Mondo

“Caro Chirac, noi restiamo là”

Parla François Sargent.

di Joshua Massarenti

Libération è il quotidiano di riferimento della sinistra francese. Dal 5 gennaio scorso, la sua redazione è messa a dura prova, fisica e morale, dal rapimento di una delle sue reporter di punta, Florence Aubenas, rapita assieme al suo collaboratore iracheno Hussein Hanun al Saadi. Ne parliamo con François Sergent, responsabile esteri del quotidiano. Vita: Baldoni, Chesnot, Malbrunot, Aubenas, e ora Sgrena. Per citare solo i casi più noti. Si può ancora parlare di rapimenti casuali? Sergent: Non lo so, ma credo ancora di sì. Finora, nessun gruppo islamista ha dichiarato di non gradire la presenza dei giornalisti in Iraq. Nella maggior parte dei casi, i rapimenti sono frutti del caso. Chesnot e Malbrunot tornavano da un reportage in zona sciita per essere rapiti in area sunnita. Il povero Enzo è stato catturato in un convoglio della Croce Rossa internazionale. Penso che la stessa, drammatica casualità prevalga nei casi di Florence, Hussein e Giuliana Sgrena. Vita: Un punto in comune però questi giornalisti ce l?hanno. Sono tutti della stampa scritta? Sergent: C?è un motivo. Nelle condizioni di insicurezza e di violenza in cui versa l?Iraq, è più facile per un giornalista della stampa scritta muoversi rispetto a un suo collega della tv. Una troupe televisiva richiede più sforzi, più mezzi, più scorta, auto blindate, quindi molta più visibilità e irruenza. Un reporter della stampa scritta ha una discrezione che mette spesso a proprio agio i suoi interlocutori consentendo quindi una raccolta di testimonianze più credibili. Vita: Ma ancora senso mandare giornalisti in Iraq? Sergent: Chirac ha invitato la stampa francese ha non inviarne più. Nella sua ottica, un giornalista francese rapito significa la Francia in ostaggio. Tuttavia, non spetta a lui dirci che cosa noi giornalisti dobbiamo fare. Se proprio dobbiamo seguire l?invito del presidente, tanto vale richiamare tutti i nostri reporter in giro per le aree calde del pianeta.


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