Welfare

Caro don Franco, che forza la fede Caro Vince, cresco insieme a te

Un piccolo estratto dalla corrispondenza tra Vincenzo Andraous e il direttore della Casa del giovane di Pavia

di Redazione

Carissimo Don Franco, sono ritornato in questa dimora con le sbarre. Con il cuore sgombro da fredde preoccupazioni. Io sono un uomo di quarantacinque anni, con qualche decennio di cemento e sbarre sulle spalle, con qualche secolo di inferno negli occhi, ma oggi sono un uomo che rincorre segni e parole, che ha imparato, nonostante il carcere, a convivere con se stesso, allo stesso tempo a fare i conti con tutte le negatività. Mi hai colpito molto quella mattina in chiesa, perché hai affrontato temi che mi sono molto cari, e a tal proposito scriverò qualcosa, senza alcuna presunzione di avvicinarmi a te, perché tu sei sempre “in compagnia”e la tua fede sta nella tua tenacia dinamica, mentre io conosco le mie lentezze, le mie cadute di memoria, le mie stanchezze, e nonostante creda e mi senta finalmente parte, rimango un cieco che procede in ginocchio. Ma sono felice di questo ulteriore passo in avanti, capisci? Vincenzo Andraous vince, credimi, la spinta che fa tendere entrambi alla verità e all’ascolto reciproco, con le nostre talari, con le nostre abitudini che ci hanno portato in prigione o tra le braccia di rapporti di dipendenza, affettiva o di illusione di successo o chissà cos’altro che impedisce all’uomo di riflettere sulla sua fragilità e allo stesso tempo sulla sua grandezza di figlio di Dio. Siamo, se vuoi, grandi perché piccoli, ma disposti ad incontrarci per arricchirci e trasformare le nostre piccole fragilità in ponti di comunicazione e d’affetto per il prossimo. Credimi, Vince, la tua vita m’interessa. Ti aspetto per crescere con te. don Franco


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