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Caro Maroni non rovinare tutto

La delibera della Regione Lombardia sul contrasto al Gap nel 2014 mette all'angolo comunità terapeutiche e reti di mutuo aiuto che dicono la loro delusione

di Lorenzo Alvaro

«Tutto viene dato in mano ai Ser.T. e agli Smi e non viene previsto un percorso “riabilitativo” ma solo i cosiddetti “colloqui”». Questo è il commento a caldo di Luca Rossi, educatore dell'area di Sondrio, una volta letta la delibera n. X/1314 della Regione Lombardia sulla “Approvazione del programma 2014 per il contrasto, la prevenzione e la riduzione del rischio della dipendenza dal gioco d'azzardo” (in allegato il documento integrale).

In particolare ad essere risultato particolarmente indigesto al mondo delle cooperative e delle comunità da anni in prima linea per la riabilitazione e il recupero dei dipendenti da gioco senza costi per lo Stato e gli enti pubblici è l'azione 12 Art. 6 comma 2 che titola “Prendere in carico la persona e la famiglia”.

Il testo recita: «i Dipartimenti delle Dipendenze delle 15 ASL lombarde hanno al loro interno servizi ambulatoriali (SerT e SMI) con unità operative dedicate, in cui avviene una presa in carico complessiva e professionale sia del paziente che dei suoi famigliari. La presa in carico prevede una prima valutazione del bisogno, una diagnosi, un Piano di intervento individualizzato, l’attuazione del medesimo e una serie di azioni che conducano (ove possibile) ad un recupero completo. Questo mandato istituzionale è stato facilitato dalla misura 5 “Presa in carico ambulatoriale delle persone affette da gioco d’azzardo patologico” della circolare attuativa della dgr 856/2013 che prevede l’erogazione di un voucher utilizzabile nei servizi ambulatoriali accreditati per le Dipendenze. L’attività svolta verrà attentamente monitorata tramite un sistema di monitoraggio dei voucher erogati e della tipologia degli interventi specialistici erogati, allo scopo di una maggiore conoscenza dell’esistente e di una più mirata programmazione regionale».

Quello che risulta evidente è il ruolo centrale e unico delle Asl e dei servizi SerT e Smi. Il fatto è che «non tutti i giocatori patologici possono uscirne con semplici colloqui o gruppi di lavoro; occorre valutare anche i casi più gravi che necessitano pesanti rotture con i ritmi quotidiani», sottolinea Rossi.

Anche Simone Feder, psicologo della Casa del Giovane di Pavia, che accudisce e segue diverse decine di famiglie in diffcoltà e alle prese con il gap è sconcertato, «le delibere sull’azzardo non prevedono sostegno alle comunità per la presa in carico di chi si ammala di azzardo e a tutta per la presa in carico dei familiari che quotidianamente accogliamo e supportiamo nei territori. Un fatto grave e una grande delusione anche perchè la legge diceva altro, valorizzava le reti e le comunità che ora sono ridotte al ruolo di passacarte». Ma non si abbatte, «nonostante questa "dimenticanza” noi continueremo a fare il nostro lavoro per il bene della gente e del territorio che abitiamo. Continueremo come sempre abbiamo fatto in questi anni ad accogliere e ad entrare nelle scuole e a raccontare ai nostri giovani che sta succedendo nei territori per dare armi in più di consapevolezza a loro e per i loro familiari».

Qualcuno ha voluto insinuareinsinuato che queste realtà sociali che oggi alzano la voce perchè riconosciuto dalla Regione il loro fondamentale ruolo educativo lo facciano per avere qualche investimento pubblico.

Maura Gola, che a Mantova gestisce la comunità terapeutica Eticha in cui accompagna 60 nuclei familiari, non ci sta. «Il problema non è il denaro. Il fatto è che le Asl hanno già cominciato a comunicarci che siamo stati tagliati fuori. Che non si avvarranno più della nostra collaborazione e addirittura che vogliono che consegnamo le cartelle cliniche di chi ha intrapreso un percorso di recupero con noi. Al di là della questione privacy, che evidentemente si pone visto che queste persone ci hanno scelto e si sono fidate di noi, quello che è evidente è come i dipendenti Asl non siano preparati e formati per gestire un accompagnamento».

In effetti la delibera parla solo dell'aspetto clinico della questione, fondamentalmente costuito da colloqui volti ad una valutazione della situazione della persona. «Non c'è tutto quello che viene dopo, con il coinvolgimento di familiari e amici, e una strada fatta di quotidianità e rapporti. A prova di quello che dico», aggiunge Gola, «ai corsi di formazione e master che abbiamo proposto ngli anni scorsi hanno partecipato molti operatori del SerT, proprio perchè impreparati».

Risulta evidente che le perplessità delle comunità terapeutiche non siano rivolte alla destinazione del denaro pubblico ma al mancato riconoscimento del lavoro fondamentale che svolgono da anni, oltre che alla mancata comprensione del fenomeno della dipendenza da gioco. «Si persegue nella sottovalutazione del problema, non si può considerare il Gap un "problemino", ci sono grosse  complicanze sopratutto nel contesto che gravita attorno al giocatore. I parenti chi li sostengono? I picchi verso il basso del rendimento scolastico dei figli dei giocatori, quali insegnanti sono in grado di riconoscerli?», conclude Rossi.


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