Mondo
Caro Alfano, dalle parole bisogna passare ai fatti
A due anni e mezzo dall'approvazione della riforma della cooperazione allo sviluppo, possiamo fare un primo bilancio. Il ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale, Angelino Alfano, ha evocato passi avanti importanti. Non tutti la pensano allo stesso modo. A cominciare da Nino Sergi, policy advisor della rete di ONG Link 2007
di Nino Sergi
Da quattro mesi e mezzo l’on. Angelino Alfano è il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Esteri e Cooperazione internazionale, appunto. Sembra che questa seconda parte dell’azione del ministero stenti ad inserirsi tra gli interessi e le preoccupazioni del Ministro. Le parole non mancano ma i fatti ci dicono cose diverse.
Partiamo dalle parole. Alla domanda “A due anni e mezzo dall'approvazione della riforma della cooperazione, possiamo fare un primo bilancio?” (www.esteri.it, 25 marzo 2017) la risposta del Ministro Alfano è confortante: “Abbiamo onorato l'impegno assunto al vertice umanitario mondiale di Istanbul di aumentare i fondi per le emergenze umanitarie: nel 2016 sono cresciuti del 34%. Abbiamo rispettato l'impegno politico e finanziario preso alla riunione di Londra sulla Siria prevedendo 45 milioni. Il nostro sistema adesso è tra i più avanzati e innovativi al mondo. E stata anche ampliata la collaborazione fra attori pubblici e privati. L'ingresso nel sistema della Cassa Depositi e Prestiti ci permetterà di istituire un fondo di garanzia. E non ci fermeremo qui”.
Contano i fatti
E veniamo ai fatti. Sull’aumento dei fondi in molti hanno fatto notare che 1,5 miliardi, 1/3 del totale complessivo degli stanziamenti per la cooperazione allo sviluppo (il famoso “aiutiamoli a casa loro”) è destinato nel 2017 “a casa nostra”, cioè all’accoglienza dei rifugiati e richiedenti protezione. Considerare questa pur indispensabile attività come parte rilevante delle cooperazione internazionale per lo sviluppo pare proprio azzardato. Ma è la ‘disattenta attenzione’ del Ministro che preoccupa. Ripetuti sono infatti i rinvii degli adempimenti collegiali e decisionali. Se da un lato sono comprensibili, dall’altro sembrano essere eccessivi se confrontati con quelli dei suoi predecessori. Gli ultimi in ordine di tempo sono l’attesa riunione del Comitato congiunto, l’organo deliberativo, e la convocazione del Cncs, il Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo, della cui precedente riunione si è quasi persa la memoria. Rinvii. Che tengono ferma una macchina che dovrebbe invece correre, al passo con i tempi.
E' la ‘disattenta attenzione’ del Ministro che preoccupa. Ripetuti sono infatti i rinvii degli adempimenti collegiali e decisionali.
Il Ministro potrebbe facilmente delegare il Viceministro, come chiaramente stabilito dalla legge 125/2014 (“Il Ministro delega”, art.11 c.3), ma pare che anche questa previsione legislativa abbia difficoltà ad entrare nelle sue corde. Eppure dovrebbe iniziare a sentire una certa inquietudine e a porsi le domande che non pochi osservatori e attori della cooperazione si stanno ponendo, dato che anche su questo sarà giudicato.
A 33 mesi dalla nuova legge e a 16 dalla costituzione della specifica Agenzia operativa (Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, Aics) è giusto chiedersi, tra le indicazioni che emergono dagli atti normativi, quali siano i criteri di successo di questa prima fase di impostazione organizzativa, strutturale, procedurale, di definizione delle strategie operative coerenti con quelle politiche. Nel mondo della cooperazione si parla spesso di valutazione della bontà, dell’efficacia e dell’impatto di quanto si sta facendo e ci stiamo abituando a considerarla un esercizio personale e collettivo indispensabile: che va quindi perseguito.
I limiti del "sistema Italia"
Pur non essendo esaustivi, tre criteri potrebbero essere presi in considerazione in questa fase:
- Le capacità di dialogo e di interazione tra i co-protagonisti istituzionali – l’Agenzia, la Direzione generale del ministero (Dgcs), la Cassa depositi e prestiti (Cdp) – indispensabili per un comune avanzamento nell’attuazione piena della legge e della volontà del legislatore, insieme alla fondamentale capacità propulsiva e innovativa dell’Agenzia.
- La capacità di dialogo e di confronto dell’Agenzia con i soggetti pubblici e privati della cooperazione allo sviluppo – ministeri interessati, regioni e territori, privato profit e privato non profit – e con le analoghe agenzie europee.
- La capacità di gestione, da parte dell’Agenzia, della propria autonomia organizzativa e regolamentare: definizione delle procedure, completamento degli organici ai livelli tecnico e amministrativo-giuridico, organizzazione e valorizzazione del personale e delle competenze acquisite negli anni, sinergie con le sedi all’estero, trasmissione di motivazioni e di passione nella mission.
Il Ministro e il Comitato congiunto – composto da Ministro + Viceministro, Direttore generale della cooperazione e Direttore dell’Agenzia, con la partecipazione di Cdp e dei ministeri interessati ai temi in discussione – dovrebbero cercare di dare risposta agli interrogativi che i tre criteri suggeriti (ed altri in futuro) pongono, in modo da cogliere periodicamente i successi e i limiti, al fine di valorizzare i primi e porre rimedio ai secondi.
Un limite oggettivo va menzionato e merita attenzione perché non può essere superato dai soli poteri del Ministro, dell’Agenzia o del Maeci: è quello relativo al personale dirigente tecnico. Un’Agenzia operativa come l’Aics, che deve affrontare problemi di povertà e di sviluppo, di popoli e culture diversi, di solidarietà e di concorrenza, di connessioni con le spinte migratorie, che richiedono preparazione, conoscenza ed esperienza specifica, deve dotarsi di personale dirigente tecnico di riconosciuta qualità nel settore, normalmente non reperibile all’interno della pubblica amministrazione. Sembra lapalissiano ma non lo è per la normativa della PA. I dirigenti sono infatti contingentati e l’Agenzia non può dotarsi del personale indispensabile, che gli stessi decreti ministeriali attuativi le assegnano. Per poter assumere personale dirigente tecnico non reperibile negli organici, è necessario un provvedimento di legge che ne autorizzi il concorso.
Le Ong hanno accompagnato l’iter legislativo negli anni passati e seguono con attenzione l’attuazione della legge e le linee programmatiche perché alle parole seguano i fatti in modo che l’Italia, con una cooperazione qualificata, realizzi partnership efficaci con paesi ad alta priorità per le difficoltà che affrontano e per le relazioni internazionali del nostro paese. Un’autorevole rappresentanza delle reti AOI e LINK 2007 ha presentato recentemente alla Ministra per la Pubblica Amministrazione la gravità della situazione, chiedendo l’indispensabile provvedimento legislativo per bandire il concorso per la dozzina di persone specializzate necessarie. Ripeto, solo una dozzina di persone. Si tratta di un provvedimento semplice ma indispensabile per rendere possibile la piena agibilità dell’Agenzia. La Ministra ha dimostrato attenzione e si è impegnata ad attuare rapidamente quanto necessario. E’ stata l’indispensabile boccata di ossigeno. Nella speranza che non rimanga tale. Tocca ora al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale fare, con decisione, la sua parte. Come gli tocca mettere del suo perché, più in generale, la cooperazione realizzata corrisponda alle parole solennemente ripetute.
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