Cultura
Caro Cannavò, grazie per aver riscattato il giornalismo
Il francobollo / «In questautunno sordo e grigio, il tuo libro E li chiamano disabili è una boccata dossigeno»
Caro Cannavò, poche righe per dirti grazie. In quest?autunno sordo e grigio, il tuo libro E li chiamano disabili è una boccata d?ossigeno. Ci voleva proprio. Conosco molte delle storie che racconti, ne ho parlato per qualche anno, occupandomi da giornalista di persone disabili. Ma una cosa è se l?argomento resta fra ?addetti ai lavori?, ben altra è se in libreria, fra i bestseller di una grande casa editrice, compare un titolo come il tuo. Un giornalista sportivo famoso, che ha diretto a lungo la Gazzetta dello Sport, ottiene il risultato di infrangere il muro del silenzio e la gabbia di vetro dell?invisibilità. Parli di persone normali, che svolgono ogni tipo di attività, dalla danza alla chirurgia, dallo spettacolo allo sport, dopo aver superato battaglie difficili e aspre per dimostrare ciò che dovrebbe essere ovvio e scontato, ossia il diritto ad una pari opportunità di vita. Ne abbiamo parlato, e ho visto i tuoi occhi illuminarsi quando raccontavi della cena al ristorante con Simona Atzori, la ballerina che non ha le braccia, e che con naturalezza usa i piedi per tagliare le pietanze e portare il cibo o il bicchiere alla bocca. Eri ammirato e divertito, avevi la curiosità del giornalista. Ecco perché non ho avuto niente da dire quando mi hai chiesto di entrare anch?io, semplice giornalista, nella tua galleria di ?personaggi?.
Mi sono sentito tranquillo, non correvo il rischio di essere ?usato?, ma ero orgoglioso di far parte di una squadra vasta di persone che dimostrano ogni giorno in questo Paese che la disabilità può essere una grande risorsa. Ecco perché oggi che le associazioni si battono per non vedere diminuita la sicurezza sociale e limitati i diritti conquistati, spero che il tuo libro aiuti a cambiare rotta, a riprendere il flusso positivo, per aiutare anche chi non ce l?ha fatta.
Grazie, Candido.
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