Politica

Caro Franceschini, siete voi a non aver capito la gravità della situazione

di Riccardo Bonacina

Il ministro della cultura Franceschini se l’è presa a male. Eppure gli uomini i teatro e di cultura, da Riccardo Muti a Giuseppe Laterza, da Andrée Ruth Shammah a Enrico Loverso avevano inviato un appello civilissimo a Conte e a Franceschini in cui chiedevano di non procedere all’annunciata chiusura di teatri, sale di concerto e cinema. Luoghi, sostenevano, che rappresentano oggi “un esempio virtuoso di gestione degli spazi pubblici in epoca di pandemia”. E ragiovanavo così: “chi opera nel settore della cultura è consapevole dell’importanza che essa ricopre soprattutto in momenti difficili come quello che ci troviamo ad affrontare. Sarebbe un grave danno per i cittadini privarli della possibilità di sognare e di farsi trasportare lontano oltre i confini della propria quotidianità. È soprattutto per l’importanza di non privare l’Italia del proprio immaginario collettivo che vi chiediamo a nome di tutti i comparti e i generi dello Spettacolo dal vivo, dei Produttori Cinematografici, degli Artisti, degli Esercenti, delle Gallerie d’Arte, dei Musei, delle Sale da Concerto, di mantenere indistintamente tutti i luoghi della cultura aperti! Siamo importanti per la società civile perchè vi supportiamo nel vostro difficile compito istituzionale a mantenere elevato lo spirito dei cittadini, nella piena consapevolezza delle sofferenze che stanno incontrando a livello personale, familiare e professionale. È soprattutto in questa seconda ondata che ne avremmo più bisogno”.

Ebbene, il ministro Franceschini, nonostante il civilissimo e del tutto condivisibile appello, se l’è avuta a male. Scandendo le parole con una punta di stizza addolcita solo dalla domestica cadenza emiliana, ha fatto circolare un video in cui dice: “Io vorrei rispondere alle osservazioni che ho ricevuto con la stessa franchezza con cui le critiche o le osservazioni sono state rivolte a me: io ho l’impressione che non si sia percepita la gravità della crisi, non si sia percepita quali sono i rischi del contagio in questo momento. Forse non si è capito a che punto siamo“.

Caro ministro, ci permetta, non è che siete voi al Governo a non aver capito, PER TEMPO, la gravità della situazione? Non è che siete voi che avete tergiversato nel prendere decisioni a beneficio della sanità pubblica? Cosa avete fatto nei mesi estivi? Vogliamo ricordare il via libera alle discoteche salvo poi fare retromarcia quando era troppo tardi? Cosa avete fatto per attrezzare il trasporto pubblico in maniera sostenibile alle nuove sigenze sanitarie? Cosa avete fatto per attrezzare gli ospedali e metter mano a una nuova medicina territoriale?

Serve far funzionare in modo efficiente e sicuro la macchina dei test non chiudere i teatri ministro!

Sulla scia del Premier Conte che da qualche settimana ha inaugurato l’orribile retorica dei “ristori” (siamo ben oltre ormai al reddito di cittadinanza, siamo alla paghetta della domenica!), anche Franceschini ha poi cercato di risolverla così: “Aggiungo il mio impegno a tutelare i lavoratori dello spettacolo soprattutto i meno conosciuti, i meno visibili. I lavoratori del cinema, aiutare le imprese come abbiamo fatto in questi mesi. Abbiamo stanziato un miliardo e duecento milioni per lo spettacolo dal vivo e per il cinema direttamente dalle risorse del ministero più tutto quell’insieme di interventi per le aziende generali, per la cassa integrazione in settore che non l’avevano “.

Al che, Andrée Ruth Shammah ha giustamente risposto: “Quando sento il governo dire “vi chiudiamo, ma vi diamo dei ristori”, io mi sento offesa”. Applausi.

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