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Caro Gentiloni, la verità per Giulio Regeni e il ruolo dell’Ambasciatore italiano al Cairo
In una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, il Presidente emerito di Intersos, Nino Sergi, giudica che "sia giunto il momento di rinviare in Egitto l’ambasciatore italiano, per esercitare meglio e in modo continuativo le giuste pressioni sul caso Regeni".
di Nino Sergi
Onorevole Presidente,
in tanti abbiamo firmato petizioni e continuiamo a premere perché sia fatta piena luce sulla barbara uccisione di Giulio Regeni. Lo dobbiamo a lui, ai suoi genitori Paola e Claudio che con esemplare coraggio e determinazione giustamente la esigono, a noi italiani che non vogliamo sopportare simili crimini.
Nonostante alcuni significativi segnali di avanzamento nelle indagini e nella collaborazione giudiziaria, in particolare con gli incontri tra le due procure in settembre e dicembre 2016, la verità non c’è ancora. Il primo anniversario della morte di Giulio ha ricordato a tutti che dovrà essere fatto ogni sforzo fino a riuscire ad averla, piena. L’attenzione va tenuta alta, così come le pressioni sul governo egiziano.
L'Italia ha dato un segnale molto forte con il richiamo a Roma per consultazioni dell'ambasciatore al Cairo Maurizio Massari, l’8 aprile 2016, e con la perseverante severità nell’esigere piena collaborazione nelle indagini e l’accertamento integrale della verità. Il richiamo si era reso necessario per “una valutazione urgente delle iniziative più opportune per rilanciare l'impegno volto ad accertare la verità sul barbaro omicidio di Giulio”.
Sono passati ormai dieci mesi. Se da un lato è più che comprensibile che la mamma, la signora Paola, continui a ribadire che “fino a che gli egiziani non incominciano a darci verità, il governo italiano non deve rimandare al Cairo il suo ambasciatore”, dall’altro sono sempre più convinto, grazie anche al mio vissuto nelle relazioni internazionali ed in particolare nelle crisi umanitarie e nella costruzione della pace, che sia invece giunto il momento di rinviare in Egitto l’ambasciatore italiano, anche per esercitare meglio e in modo continuativo le giuste pressioni, così come già aveva fatto l’amb. Massari, distintosi per decisione e pervicacia nei giorni del sequestro e in quelli successivi.
La presenza del nostro ambasciatore può essere molto più utile al Cairo che non a Roma. Sarebbe infatti in prima linea nel sostenere senza sosta le richieste italiane, potrebbe fare pressione quotidiana sulle autorità e difendere, con l’autorevolezza del suo ruolo, le richieste della famiglia e di tutti noi e le posizioni italiane. Anche la parallela presenza a Roma dell’ambasciatore egiziano consentirebbe un dialogo costante, indispensabile allo scopo. Non è attraverso i media, infatti, che gli Stati devono parlarsi.
Inoltre, sono la difficile situazione internazionale e le crescenti tensioni che minacciano la pace e la sicurezza a richiedere che i rapporti tra gli Stati, in particolare quelli dell’area mediterranea, si sviluppino con costanti relazioni e partenariati, pur basati sulla franchezza, l’esigenza di verità e la fermezza sul rispetto dei diritti fondamentali della persona e sui processi da mettere in atto per poterli garantire. L’Egitto è al momento un attore primario nei processi di ricomposizione e di influenza dell’area.
Potrei aggiungere altre motivazioni, come quelle relative alle attività di cooperazione allo sviluppo che riguardano realtà bisognose della società civile egiziana, il piccolo sistema produttivo agricolo, artigianale e industriale, l’ambiente, la cultura che risentono non poco di questa ‘sospensione’ che rischia di annullare risultati costruiti con impegno e grande collaborazione reciproca, ma penso che siano già tutte alla sua attenzione e valutazione.
Ho avuto modo di sentire vari soggetti della cooperazione internazionale. Forte anche dei loro pareri rivolgo a lei e al Governo da lei presieduto la richiesta di rivedere quanto prima la decisione italiana, rimandando al Cairo l’ambasciatore. È una decisione che ormai si impone, senza per nulla arretrare rispetto alla fermezza italiana nell’esigere piena verità su Giulio Regeni, come giustamente chiedono i genitori e noi con loro.
Una rappresentanza diplomatica autorevole può certamente contribuirvi, molto più di qualsiasi forma di assenza. Non solo agendo sulla Procura generale ma direttamente sulle stesse Autorità egiziane, ai vari livelli, in ogni occasione e in modo sistematico, con il mandato precipuo di contribuire al raggiungimento della verità. Permettendo inoltre, di conseguenza, una moltiplicazione dell’azione a favore della verità in ogni incontro bilaterale a livello ministeriale o parlamentare.
Spero quindi che il Governo possa, senza ulteriori ritardi, prendere la decisione di rinviare al Cairo il proprio ambasciatore. Mi rivolgo a lei, Presidente Gentiloni, come esponente di quella parte di società civile che ha conosciuto, nei decenni, tensioni politiche internazionali, conflitti, tragedie umanitarie, disprezzo delle persone e dei diritti umani ma che ha anche saputo leggerle e contribuire, nel proprio ambito e ovunque possibile, al loro superamento.
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