Famiglia

Caro Maroni, qui ci sono tre errori

Intervista a Lorenzo Sacconi.

di Ida Cappiello

I l ministero del Welfare ha indetto per il prossimo 10 dicembre la Conferenza nazionale sulla responsabilità sociale delle imprese. Saranno presenti ben cinque ministri, tra cui il vicepremier Gianfranco Fini e il neocommissario europeo agli Affari sociali, Vladimir Spidla. Ma sulla ?via italiana? all?impresa responsabile ha qualche dubbio Lorenzo Sacconi, docente di Politica economica all?università di Trento e tra i promotori di Econometrica, consorzio interuniversitario di ricerca su etica ed economia. Vita lo ha intervistato. Vita: Quali sono le sue perplessità? Sacconi: Il progetto ha tre difetti piuttosto gravi. Il primo: per le aziende non quotate, cioè la stragrande maggioranza, il social statement ha solo due capitoli, uno sulle iniziative charity e l?altro sul rispetto delle norme sulla sicurezza del lavoro. Considerando che il secondo punto è un obbligo, l?aspetto volontaristico della csr si riduce alla beneficenza. Vita: Decisamente riduttivo. Il secondo difetto? Sacconi: Il governo prevede un livello di eccellenza, detto ?social commitment?, riservato alle imprese che decideranno di finanziare un apposito fondo destinato a iniziative sociali non meglio identificate. Queste imprese dovrebbero essere ricompensate con incentivi, fiscali o di altro tipo. Ma perché dovrebbero finanziare una parte del welfare pubblico? Lo fanno già con le tasse, no? Vita: A meno che il fondo non vada a beneficio del Terzo settore… Sacconi: Se anche fosse, sarebbe un beneficio mediato dal governo, una forma di dipendenza che non condivido. Lo Stato dovrebbe invece dare strumenti che facilitano le donazioni dal profit al non profit. Infine, mi sembra un progetto dirigistico, che non ha coinvolto abbastanza la società civile. Intravedo uno scambio di favori tra imprese e politica, dunque niente di nuovo sotto il sole.


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