Mondo

Caro Mandelsson, non è solo questione di commercio

Il direttore della cooperazione targata Ue invita le ong ad abbandonare le paure...

di Joshua Massarenti

È in prima linea nella sfida degli Epa, quella che vede affrontarsi da un lato l?Unione europea, dall?altro i Paesi riuniti sotto la sigla Acp (Africa-Caraibi-Pacifico). Stefano Manservisi, ex capo di gabinetto di Romano Prodi, dal novembre 2004 è a capo della Direzione generale allo sviluppo dell?Unione europea, l?istituzione chiamata a formulare le politiche di sviluppo dell?Ue in favore dei Paesi più poveri del pianeta. Sulla questione Epa ha le idee molto chiare: sono uno strumento di sviluppo, le paure delle ong (fieramente contrarie agli accordi) non hanno fondamento.

Vita: Sebbene gli accordi di Cotonou siano accordi commerciali, essi fanno un riferimento esplicito allo sviluppo. Eppure si ha l?impressione che il Commissario al commercio sia molto più attiva rispetto alla Commissione sviluppo guidata dal commissario Louis Michel. Come si spiega?
Stefano Manservisi: Mandelsson (commissario al Commercio, ndr) è piuttosto cosciente della dimensione sviluppo della vicenda Epa. Ne è tanto più cosciente che ogni qualvolta deve negoziare con la controparte Acp, si rende conto che i suoi interlocutori parlano un linguaggio che non è soltanto commerciale. Ragione per la quale il commissario allo Sviluppo Michel e il sottoscritto siamo non solo continuamente sollecitati dalla Dg Commercio ma anche in prima linea affinché gli Epa aggiungano valore alla nostra azione per lo sviluppo. Purtroppo ho il timore che l?opinione pubblica non abbia una percezione sufficientemente chiara del fatto che i negoziati attualmente in corso sugli accordi di partenariato economico Ue-Acp sono una componente fondamentale dell?agenda di sviluppo che l?Europa sta portando avanti nei Paesi Acp.

Vita: Quali sono i presupposti di questa ?componente??
Manservisi: Per raggiungere gli obiettivi del Millennio e sconfiggere la povertà occorre aiutare i Paesi in via di sviluppo a integrarsi nell?economia mondiale. Questo significa superare i vecchi schemi di preferenze unilaterali che, nonostante una crescita economica annua dell?Africa pari al 5-6%, non hanno più l?impatto sperato. Le relazioni commerciali con l?Unione europea, infatti, sono diminuite anziché aumentate. Per colmare il gap commerciale accumulato dall?Africa, gli Epa puntano dapprima a sostenere l?integrazione regionale tra i Paesi africani, e in seconda battuta all?apertura dei mercati africani.

Vita: Tuttavia Oxfam sostiene che l?applicazione degli accordi di libero scambio previsti dagli Epa comporterà un taglio netto delle entrate doganali dei Paesi africani. Di conseguenza le risorse per la spesa pubblica diminuirebbero, con il rischio finale di spingere uno Stato a tagliare le spese per l?educazione o la sanità. È un timore che condivide?
Manservisi: No. Si tratta di un?analisi parziale e statica. Come tanti altri studi, quello di Oxfam si limita a calcolare la perdita di una rendita, che spesso poi non profitta affatto ai poveri ma semmai a chi occupa determinate posizioni di potere. Qualcuno dovrà invece spiegare come, nonostante una buona crescita economica, i Paesi africani, e in particolar modo quelli produttori di petrolio, continuano ad esportare i loro capitali piuttosto che reinvestirli nel proprio territorio. Nel caso dei dazi doganali l?analisi di Oxfam poggia sul mito secondo il quale dal 1° gennaio 2008 l?Africa sarà improvvisamente sommersa da un flusso ininterrotto di esportazioni e di investimenti provenienti dall?Europa, dipingendo così gli investitori come degli avvoltoi che non aspettano altro che impossessarsi dei mercati africani. In realtà, e lo dico con un po? di cinismo, vorrei tanto che ci fosse il desiderio da parte di qualcuno di investire massicciamente nel continente africano. Purtroppo, così non è. In realtà, con gli Epa si mira a un?apertura dei mercati africani sull?arco di 20-25 anni. Il che significa liberalizzare i prodotti che l?Africa non produce e proteggere altri prodotti, cosiddetti sensibili, con un?apertura progressiva al mercato internazionale.

Vita: Eppure la Commissione economica dell?Unione africana stima che con la liberalizzazione dei mercati le regioni perderanno oltre 9 miliardi di euro…
Manservisi: L?Ue ha previsto dei costi di aggiustamento che intende coprire sotto forma di investimenti attraverso le sue politiche di aiuto allo sviluppo. Badi bene, parlo di investimenti.

Vita: Come spiega una così forte contrarietà da parte delle ong?
Manservisi: Le ong si sono chiuse in una logica di protezione dei mercati africani chiedendo di aumentare gli aiuti. Ora, se aumentare gli aiuti (e migliorarne l?efficienza) è necessario, bisogna però anche mettersi in testa che il problema principale dell?Africa è il rischio di essere sempre più irrilevante nel commercio mondiale. Il cuore del dibattito non è tanto quali dazi doganali i Paesi africani perderanno, ma il fatto che nessuno investe in Africa tranne che per sfruttarne le risorse naturali.


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