Economia
Caro Commissario, le imprese sociali le chiedono un incontro
Tante imprese sociali sono rimaste sorprese dal regime calmierato che lei ha imposto sull'acquisto delle mascherine. Sappiamo che era importante dare un segnale rispetto ad una situazione che rischiava di sfuggire di mano con speculazioni a danno dei cittadini ma bisogna ricordarsi anche della dignità del lavoro
di Redazione
Egregio Commissario Arcuri,
Le scriviamo a seguito della pubblicazione in Gazzetta dell’ultimo DPCM del 26 aprile. Siamo rimasti sorpresi dall’improvviso riferimento ad un regime calmierato dei prezzi per un bene come le mascherine, che è tanto importante per i cittadini quanto per molte piccole imprese che attorno a questo prodotto hanno già riconvertito le loro produzioni per cercare di continuare a dare un lavoro e uno stipendio a più lavoratori possibili.
Sicuramente era importante dare un segnale come Commissario, rispetto ad una situazione che rischiava di sfuggire di mano con speculazioni a danno dei cittadini, ma – dopo due mesi di incertezza – il rimedio rischia di essere peggiore del problema. Perché se è vero che bisognava arrestare le speculazioni di chi crede di arricchirsi sulle spalle delle persone più fragili, tutelando i cittadini, è vero anche che la realizzazione di un prodotto non può non fare i conti con i costi di produzione, la dignità dei lavoratori e delle sue componenti, sociali e ambientali, oltre che economiche. Dignità, badi bene, non vuol dire carità o assistenzialismo verso coloro che sono in difficoltà, ma valorizzazione delle filiere dei nostri territori, sostenibili, partecipate e inclusive.
Negli ultimi due mesi, sono nate per spirito di servizio, reti nazionali di imprese sociali e organizzazioni del Terzo Settore, che hanno cercato di dare il proprio contributo per mettere insieme e supportare tutte quelle “buone pratiche” che rischiano di chiudere per sempre. Si è puntato su sotenibilità e qualità del prodotto, lavorando sulle certificazioni, dove possibile, su materiali innovativi, su modelli di lavoro rispettosi della manodopera. Valori importanti anche in fase di ripresa economica e non solo di emergenza.
La sua ordinanza ha sucitato in tante realtà generose e serie un grande senso di incertezza. Incertezza per il proprio posto di lavoro, incertezza della tipologia di mascherine prese in considerazione. Usa e getta, lavabili, fatte con materiali innovativi e sostenibili o più dozzinali?
E ancora ci domandiamo, quanto vale il lavoro dei nostri dipendenti in Italia? Un centesimo?
Chiediamo, con quello spirito di servizio che ci ha mossi, di:
– ripensare l’idea del prezzo minimo, sia di vendita che di acquisto, provando a capire quale sia il prezzo sostenibile sia per i cittadini che per le imprese;
– distinguere sulla base della qualità del prodotto, anche in difesa della salute dei consumatori: distingendo tra prodotti usa e getta e prodotti lavabili, che hanno inevitabilmente costi di produzione diversi. Non vogliamo abituarci all’idea che per contrastare un’emergenza, ci dimentichiamo di mettere al centro dell’economia il lavoro e le persone.
Caro Commissario, tra pochi giorni si celebrerà la Festa del Lavoro. Un evento importante che ci obbliga ad una riflessione profonda sul senso del lavoro al tempo del Coronavirus. Credo che dovremmo cogliere questa occasione per ripensare al messaggio che vogliamo dare all’Italia. Premiare le virtù e mettere al centro di ogni processo produttivo le persone e l’ambiente, vuol dire investire sul futuro del nostro Paese. Sotto traccia e lontano dai riflettori un mondo produttivo si è mosso, rimboaccandosi le maniche, coinvolgendo giovani, donne, persone che avrebbero perso ogni sostentamento: un processo di produzione dal basso, rispettosa di norme e regole, ma collaborativa e reticolare che potrà domani tenere vive comunità locali, oggi spaesate e spaventate dalla crisi economica.
Quello delle mascherine è solo uno degli aspetti da tenere in considerazione in questo momento di transizione e cambiamento. Ce ne sono molti altri sicuramente, ma non faccia l’errore di rimanere vago su quale tipo di economia vogliamo avere, per la salute e il futuro di centinaia di lavoratori che sono il vero motivo per cui stiamo resistendo.
Richiediamo pertanto un incontro da realizzare, ora e per la prossima fase 2, in modo da collaborare con la sua Commissione ed avere la possibilità di presentare le proposte operative per il Bene Comune dell’Italia e dei suoi lavoratori che derivano dalle tante esperienze di impresa sociale in queste settimane riconvertite su questo prodotto.
Giovanni Battista Costa, Presidente di NeXt Nuova Economia per Tutti
Luigino Bruni, Presidente della SEC Scuola di Economia Civile
Elena Granata, Vicepresidente della SEC Scuola di Economia Civile
Luca Raffaele, Direttore generale NeXt Nuova Economia per Tutti
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