Non profit

Caro Bassolino, che fatica per farci ascoltare…

Burocrazia troppo rigida, tempi lunghi e funzionari poco disponibili. Il volontariato accusa il Comune di tenere le porte chiuse

di Lillina Moggio

«Lo scoglio più grande che devono superare le associazioni di volontariato a Napoli è la burocrazia. A cominciare dalla macchina comunale che ha tempi ancora troppo lenti nonostante la buona volontà dimostrata in più di un’occasione dall’assessore Maria Fortuna Incostante». A parlare è Antonio Rulli, responsabile del centro studi della comunità terapeutica napoletana “La Tenda” da 20 anni impegnata nel recupero dei tossicodipendenti. «A volte, poi», prosegue Rulli, «a far perdere per strada i progetti è anche la poca disponibilità dei funzionari che dovrebbero seguirne l’iter. Ed è su questo fronte che le associazioni cittadine devono impegnarsi maggiormente, intraprendendo vere e proprie opere di sensibilizzazione, che in molti casi si rivelano estenuanti.
Uno spreco di tempo ed energie e alla fine si realizza molto meno di quanto progettato. Insomma, le porte non sono mai completamente aperte e per ottenere qualche risultato a volte non basta convincere della validità dei progetti proposti…».
Presente con i propri centri anche a Torre del Greco e a Torre Annunziata, attiva nelle carceri di Secondigliano e Poggioreale e sul territorio di Napoli con un’unità mobile che batte le zone a più alta densità di tossicodipendenza, “La Tenda” oggi è promotrice di un esperimento pilota, tra i primi in Italia, destinato a cambiare le sorti dei detenuti per reati legati al consumo di sostanze stupefacenti. Basandosi su una legge relativa all’elaborazione di proposte alternative al regime carcerario per i tossicodipendenti, il centro partenopeo, in collaborazione con il carcere di Secondigliano, ha messo a punto un vero e proprio programma di lavoro per un detenuto che potrà scontare il resto della pena lavorando nella comunità di via Sanità. Destinatario della singolare iniziativa, V. M., 37 anni, in galera dal dicembre del ’92 nel penitenziario di Secondigliano.
Dopo l’arresto e la condanna a 13 anni di reclusione, V. M., che ha iniziato a far uso di sostanze stupefacenti a 20 anni, prende contatto con la comunità napoletana. «Da allora», precisa Enzo Varriale, uno dei referenti del progetto, «il detenuto non ha mai interrotto il suo rapporto con noi, rafforzandosi anche grazie alla collaborazione della moglie». Pian piano, dunque, V. M. si distacca dal mondo malavitoso in cui gravitava e dal consumo delle droghe attraverso un processo lungo e difficoltoso che termina nel ’99, dopo i primi 7 anni di reclusione. Nel corso dei rimanenti sei potrà sperare in un reinserimento sociale e lavorativo. Gli basterà sfruttare l’opportunità che gli offre “La Tenda”. Un progetto strutturato in tre fasi attraverso le quali il detenuto, che passerà gran parte della sua giornata in comunità per rientrare la sera a Secondigliano, dovrà innanzi tutto verificare il distacco psicologico dalla droga. Per poi svolgere, insieme ad altri tossicodipendenti, un corso di formazione professionale tenuto da artigiani della Cna e della Confartigianato. Infine, avvalendosi del sostegno dei gruppi terapeutici, V. M. sarà inserito nell’azienda artigiana in cui ha svolto il tirocinio. Intanto “La Tenda” si prepara a inserire nel progetto altri cinque ragazzi detenuti a Secondigliano. L. M.

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