Volontariato

Caro Guazza, porte chiuse no

Case e lavoro questi i due impegni che don Nicolini chiede al nuovo sindaco sia per i bolognesi che per gli extracomunitari

di Redazione

Don Giovanni Nicolini, direttore della Caritas diocesana di Bologna, ha un chiodo fisso. In ogni documento, in qualsiasi rendiconto o analisi, o nelle parole scambiate con tutti gli interlocutori, non si stanca mai di dirlo: a Bologna, il problema della casa è al primo posto. Ma è proprio l’unico tassello che manca al mosaico di una città “perfetta”? «No», risponde don Nicolini, 59 anni, da molti anni impegnato nell’associazionismo cattolico con incarichi di responsabilità e oggi parroco nella chiesa di Sanmartini. «In effetti la mancanza della casa non può essere disgiunta dalla mancanza di lavoro. È un cane che si morde la coda: perché non si possono dare quattro mura, uno spazio vuoto, e basta». A questo proposito monsignor. Nervo, durante la Conferenza Nazionale sul volontariato di dicembre, diceva che il volontariato dovrebbe produrre imprese sociali e quindi lavoro e occupazione. È davvero possibile? Assolutamente sì. È un mondo crudele, comunque bisogna produrre, questa è la regola. Bene, allora io dico sempre “se lavori, se hai un lavoro, per l’alloggio ti aiuto io”. È importante fare occupazione, ripeto, in questo mondo bisogna produrre e allora diveniamo pure produttori, inoltre Bologna ha un sistema di imprese molto sveglio e attivo. Cosa consiglierebbe allora alla nuova Amministrazione comunale per incentivare l’occupazione? Al sistema Italia consiglio di produrre meno acciaio e più bellezza. E al Comune di Bologna di investire su corsi di formazione per la reintegrazione, ad esempio per posti di guardiano ai musei. Inoltre molti anziani si fanno assistere da extracomunitari, dicono sono molto gentili e molto più attenti dei connazionali. Bene, allora formiamoli. L’emergenza profughi e l’immigrazione ha messo a dura prova Bologna. Il sindaco sembra intenzionato a puntare sulle regole, e questo va bene, ma oltre al rispetto delle regole ci vuole un moto di accoglienza primario, a priori, una grande spesa economica, ma anche e soprattutto umana per dare una risposta positiva di accoglienza al fenomeno. Bisogna accettare la sfida di una città che ha paura. Bisogna con forza accettare la sfida e dare una risposta decisa e di accoglienza. Non creda che chiudere le porte della città sia sensato. Non crede possa essere un’idea per mettere un po’ d’ordine? No, assolutamente no. La perenne tentazione di ogni società e comunità è quella di monopolizzare le proprie ricchezze escludendone chi non può rivendicare diritti di partecipazione e condivisione, e l’esclusione più manifesta oggi è quella contro lo straniero. Scatenarsi contro lo straniero riscoprendosi italiani è un’ipocrisia: è un veleno, quello dell’esclusione, già troppo presente all’interno della nostra società. Nel quadro dei finanziamenti del Giubileo lo Stato dà a Bologna quasi 50 miliardi, il 64% destinato a restauri e parcheggi e il 36% a strutture di accoglienza a basso costo. Cosa ne pensa? Saranno denari ben spesi? Alcuni dei centri di accoglienza, passato il Giubileo, saranno a disposizione degli anziani, e questo è un bene; l’albergo popolare potrà essere un parziale rimedio alla cronica mancanza di posti letto di emergenza in città. Tuttavia, il Giubileo sarebbe più degnamente celebrato con segni di liberazione, quali l’assegnazione di case promesse ormai da anni alle famiglie dei centri di “prima” accoglienza.


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