzia vi è quella di rendere il pasto scolastico gradualmente gratuito per tutti, partendo dai bambini e dalle bambine che vivono in famiglie in povertà assoluta. Una condizione che purtroppo accomuna sempre più minori: il 4,9% dei minori di 16 anni è in condizione di deprivazione alimentare e il 2,5% non può permettersi un pasto proteico al giorno. Nel frattempo riteniamo prioritario che la Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, insieme a tutti gli stakeholder interessati compresi gli utenti, avvii un’indagine conoscitiva per individuare un piano di interventi su aspetti quali: qualità e costo delle derrate alimentari, filiera di approvvigionamento, rispetto dei menù, ruolo delle Commissioni mensa, fasce di agevolazione nelle tariffe, sistema degli appalti, condizioni lavorative del personale addetto, rispetto dei criteri ambientali minimi, monitoraggio dei programmi pubblici mense bio e frutta e verdura a scuola, progetti di educazione all’alimentazione corretta», dichiara Adriana Bizzarri, coordinatrice nazionale scuola di Cittadinanzattiva, che riassume le cinque proposte dell’associazione per affrontare in modo strutturale il tema.

Poche mense

Secondo l’Anagrafe nazionale, un terzo degli edifici scolastici, ossia 13.533 su 40160, sono dotati di locale mensa.La distribuzione però non è omogenea, in quanto nelle regioni del sud poco più di un edificio su cinque dispone di una mensa scolastica (al centro è il 41% e al nord il 43%) e la quota scende al 15,6% in Campania e al 13,7% in Sicilia. La regione con un numero maggiore di scuole dotate di mensa è la Valle d’Aosta (72%), seguita da Piemonte, Toscana e Liguria dove è presente in 6 edifici su 10. In Puglia, Abruzzo e Lazio sono presenti in un edificio su quattro.

Dov’è la resilienza?

Il PNRR non viene incontro alle esigenze delle scuole del Sud, almeno non nella misura sperata.Su 1052 interventi previsti e 600 milioni di fondi stanziati, il Sud riceve – da graduatorie di giugno 2023, le ultime disponibili – la metà delle risorse, contro il 58% previsto dal piano originario. Inoltre, sul totale degli interventi previsti a livello nazionale, poco più della metà (541 su 1052) prevede la costruzione di nuovi locali mensa; per il 21% si tratta di interventi di demolizione, ricostruzione ed ampliamento e per il 28% di riqualificazione, riconversione e messa in sicurezza di spazi e mense preesistenti. Il Ministero dell’Agricoltura fin dal 2017 ha istituito un fondo destinato a ridurre i costi a carico dei beneficiari del servizio di mensa scolastica biologica e a realizzare iniziative di informazione e promozione nelle scuole e di accompagnamento al servizio di refezione. Dai quattro milioni erogati alle Regioni/Province autonome nel 2017, si è passati nel 2018 e 2019 a ben dieci milioni, per poi scendere nel 2020/2023 a cinque milioni per ogni anno.

Proposte costruttive

Molto interessanti le proposte di Cittadinanzattiva per affrontare la situazione. Anzitutto, spiegano dall’associaizone, occorre riconoscere le mense scolastiche come servizio pubblico essenziale e nel frattempoimpedire forme di esclusione dai bambini le cui famiglie siano in condizioni di povertà, nonché di contrastare i casi di morosità ingiustificata e di uniformare le tariffe minime e massime, almeno per aree territoriali del Paese. In secondo luogo, bisogna predisporre un piano quinquennale, successivo al Pnrr per costruire nuove mense e arrivarea garantire il tempo pieno, a partire dalla scuola primaria e soprattutto nelle aree del Sud, in quelle interne e ultra-periferiche del Paese. Sul piano operativo, prosegue Cittadinanzattiva, è importante favorire la diffusione delle Commissioni mensa con la presenza al loro interno di almeno un genitore di bambini che utilizzano le diete speciali. Occorre infatti individuare procedure e strumenti specifici ma comuni a tutti i territori, per poter avviare una valutazione del servizio su tutto il territorio nazionale con indicatori di rilevazione comuni e valorizzare le buone pratiche esistenti. Dal punto di vista culturale, è necessario rendere gli studenti protagonisti dell’educazione alimentare e dei corretti stili di vita, mettendoli al centro dei percorsi formativi in ambito scolastico affinché diventino essi stessi informatori di salute presso i loro coetanei e le proprie famiglie. Uno strumento efficace, concludono dall’associazione, sarebbe quello di eliminare dai distributori automatici delle scuole il cibo spazzatura, ed inseriresolo prodotti freschi e naturali, possibilmente locali.

Foto di Andrew Ebrahim su Unsplash


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA