Politica
Caro Berlusconi, un anno con i disabili le farebbe bene
Il nostro Franco Bomprezzi da presidente di Ledha scrive all'ex premier: «La proposta, le assicuro, è priva di qualsiasi intento ironico: La sua indiscutibile potenza e capacità di comunicazione, ad esempio, ci sarebbe non di poco aiuto nel diffondere le nostre battaglie civili e sociali»
Caro Berlusconi,
quando ho appreso la notizia della sua condanna definitiva, le modalità possibili per scontare la pena mi hanno fortemente interessato. In particolare l’eventualità che lei scegliesse volontariamente l’affidamento ai servizi sociali per un anno era ed è una ipotesi per molti versi affascinante, e rispetto alla quale vorrei umilmente offrirle qualche elemento di riflessione. Innanzitutto le propongo di esercitare questo periodo di impegno socialmente utile qui in Lombardia, a due passi dalla sua residenza di Arcore.
Sarei molto lieto infatti se lei volesse accettare di dedicare dodici mesi della sua esistenza al servizio delle associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari, che ho l’onore di rappresentare, come presidente di Ledha, la Lega per la difesa dei diritti delle persone con disabilità, attiva da oltre 30 anni, quindi ben prima della sua discesa in campo. La proposta, le assicuro, è priva di qualsiasi intento ironico, non c’è alcuna volontà di offendere o di non comprendere le ragioni della sua scelta di non mollare e di proclamare la sua innocenza. Non è davvero compito mio entrare nel merito della sentenza, ma come avviene per tante altre persone che si trovano nella medesima situazione, l’importante è andare avanti, voltare pagina, costruire in positivo. Ecco, io sono convinto che questa esperienza le farebbe bene. Scoprirebbe infatti un mondo di persone vere, oneste, impegnate ogni giorno a far quadrare il bilancio familiare e al tempo stesso a garantire la qualità della vita, la libertà, l’indipendenza, la felicità dei propri cari.
La sua indiscutibile potenza e capacità di comunicazione, ad esempio, ci sarebbe non di poco aiuto nel diffondere finalmente a una platea di persone troppo spesso indifferenti, non per cattiveria ma per ignoranza, i nostri slogan, le nostre battaglie civili e sociali, alle quali potrebbe dare un contributo di concretezza e un piglio di ottimismo della volontà che a volte non ci sorregge, anche perché quanto accade intorno a noi, negli ultimi anni, sembra proprio contraddire qualsiasi fiducia nel futuro. Ci pensi bene, perché sono anche convinto che una sua scelta in tal senso verrebbe salutata con grandissimo favore proprio dal suo elettorato, dalla sua gente, che forse adesso è in pensiero non tanto per le questioni strettamente politiche, quanto proprio per la sua serenità personale, per l’affetto indiscusso che milioni di italiani provano per la sua persona.
Ma c’è anche una riflessione più strettamente politica che vorrei porle in questa mia lettera aperta. Se penso ai vent’anni del suo impegno, non mi vengono in mente sue riflessioni e contenuti riguardanti il mondo del quale mi occupo da tempo, quello delle persone con disabilità, ma anche più in generale il mondo del welfare, del terzo settore, della cooperazione sociale, del volontariato. Non dico che non se ne sia occupato, ma ho l’impressione che lei abbia preferito delegare questo tema, così complesso e forse per i suoi interessi un po’ noioso e marginale, a persone di fiducia, spesso espresse dal mondo cattolico, che all’interno del suo schieramento politico di centrodestra hanno in qualche modo garantito un dialogo e un’attenzione sulle specifiche politiche di settore. Manca cioè – a mio modesto parere – un pensiero politico forte rispetto ai temi del sociale. E questa sua mancanza mi sembra un vulnus grave al confronto politico complessivo fra centrodestra e centrosinistra.
Sembra quasi che le forze di centrosinistra, ad esempio, ritengano stabilmente acquisito il consenso del mondo del sociale, forse per inerzia, senza neppure il bisogno di conquistare questa adesione ideale attraverso un confronto serrato di proposte, di progetti, di concezione ideale rispetto a temi come la sussidiarietà, la partecipazione alla spesa, l’essenzialità dei servizi sociosanitari, l’incentivazione del lavoro. Il centrodestra da lei rappresentato in modo quasi esclusivo negli ultimi vent’anni sembra vivere invece di una idea piuttosto elementare: se il Paese cresce e la ricchezza aumenta per tutti, ne beneficeranno anche le classi più deboli e i loro problemi saranno più agevoli da risolvere. Ecco, caro Berlusconi, la cosa non è così semplice. Questo mondo non vuole solo assistere, vuole essere protagonista dello sviluppo, con ricette forse in parte diverse dal suo liberismo, ma che comunque potrebbero essere arricchite da un suo pensiero approfondito e non superficiale. Ci pensi, e se vorrà trascorrere un anno con noi, vedrà che avremo modo di parlarne a lungo.
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