Politica

Caro Bersani, ti lascio con i tuoi gné gné

di Riccardo Bonacina

Io non capisco Bersani, davvero. E non è che non mi sia sforzato soprattutto negli ultimi mesi. Diciamo da settembre in qua, appassionandomi alla partita delle primarie che avevano suscitato qualche speranza. Speranze inciampate contro Nico Stumpo, Miguel Gotor (nomi da fumetto) e l’apparato, con regole che cambiavano di settimana in settimana.

Ieri ho seguito (non integralmente, ma quanto basta) l’infinita riunione di direzione del Pd, aperta e chiusa da Bersani, durata 8 ore e 30, quasi. Bersani ha iniziato proponendo gli ormai famosi 8 punti  e dopo 8 ore ha finito riproponendoli senza cambiare una virgola. Del resto il dibattito è stata una liturgia lunghissima quanto vuota e zero interessante (ma perchè tanta gente ha parlato senza avere nulla da dire?)Ho stropicciato gli occhi quando Bersani, riprendendo la parola verso le 18, ha detto, riferendosi, immagino, alle assemblee grilline (del resto molto più sobrie ed essenziali, “Abbiamo dimostrato cos’è un dibattito”. Non ci volevo credere, lo diceva con orgoglio e con orgoglio lo hanno ripetuto nei talk show serali anche altri esponenti del Pd. Ma come? Avete mostrato in diretta tv qual è il problema, l’inutilità di liturgie che non reggono più, lo svuotamento totale della forma partito afissiata per totale autoreferenzialità, incapace di dibattito reale e scollegata dalla realtà.

Provate aleggere gli 8 punti di Bersani. Presuppongono almeno 48 disegni di legge per essere realizzati. È un programma ambizioso almeno per il numero di provvedimenti e riforme da realizzare (meno per il loro contenuto), insomma è il programma di un Governo di legislatura altro che di scopo. Come sapete il Centro sinistra può contare al Senato su 120 voti, per avere la maggioranza mancano, almeno, 38 voti. Proporre un Governo di legislatura in queste condizioni è da scollegati, da matti. Bisognava che nel dibattito inutile di ieri qualcuno avesse detto a Bersani. Per favore limitiamoci a tre cose secche: Legge elettorale, riforma della politica e abolizione del finanziamento pubblico, legge di stabilità. Presentiamoci senza delimitare alleanze o esclusioni non richieste. Presentiamoci senza calcoli e su tre punti semplici, fattibili, che il popolo ci chiede. Se troviamo il consenso in Aula bene, altrimenti la palla ripassa al Presidente. Questo il realismo consigliava, questo un minimo di saggezza suggeriva. Invece no, gli 8 punti x 8 sono rimasti tali e quali. Che dire? Auguri.

Vien voglia di cantare con Giorgio Conte: “Io mi aspettavo, sai, da te/ Una risposta “comme il faut”/ E invece niente, invece, no/ Un pugno in faccia era meglio, lo so/ Io mi aspettavo, sai, da te/ Qualcosa in più, qualcosa che/ Non fosse una banalità/ Non fosse il solito, scontato “bla bla”/ Ti faccio i complimenti e/ Ti lascio con i tuoi “gnè gnè”

Qui potete ascoltare la canzone di Conte che dedico a Bersani

 

 

 

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